Brutte notizie. Il film che tutti quanti aspettavamo con un filo di bava ai lati della bocca, quello in cui robottoni giganti se le danno di santa ragione con un esercito di mostri alti come palazzi, non è poi così straordinario. Prima di chiamare la neuro o andarvene a gambe levate da questo blog per non metterci più piede, lasciatemi spiegare. Pacific Rim inizia bene, anzi benissimo, liquidando addirittura prima del titolo tutto quello che abbiamo già visto nel trailer, sgombrando così molto velocemente il campo dalla solita pantomima che ammorba il cinema catastrofico. Non è un mistero che ogni blockbuster che ha per protagonista un evento epocale e potenzialmente apocalittico, non sfugge ad un corollario ben rodato di regole, che da sempre accompagnano questo tipo di visione: i primi sospetti e le prime avvisaglie, la presentazione dei protagonisti, le immancabili Cassandre che tentano invano di mettere in guardia le autorità, il plateale manifestarsi del disastro ed infine le reazioni dei protagonisti, con tanto di lotteria dei sopravvissuti. Ecco tutto questo in Pacific Rim viene liquidato nei primi dieci minuti, riassumendolo intelligentemente in una velocissima spiegazione che di fatto annulla le regole del gioco; una volta tolti di mezzo i topoi infatti, il film può davvero cominciare e allo spettatore non resta che aspettarsi di tutto. Purtroppo quello che di fatto capita rientra completamente nel campo della conclamata prevedibilità. Non che ci sia nulla di male nell’essere prevedibili, ma a disturbare qui, è la mancanza di coraggio da parte di un regista per affermare un punto di vista nuovo, polemico, rivoluzionario, capace di imporre una riflessione che vada oltre lo scontro tra giganti. Se ovviamente non si può eccepire nulla all’impianto squisitamente tecnico del film, tutti i combattimenti sono straordinari e lasciano a bocca aperta, quello che davvero zoppica in Pacific Rim è la sua struttura portante, fragile ed abitata da protagonisti odiosi e stereotipati. Incapaci di far provare una vera empatia allo spettatore e a volte talmente prevedibili da assomigliare a vere e proprie macchiette (i due scienziati sono imbarazzanti nella solo superficiale peculiarità), i personaggi che si aggirano in questa pellicola hanno uno spessore narrativo e drammatico, che sembra quasi ricalcato sul dimenticabile Top Gun. Ingenuità come il duello caratteriale tra i due piloti scioccamente ed inutilmente antagonisti (impossibile non rivedere i battibecchi tra Maverick e Iceman) e l’integerrima inflessibilità paterna del comandante in capo interpretato da Idris Elba, sono il vero canto del cigno di un film che fa dello stereotipo senza ironia ed autocritica il proprio vessillo. La verità è che il buon Del Toro sembra essersi completamente adeguato alle logiche delle grandi produzioni di Hollywood, capaci di intrattenere egregiamente, ma allo stesso tempo endemicamente incapaci di una seria e doverosa riflessione sullo stato delle cose. Nel mondo americano-centrico di Hollywood, quando i robot capitanati dagli equipaggi cinesi e russi sono in difficoltà, è proprio la fiera America, chiacchierona, spaccona ed incapace di abbandonare la battaglia incarnata dal protagonista, ad andare in loro soccorso. La parola fine infatti la scriveranno il coraggio e la voglia di perseguire il “Bene” sempre e comunque ad ogni costo, da parte del biondissimo ribelle a metà, con un cuore grande così. Concludendo, come giocattolo Pacific Rim funziona alla grande, regala divertimento e propone almeno un paio di idee veramente interessanti, la stessa tecnologia che lo circonda, decisamente steampunk, dona alla pellicola un’estetica non banale, che è una vera festa per gli occhi. Purtroppo però manca ciò che rende indimenticabile una visione, mancano la poesia, il sogno e soprattutto manca l’effimera illusione di aver imparato qualcosa sul mondo che abbiamo, sul mondo che vorremmo e in ultimo su noi stessi.