Padre, figlio e spirito critico

Da Miwako

Mio padre mi ha fatto un presente. Oddio, che frase altisonante, errata corrige: Mio papà mi ha fatto un regalo. Un vocabolario di inglese per immagini; si chiama Compact Visual, editore QA INTERNATIONAL, ed è incredibile. E' illustrato e suddiviso per argomenti il che lo rende particolarmente efficace; ma il punto, è che papà mi ha fatto un regalo che, effettivamente, mi piace. L'ultima volta che mio padre mi ha regalato qualcosa senza nessun motivo particolare,era un paio di orecchini dal gusto discutibile che ho messo due volte. La volta precedente è stata quella della mucca con grembiule che in realtà era un ippopotamo vestito da meccanico (nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, all'epoca avevo "solo" 23 anni). La sola cosa che sento è una gran tenerezza. Perchè è stato un buon padre, perchè devo a lui il mio essere un po'distratta e sempre tra le nuvole, perchè nella notte del suo 14esimo compleanno stette incollato alla tv a guardare l'uomo camminare sulla luna, perchè è una persona con una cultura spaventosa nonostante le sue possibilità l'abbiano fermato alla terza media, perchè conosco il suo modo di non-parlare, quella sua chiacchiera standard e so che è l'unico modo in cui lui riesca comunicare con me. Ma i miei sentimenti nei suoi confronti sono, da sempre contrastanti, i miei ricordi d'infanzia sono bifidi, le memorie del padre che mi costruì una scala di legno per arrampicarmi anche sugli alberi più alti, si mischiano a quelle della stessa persona che ho sempre visto disattento, disinteressato, assente... E non nascondo che mi sono ritrovata spesso a pensare a chi ci sia dietro di lui. Letteralmente. Chi è la persona che sta dietro mio padre? Tolta l'etichetta, smessi i panni del papà bonaccione che mi chiede con aria divetita "Ma, Helsinki ti manca?", strappato di dosso il ruolo di genitore, chi c'è? La verità è che non ne ho idea. Intuisco, penso, mi faccio domande che cadono nel vuoto, nascondo l'urgenza di conoscerlo in una quotidianità fatta di dinamiche ben precise che, con lui, ho paura di sfidare perchè sedimentate in profondità, come le radici di quegli alberi su cui solevo arrampicarmi. A volte penso che, in realtà, io so benissimo chi sia, cosa gli piace e cosa odia. Altre volte, penso che non lo conosco affatto, come lui non conosce me. Altre volte, penso che vorrei solo tornare bambina, sedermi sulle sue ginocchia e chiedergli che cos'è la felicità. E mentre mi perdo in elucubrazioni notturne, pensieri e monologhi, il tempo scorre imperterrito, aggiungendo ore, mesi, anni alle nostre vite, e le mie domande continuano a cadere nel vuoto. La differenza è che ogni giorno fanno sempre più rumore.

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