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“Padroni di nulla, servi di nessuno, andiamo all’arrembaggio del futuro”.

Creato il 16 gennaio 2013 da Gianna
“Padroni di nulla, servi di nessuno, andiamo all’arrembaggio del futuro”.

“Attivi nelle lotte, noi non votiamo” era lo slogan portante di un manifesto astensionista diffuso nel 2004 dal circolo anarchico Camillo Berneri di Bologna – probabilmente uno degli ultimi manifesti astensionisti affissi in città. La foto centrale del manifesto riproduceva lo striscione degli “anarchici contro il G8” che aveva imperversato a Genova dal 2000 al 2003: “Padroni di nulla, servi di nessuno, andiamo all’arrembaggio del futuro”.
Dopo di allora fare campagna astensionista era come “sparare sulla croce rossa”.
Allora si trattava di elezioni “amministrative” e i destinatari del manifesto erano compagne e compagni attirati nel vortice del “movimento dei movimenti”. Già a partire dal 1998 l’area che faceva capo ai partiti della “rifondazione” e della “disobbedienza” cercava di accreditarsi come “cinghia” di raccordo fra movimento e istituzioni – per quanto municipali potessero essere queste ultime – dando alla campagna elettorale un senso di mobilitazione paragonabile ad una manifestazione di piazza. Le argomentazioni degli elettoralisti erano che ci dovevano essere degli spazi politici da conquistare per avere una sponda dentro le istituzioni che permettesse ai movimenti di avere “cittadinanza”.
Gli epiloghi di quella vicenda sono noti. Governi amici e sponde politiche non ce ne sono mai state.
Anche oggi, però, di fronte al “disincanto” vi è la necessità per “le istituzioni” di aumentare l’offerta politica nel disperato tentativo di mantenere legittimità al sistema di dominio.
Ecco allora che le “ali estreme” della politica si attivano: dai grillini agli arancioni, dalla destra sociale ai neoliberali.
Nessuno – se non sottovoce – che metta in discussione l’ordinamento politico e la struttura capitalistica dominante. Tutti che – velleitariamente – si candidano a governare la fase.
E’ noto come i governi “nazionali” siano oggi dei comprimari dentro un sistema di dominio che fa perno sulle istituzioni e le agenzie sovranazionali. Nel nostro ambito: la UE, la BCE, l’FMI, la NATO e – di risulta – l’OCSE, il WTO, la BM. Nell’ambito di queste istituzioni e agenzie agiscono poi i “circoli” dal WEF (alter ego dei WSF) ai vari IEF, ITF; infine i livelli concentrici del potere decisionali finiscono nelle cancellerie – e sotto il vaglio dei servizi – di alcuni governi: USA, Russia, Cina.
Chi si candida al governo (il PD e il rassemblement “Monti”) ha ben chiaro questo quadro. Quando qualcuno tende a scantonare interviene il capo dello stato a ricordare gli “impegni internazionali” dell’Italia.
Chi si candida a sostenere e legittimare (anche stando all’opposizione) il governo dovrebbe averlo altrettanto chiaro. Se dice il contrario, delle due l’una: o è stupido e/o ignorante o è bugiardo.
Il ruolo reale di chi andrà in parlamento sarà quello di approvare – per via spontanea o sotto minaccia di scioglimento – i provvedimenti del governo che saranno stati emanati a seguito del placet delle commissioni e dei comitati sovranazionali.
E’ evidente come, in un simile quadro, la vita del “delegato del popolo” sia veramente noiosa – a tratti frustrante – e che, di conseguenza, il nostro – o la nostra – sia incline al malaffare: si deve pur passare la giornata! Ovviamente il suo tempo sarà in gran parte dedicato a garantirsi un futuro e a riconoscere prebende a quanti gli hanno dato modo di ricoprire il prestigioso incarico.
Della concatenazione fra corruzione e autoritarismo non siamo certo i primi a scriverne. Ci tocca però ricordarlo visto che la pagliuzza nell’occhio di chi ci sta di fronte è sempre più grande della trave che ci portiamo addosso. Liberali e democratici mettono in evidenza questo legame quando si tratti della Cina (o del Venezuela e Cuba); ne accennano quando si tratti della Russia (a patto che non ci tagli le forniture energetiche); adombrano qualche sospetto per quello che riguarda il governo USA (soprattutto quando batte cassa in ambito NATO).
Non una parola (se non le campagne moralistiche “anti casta”) sul sistema che regge la dittatura di classe in Italia e in Europa.
Dittatura democratica, of course!
Proviamo a vedere come si profila il voto del 24 e 25 febbraio prossimi.
Tutti gli osservatori indicano un aumento dell’astensionismo anche a seguito del “sorpresa” siciliana. In quel contesto ha giocato un importante fattore “congiunturale”: la mafia non ha votato; si stima infatti che il pacchetto di voti gestito dalla mafia sia, in Sicilia, di circa 800 mila elettori e che, su scala nazionale, questo pacchetto possa avvicinarsi ai 2 milioni. Se anche alle politiche la mafia non voterà aumenteranno in maniera significativa le astensioni. Ma anche senza questo fattore “esogeno” si può stimare che andranno a votare circa 31 dei 48 milioni di italiane e italiani chiamati al voto (nel 2008 hanno votato in 36 su 47 milioni, 23% di astensioni) con un astensionismo al 35%.
E’ molto probabile che il PD (+ SEL e coalizzati) arrivi a raccogliere intorno ai 10 milioni di voti attestandosi al 32% dei suffragi; che il rassemblement “Monti” prenda circa 5 milioni di voti (16%); che il Berlusca (allargato alla destra di Storace, Melloni, La Russa) prenda fra i 4 ed i 6 milioni di voti (dipende molto da cosa faranno il Vaticano e la mafia) con un peso fra il 14 ed 18% e che i restanti 10-11 milioni di voti si sparpaglino fra grillini, quarto e quinto polo, destra sociale, liste civiche, leghe e quant’altro.
Avendo Lombardia e Sicilia che con ogni probabilità non porteranno molti senatori al PD (a meno dell’astensione della mafia), la maggioranza di governo sarà necessariamente un asse Monti-Bersani che potrà governare con un 60-65% di rappresentanti a fronte di un 45% di deleghe espresse.
Se addirittura l’effetto senatori fosse favorevole al PD avremmo un governo maggioritario con il 35% delle deleghe espresse.
Probabilmente Ceausescu aveva una più significativa legittimazione.
Ma la dittatura democratica è un ossimoro: quindi non dobbiamo chiamarla dittatura, ci dicono. Forse si dovrebbero interrogare sull’aggettivo democratico.
Se saranno questi i responsi nessun cambiamento alle porte; in caso contrario i cambiamenti si sarebbero dovuti confrontare con i mercati, prima e – nell’eventualità – con qualche esercito in seconda battuta.
Continueranno le politiche di “pareggio” – sono costituzionali mò! – a suon di gabelle e tagli ai servizi ed ai salari; la fedeltà italiana ai trattati (da quello militari a quelli con il Vaticano) sarà confermata; se ci saranno un po’ di soldi verranno indirizzati a favore dell’impresa (vedi FIAT) per favorire l’occupazione; chi la cinghia non se l’è ancora dovuta impegnare potrà farci sopra un altro buco in modo che possa reggere le braghe.

Vi risparmio il fervorino: lo sapete già. Non è così che si cambia!


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