Paesaggio, i ritardi della pianificazione e della semplificazione

Creato il 23 gennaio 2013 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Negli ultimi mesi tanto si è parlato della difesa del paesaggio e della necessità di mettere in sicurezza il territorio, soprattutto a seguito di eventi calamitosi come i terremoti e le alluvioni che hanno colpito diverse regioni italiane. Numerose sono state anche le proposte di legge e le iniziative che hanno chiesto e proposto interventi per la salvaguardia e la tutela del paesaggio, ma  poco o nulla è cambiato.

Dal 2004, entrata in vigore del Codice Urbani, nessuna amministrazione regionale è riuscita ad approvare un proprio piano paesaggistico, creando una condizione di incertezza per Comuni e Soprintendenze che si sono trovati a dover decidere su interventi di costruzione e recupero in zone sottoposte a vincolo,  e una situazione divergente tra i vari territori. Ora sembra che qualcosa si stia muovendo, in Puglia il piano è in fase avanzata, in Liguria è stato approvato il nuovo piano territoriale con deleghe tra Comuni, Province e Regione, e in Sardegna è in vigore il piano per la tutela delle coste.

Anche l’ex Governo Monti aveva tentato di semplificare l’iter con un disegno di legge  che intendeva cancellare il silenzio-assenso previsto in caso di piano paesaggistico operativo, e la cancellazione del silenzio-rifiuto introdotto dal testo unico dell’edilizia, restando però solo un progetto.

Ricordiamo che secondo l’articolo 146 del Codice dei Beni culturali la procedura di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica prevede che l’ente abilitato al rilascio attivi la pratica inviandola alla Soprintendenza, la quale deve pronunciarsi entro 45 giorni.  Se entro questo termine non c’è riscontro, viene indetta in 15 giorni una Conferenza dei servizi per un parere vincolante. Scaduto anche questo termine, e comunque entro 60 giorni dall’attivazione della pratica, toccherà all’ente delegato fornire un parere.

La situazione reale è che le Soprintendenze si trovano oberate di lavoro e costrette spesso a lasciare la responsabilità in mano ai Comuni che  devono prendere decisioni sulla base di una mappa del territorio obsoleta e l’imposizione di vincoli ormai non più aggiornati.


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