La pagina 69 di Il nostro gioco, sogni sospesi di Ilaria Pasqua, romanzo edito da Edizioni Leucoteca...
Disponibile su amazon.
Chissà cosa dicevano le mamme di quei ricconi quando scoprivano che i loro figli avevano scambiato la loro merenda. Mia madre si lamentava sempre di quest’abitudine, ma io tanto non lo facevo, perciò se ne stava tranquilla, diceva sempre, «con tutti i sacrifici che facciamo per fare avere una me- renda buona ai nostri figli.» E capii davvero bene i suoi scrupoli solo molto dopo. Dentro ai quaderni svettava sempre un “W IL DUCE” che li inaugurava, o il disegno di un tricolore. Io non ci disegnavo mai niente e a volte le maestre mi lanciavano un’occhiataccia come se avessi fatto qualcosa di male. Con le penne ero davvero un disastro, sgocciolavo sempre, facevo in continuazione macchie che non riuscivo mai a cancellare, non c’era talco o gesso che tenesse. Prendevo sempre punti in meno per questo. Preferivo usare le matite, quelle con le tre righe colorate come il tricolore, le gomme cancellavano meglio gli errori, e poi erano più saporite da mordicchiare, perché il legno era scoperto, non nascosto da quello strato esterno di smalto. Mi venne da pensare subito a Flaminia che non aveva ancora iniziato sul serio ad andare a scuola, e che forse non ci sarebbe più andata. Smisi del tutto di pensare, perché ogni pensiero finiva per riportarmi sempre allo stesso punto: che la nostra vita come la conoscevamo era del tutto finita. E che non si sapeva cosa ci avrebbe riservato il futuro. Strinsi al petto le ginocchia e lasciai Flaminia ad accarezza- re il suo coniglio, si era rilassata da quando era tornato il completo silenzio. A me invece aveva messo ancora più agitazione. Presi a battere le nocche sulle ginocchia senza fare rumore, sperando che Enrico fosse vicino. A quell’ora papà tornava a casa a bordo della sua bicicletta sgangherata, lo aspettavo sempre seduto sui gradini fuori dal portone. Lui scendeva, mi sorrideva e mi scompigliava i capelli, era una sorta di piccolo rito quotidiano.