Partenza: Passo Rolle 1972 m slm
Arrivo: Rif. Mulaz 2571 m slm
Dislivello: circa 1100 m
Durata: 3,5 h
Difficoltà: EE
Arrivando da S. Martino di Castrozza, si lascia la macchina al parcheggio sull'ultimo tornante proprio sotto il Passo Rolle (partenza classica per la Baita Segantini). Il sentiero, che in realtà è una sterrata fino alla deviazione sotto al Mulaz, è il n° 710. In lenta ma costante salita passiamo nei pressi della Capanna Cervino, m 2082. Il nome di questo rifugio risulta alquanto particolare per chi non ne conosca la sua origine: sorto nel 1931 per volere di Alfredo Paluselli, venne intitolato alla più famosa vetta delle Alpi per rafforzarne il legame creato dalla somiglianza descritta fin dai secoli addietro dagli escursionisti che di qui erano passati.
La Capanna Cervino e sullo sfondo da sinistra la Tognazza, la Cavallazza e il Colbricon
Poco più avanti della Capanna, troviamo la deviazione per il Castellaz, cima dolomitica dalla particolare forma situata al centro del teatro creato dalle vette dal Cimon della Pala fino alla Venegia; famoso è il trekking del Cristo Pensante, statua votiva situata sulla vetta del Castellaz raffigurante per l'appunto il Cristo in atto di meditazione rivolto verso la Valle del Travignolo e il tramonto del sole.
La classica parete Sud del Castellaz
La strada prosegue lungo i pendii della Costazza, sempre in leggera salita fino all'arrivo sull'omonimo passo ove è situata la più famosa Baita Segantini a quota 2170 m, costruita nel 1936 sempre da Paluselli. La sua posizione strategica a ridosso delle vette più famose del gruppo dolomitico e la presenza di un piccolo specchio d'acqua in cui si riflettono le Pale stesse ha attiratto da sempre escursionisti e fotografi di tutto il mondo, esportando oltre confine la bellezza di quest'angolo dolomitico. Passando di mattina nei pressi della Baita, però, ci troveremo in forte controluce e non sarà possibile apprezzare a pieno l'unicità del luogo: con la luce del pomeriggio e soprattutto con quella del tramonto i colori diventano magici.
Le Pale di S. Martino riflesse in uno specchio d'acqua nei pressi della Baita Segantini
Da qui ora ci troviamo a scendere fino a quota 1950 m nella Val Venegia, rinomata per la bellezza dei larici (che ne costituiscono gran parte della foresta) per il caratteristico manto d'orato autunnale. Dopo qualche tornante, troveremo la deviazione a destra per il Rif. Mulaz (segnavia n°710). Ci troviamo ora in uno degli sprazzi che si aprono ai piedi delle vette, i prati in ombra sono ancora gelati; numerosi qui i conoidi formatisi per le ripetute frane e non di rado è possibile osservare i tronchi dei larici sommersi dalle pietre, strappati dal suolo dalle valanghe o dalle frane stesse.
L'imbocco della Val Venegia e sullo sfondo la parete del Mulaz
Prati gelati in Val Venegia
Linee geometriche di una carcassa di un larice secolare
Il sentiero si fa subito impegnativo: con ripidi tornanti ben presto guadagnamo quota. La vista spazia dal Passo Costazza e dal Lagorai con la vetta del Colbricon, per passare dall'imbocco della Val Venegia (con le due malghe che la caratterizzano, Malga Venegia e Malga Venegiota) con Costazza e Castellaz a dominarla, fino alle vette di cima Juribrutto e Cima Bocche che fronteggiano le vette del Latemar in secondo piano. In lontananza nei giorni più limpidi sarà possibile godere della vista del Gruppo del Brenta e dell'Adamello e, salendo con lo sguardo a nord, si vedranno le vette innevate del Passo dello Stelvio con l'Ortles e il Gran Zebrù a farla da padroni.
La vista verso ovest salendo al Mulaz
La Val Venegia illuminata dal sole e sullo sfondo le Cime Bocche e Juribrutto
Per dare dei cenni di geologia (il Passo Rolle è tra i siti più studiati dai geologici per la concomitanza di numerose rocce di diversa natura), potremmo osservare differenti tipi di dolomia: quella del Serla, di cui il Castellaz ne è un esempio, di colorazione più scura rispetto a quella dello Sciliar, di cui sono costituite le vette delle Pale, molto più lucente (basti osservare le pareti ove sono visibili i segni di recenti frane che hanno esposto gli strati sottostanti non ancora "intaccati" dagli agenti atmosferici). Guardandoci però intorno da questo punto ci accorgeremo come le Pale siano un isola (seppur bella grossa visto che sono la più grande isola tropicale fossile delle Dolomiti seconda esclusivamente al Gruppo del Sella che però non fa parte del Bene Unesco!) circondata da rocce di differente origine: infatti la roccia che caratterizza le vette del Lagorai e di Cima Bocche risulta immediatamente più scura. La sua origine è vulcanica.
Un larice di circa 200 anni lungo il sentiero; sullo sfondo la Val Venegia
Il nostro percorso continua a salire, fin tanto che non torniamo in vista del Mulaz (che con i suoi 2906 m di altitudine è la vetta più elevata raggiungibile senza ferrate sulle Pale) e della Forcella Margherita, situata a quota 2655 m che costituisce il punto più elevato raggiunto nell'intera escursione. L'ultimo tratto del sentiero è davvero caratteristico salendo proprio al di sotto di una ripida parete che ci sormonta quasi a volerci inghiottire.
Escursionisti in ombra ai piedi del Mulaz
Escursionisti nell'ultimo tratto verso la Forc. Margherita
Le indicazioni verso il Rif. Mulaz del sentiero n°710
Siamo così giunti ai piedi delle vette dei Bureloni (3130 m) e di Val Grande (3038 m), dei Campanili di Val Grande (2995 m) e del Focobon (2969 m), delle Cime del Focobon (3054 m) e di Campido (3001 m).
La vetta del Focobon spicca su tutte vista dalla Forc. Margherita
Più in basso ora intravediamo il tetto in lamiera del Rif. G. Volpi di Misurata al Mulaz (2571 m), e oltre i nostri occhi si perdono tra le vette dolomitiche: partendo da destra, vedremo la Civetta che cela in parte il Pelmo, le Marmarole e il Sorapiss, l'altopiano del Mondeval e la Croda da Lago, i Cadini di Misurina e le Tre Cime di Lavaredo, fino al Cristallo e alla Croda Rossa. Spostandosi di qualche metro verso le vette si potranno intravedere anche le Tofane.
Il tetto del Rif. Mulaz e il panorama circostante
La pista di atterraggio dell'elisoccorso nei pressi del Rif. Mulaz
Note tecniche sull'escursione: per chi desidera affrontare l'ultimo tratto di salita (segnato come traccia) verso la vetta del Mulaz e suonare la caratteristica campana, consiglio di partire direttamente da Pian dei Casoni in modo da affrontare la salita solamente all'andata.
Note tecniche sull'attrezzatura: essendo l'escursione per me impegnativa, ho sfruttato esclisivamente la D40 con le tre ottiche in mio possesso (Nikkor 12-24 f/4, Nikkor 18-55 f/3.5-5.6 e Nikkor 55-200 f/4-5.6); non ho mai tirato fuori dallo zaino il treppiede o i filtri, eccezion fatta per la foto alle Pale riflesse nei pressi della Baita Segantini. Ho trovato però davvero scomodo il continuo cambiamento di ottica: per questo motivo (al di là che per motivi qualitativi delle stesse ottiche base 18-55 e 55-200), sto pensando di acquistare un 'ottica "tuttofare" quale il Nikkor 28-300 appena uscito.
Mio fratello incantato come me dal panorama circostante...
Tutti i dati exif delle foto sono consultabili scaricando le foto.
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