E' questo ciò che penso mentre mi chiedo se la strada che sto percorrendo per tornare a casa sia quella giusta o che, come al solito, ho sbagliato al quadrivio. Invece di guidare una macchina dovrei essere su un calesse stile western (il cavallo riconosce sempre la via di casa.... ritornava una rondine al tetto...... si alzò alto un nitrito).
Tra una reminiscenza scolastica, un accidenti alla cretineria che mi affligge e per la quale non ho mai trovato un terapeuta, vedo da lontano due donne che camminano nella notte parlando tra loro. Mi chiedo immediatamente come fanno a camminare su quelle zeppe da 20 cm, una ha un bel culo l'altra sarà la madre che è andata a recuperare la bella figlia dalla discoteca.
In fondo è sabato sera.
"Scusate, per andare verso il centro la strada è giusta?"
Ho già abbassato interamente il finestrino lato passeggero. La domanda è venuta fuori e finalmente vedo.
Sono due battone, due bagasce o liricamente due che hanno adottato lo slogan sessantottino "l'utero è mio e lo gestisco io" a cui qualcuno rispose " e tinitillo".
Ma non a loro. Ipertruccate, labbra rosso cardinalizio, orecchini sbrilluccicanti.
La giovane è bella, l'altra sfiorita. Forse nigeriane dalla pelle chiara, brasiliane o vattelapesca.
Sono stralunate. Si interrogano sulla mancata domanda quanto prendi per un servizietto o per un boccaculofica e di sentire un’interrogativa da infopoint.
Hanno qualche lentezza nel rispondere, si consultano con lo sguardo.Molto rassicuranti, molto garbate indicano dettagliatamente il percorso: va' diritto fino in fondo, gira poi a destra, vedrai un grande palazzo bianco, va' ancora a sinistra, poi...Mi scrutano per capire se ho veramente capito la strada e chi sono.
Ho capito: le donne di cui non ho avuto paura avevano appena ultimato il turno di lavoro per incontrare il magnaccia a cui devolvere gran parte delle entrate, oppure erano in pausa o ad inizio turno. Il lavoro più antico, per alcune privilegiate remunerativo, è quello.
Battere. I marciapiedi, le suite o i condomini. Non tutte aprono le cosce nella promessa di un anello.
Ed io ringrazio quelle due anonime per la loro cortesia.
Mentre mi allontano ripenso alla grassa donna che, ogni estate, seduta sotto un albero di un lungo viale, mostra le su tette strabordanti, le sue cosce aperte, il nero della vulva, quando io sono in macchina e torno dal mare.Gelsomina Fellini