domenica 2 dicembre 2012 di L'Abattoir
di Rita Miriam Drago
Ogni tanto all’odiosissima luce calda dei lampioni di Madrid, tra i vicoli del centro mi sembra di intravedere Palermo. Odio la luce giallastra e rossastra dei lampioni, mi fa ricordare tristi pomeriggi palermitani quando il sole tramontava alle quattro e mezza e non c’era più niente da fare. L’aria era riempita da tristezza infinita per mancanza di luce e non ti andava di fare nulla.
A volte Palermo mi manca sotto alcuni aspetti, ma sotto altri non cambierei Madrid con nessun altro posto al mondo. C’erano serate a Palermo dove ti andava di scappare di casa quasi gettandoti dalla finestra, ma vedendo la desolazione di palermitani accucciati sotto i plaid del divano a guardare C’è Posta per te, ti passava la voglia di uscire.
Invece Madrid è sempre viva, è come un cuore palpitante dentro una gabbia toracica scossa dai battiti. Un ragazzo inglese mi ha detto una grande verità, in molti posti del mondo la vita sociale è dentro casa, ma a Madrid è fuori e io credo anche che sia più normale, più sano.
A Palermo ci chiudiamo in casa ricoperti da cugini, parenti, zie, stiamo sempre tra di noi e finiamo per accoltellarci con lame invisibili per lo stare troppo insieme, come se la famiglia fosse l’unico nucleo importante, l’unico centro nevralgico della vita.
Invece a Madrid fanno una cosa strana e bislacca, escono di casa, prendono i bambini, la nonna e le zie, li impacchettano e varcano la mistica soglia delle loro abitazioni, quello strano confine guardato con paura e sdegno da ogni bravo palermitano. E vivono.
Il fatto di uscire dalle quattro mura protettive così care ai siciliani non implica che non stiano insieme, tutta la famiglia la domenica va a pranzo fuori, poi porta i bambini al parco, va a guardare le vetrine dei negozi, prende il caffè e torna a casa. E poi magari escono anche con gli amici, questi sconosciuti, questi strani esseri visti dai genitori palermitani come mostruose forme di vita che portano via i figli da casa, la colpa non è mai dei tuoi cari bambini, sono gli amici, questi mostri senza cuore che li plagiano per far loro varcare la soglia dell’ignoto verso mondi pericolosi e sconosciuti.
Se la gente si togliesse i paraocchi e si fermasse a riflettere capirebbe che non si può sempre stare a casa e non si possono frequentare solo i parenti, che razza di vita è una vita passata sempre con le stesse persone quando quel mondo che c’è oltre le mura del castello non è poi così pericoloso come sembra?
Certo ci saranno delusioni, tradimenti e litigi, ma questa è la vita, ci sono esperienze che per quanto negative vanno fatte, bisogna riportare delle cicatrici per poter dire di aver vissuto realmente. Il palermitano si chiude in casa pensando di essere così al sicuro dal mondo crudele, ma prima o poi i tentacoli della vita reale si insinuano sotto la porta e ti afferrano per poi scuoterti violentemente.
E poi quella sensazione di tranquillità, di libertà che ti infonde la vita di Madrid, sempre gente in giro, sempre negozi aperti, sempre pub pieni di persone che invece di andarsi a buttare sotto le coperte dopo il lavoro vogliono mettere il cervello sul tavolo ed affogarlo dentro una birra, piuttosto che tornare a casa e compatirsi su quanto sia doloroso doversi alzare la mattina seguente.
Ricordo ancora lo sguardo sconvolto di mia madre quando, venuta a trovarmi, la portai a vedere il flamenco. Si guardava intorno sconvolta pensando che si sarebbe trovata in un ritrovo per giovinastri appassionati di strane danze esotiche, invece con sua enorme sorpresa in quel pubblico c’era di tutto: la cosa che la sconvolse di più furono le due signore sui cinquant’anni con un litro di birra ciascuna sul tavolo che guardavano lo spettacolo animatamente. E poi il gruppo di quarantenni. E la coppietta.
“Ma allora è vero che qui escono tutti!”, mi dice genuinamente sorpresa. Io le faccio segno di sì con la testa e penso che certe cose le puoi dire duemila volte giurando che siano la verità, ma finché il palermitano non le vede coi suoi occhi, non ci crede. È assurdo solo pensare che esistano strani luoghi nel globo dove la gente viva fuori invece di vivere dentro casa tra una lasagna della zia e i biscottini della nonna.
Senza contare come impazziscono quando sentono che sei italiana e dopo avergli detto che vivi e lavori a Madrid ti chiedono: “Ma come mai vivi qui? Come mai hai voluto lasciare l’Italia? E’ il posto più bello del mondo!”, affermano convinti.
La verità è che io dovrei chiedere: “Scusa ma tu che fai tanto l’esperto, ci hai vissuto in Italia?”, solo che non lo faccio perché tutti quelli che ti dicono che l’Italia è meravigliosa e non si capacitano del fatto che tu l’abbia lasciata sono quelli che sulla Penisola ci hanno passato tre giorni di vacanza, quasi sempre a Roma e che di come siano l’Italia e gli italiani non ne sanno niente. Si ricordano solo della pizza e del pane, amore e fantasia che hanno mangiato. Ma io mi cucio la bocca e sorrido, hanno un tesoro di città tra le mani e a volte nemmeno se ne accorgono.
Me li vorrei proprio vedere, un madrileno diventerebbe pazzo a Palermo rendendosi conto che c’è casino per strada al massimo venerdì e sabato, che la domenica sera rotolano allegre le balle di fieno per le strade perché il palermitano torna nella tana come un riccio impaurito che si chiude in se stesso. Che l’unico posto dove puoi andare tutte le sere al massimo è la Vucciria. Che cu… ehm… che fortuna, lasciatemelo dire!
Un’altra cosa meravigliosa è l’aria multiculturale che gira per le strade della capitale spagnola, a Palermo marocchini ed africani rimangono chiusi nei loro ghetti, qui l’affluenza di sudamericani di ogni paese è veramente altissima, ma nessuno si pone il problema di fare amicizia o conoscere qualcuno che non sia spagnolo. Siamo seri, ce lo vedete un palermitano a stringere amicizia con un marocchino? Qui la situazione invece è diversa, sarà anche perché, dicendolo francamente, molti sudamericani non vengono per fare lavori umili, al limite della sopportazione come fanno gli immigrati a Palermo. Vengono per fare dei master, per lavorare come ingegneri, per una serie di cose che a Palermo gli immigrati di qualsiasi tipo se le sognano quindi è anche normale che ci sia meno differenza di casta. E non vi stupite se dico casta, alla fine è di questo che si tratta, inutile girarci intorno.
Eppure ci sono dei momenti in cui guardando gli edifici del centro storico di Madrid, piccoli, bassi ed antichi che mi viene in mente la mia Palermo e sento un po’ di nostalgia. L’adolescenza passata a prendere freddo al Politeama, le lotte per tornare a mezzanotte e mezza invece che a mezzanotte, l’apertura del primo McDonald come se fosse la Mecca, le manifestazioni e i giorni di scuola saltati in segreto, la tipica ‘taliata’, ricambiata da sguardi truci come a dire ‘Chi ci talii?’. Sorrido un po’ e mi incammino ancora.
In fondo un po’ mi manca.
Ma non lo dite a nessuno, ho una reputazione da emigrata in Spagna figa da difendere.