Pallanuoto in tempo di crisi per lo sport: sconfitta o opportunità?

Creato il 16 agosto 2012 da H2opolo @edoardo_osti

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il  conformismo. Invece, lavoriamo duro.

Parola di Albert Einstein

Ho letto attentamente l'articolo che Bruno Cufino ha scritto su WPDW, intitolato Club e competenze degli allenatori in tempi di crisi, e, scusandomi per il ritardo, vorrei aggiungervi qualcosa. Apprezzo molto lo scritto di Bruno, soprattutto quando afferma che i club devono "concepire lo sport e la sua organizzazione in maniera diversa ed a sviluppare nuove strategie". In queste parole vi leggo la necessità di reagire ad una crisi che non è solo del nostro sport ma globale, e che va vista come opportunità di ripensare un nuovo modo di operare. Da qualche parte ho letto che chi si butta, chi rischia nella vita, spesso è perchè appartiene ad una di queste categorie:
  •  non ha un copeco, quindi non ha nulla da perdere
  • è ricco sfondato, e se lo può permettere.
Lascio immaginare a voi in quale categoria colloco il mio amato sport, e vado ad occuparmi della seconda importante affermazione di Bruno secondo cui è importante che gli allenatori devono "necessariamente incrementare le loro competenze e ragionare a 360° sul sistema pallanuoto".
Insomma, se non erro: i tecnici, che sono figura consolidata del nostro sport, si devono occupare anche dell'anello mancante, quello manageriale, mirando a diventare veri e propri Manager alla Alex Ferguson.
Ecco, su questo sono un pò meno d'accordo, in quanto tecnici di spessore ed esperienza tali da poter controllare anche gli aspetti manageriali in Italia ne conto sulle dita della mano di un monco.
Però il discorso non cambia perchè noi di queste figure non possiamo fare a meno. Una valida alternativa a mio avviso potrebbe essere rappresentata dal giocatore che, al termine della carriera, o si affaccia (in colpevole ritardo) sul mondo del lavoro oppure trova sfogo nel proseguimento dell'attività pallanuotistica ma all'asciutto, e non necessariamente con il fischietto in bocca. Il prototipo è certamente l'atleta che nel frattempo ha conseguito studi adeguati, da abbinare ad una conoscenza importante dell'ambiente e dei suoi meccanismi/necessità.
Il problema è che mentre quella del coach è una figura necessaria e obbligatoria (senza tecnico in panchina non si può), il Manager non viene riconosciuto come tale. Qui occorrerebbe una bella spinta da parte della FIN (anche perchè ormai nel nostro sport facciamo solo le cose che ci obbligano a fare, altrimenti ne faremmo volentieri a meno), che dall'alto della sua autorità dovrebbe dare a questa figura un ruolo ufficiale, rendendola innanzitutto obbligatoria, per poi contribuire a farla diventare necessaria e soprattutto utile.
Vi lascio con una frase celebre, il cui estratto avete già letto nell'abstract di questo post.
Non possiamo  pretendere che  le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.  La crisi è la più grande benedizione  per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla  notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi  supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle   persone e delle nazioni  è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il  conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che  è la tragedia di non voler lottare  per superarla”. Albert Einstein