Domani sera torno a casa. Questi viaggi a Madrid per lavoro stanno diventando un’abitudine e si susseguono secondo un ritmo ormai quasi familiare.
Da qualche tempo ho iniziato a declinare gli inviti serali dei nostri ospiti – che sempre fanno di tutto per metterci a nostro agio, ci rendono il lavoro piacevole e smussano le inevitabili asperità’- e a non raggiungere nemmeno i colleghi per una cena tranquilla in albergo. Pochi lo capiscono, la parola “asociale” si riaffaccia come sempiterno ritornello, ma io ho spesso bisogno di stare da sola per recuperare le energie, svuotare il cervello, rimanere concentrata sul progetto che sta avanzando verso l’imminente scadenza, leggere, ascoltare musica morbida a basso volume, bere un te’ caldo e dolce in silenzio, ritrovare me stessa tra la stanchezza e la lontananza dalla mia casa, dalla mia stanza. Ho imparato ad ascoltarmi e il mio genere di asocialità’, alla fine, non mi sembra troppo estremo.
Esco solo una volta ogni viaggio adesso e, considerando che sono qui a settimane alterne, non e’ poco. Prese a dosi calmierate, queste uscite notturne diventano puro piacere, cultura, occasione di conoscenza di usi, costumi, parole, cibi. Questa volta abbiamo fatto una cosa pazzamente turistica: ci hanno portato al Corral de la Moreria, poco lontano da Palazzo Reale, a vedere uno spettacolo di flamenco. Anzi, a dar retta alla guida Michelin, a vedere il miglior spettacolo di flamenco del mondo.
Io non sono in grado di dire se ho visto il miglior spettacolo di flamenco del mondo, ne’ di aver inteso la storia che si svolgeva, cantata, ritmata, suonata e ballata, sopra il tablao, la piattaforma dedicata, del locale. Non so quali palos sono stati utilizzati, se le mosse erano facili o richiedevano grande maestria, anche se uno dei miei ospiti e’ un suonatore di flamenco e, di ritorno alla macchina, mi ha spiegato le nozioni fondamentali e mi ha dato il suo giudizio da intenditore.
Non lo so dire perché’ saperlo fare richiederebbe conoscenza e studio e io non li possiedo. So solo che, per quasi due ore, ogni cosa intorno a me si e’ sfuocata a poco a poco, mentre un ritmo ipnotico, lento, veloce, lento, velocissimo, controllato, vibrante, suadente mi ha ipnotizzato.
Come sempre accade, quando una cosa bella mi suscita emozioni profonde, desidero due cose: la prima e’ quella di avere le poche persone che amo, che siano o non siano più’ nella mia vita, insieme a me per dividere questa sensazione con loro e la seconda, non potendo soddisfare la prima, e’ quella – perfetta per un’asociale – di essere sola, tra completi sconosciuti e non tra persone che conosco a meta’, per quanto splendide possano essere, per poter continuare a tenere nella testa l’eco di questa bellezza, senza disturbi mondani, anche nel fresco della notte, fino al principio dei sogni.