Paniscia novarese, come una volta

Da Mara

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La Paniscia è un piatto che parla da sè. Si trascina dietro anni e anni di storia, di miseria, di povertà e di guerre. Le storie che ho sentito e che tanti hanno sentito seduti a tavola mentre ne mangiavano un piatto fumante sono tante. I nostri nonni e i nostri bisnonni hanno dovuto vivere momenti davvero tristi.
La Paniscia nasce dall’esigenza di nutrirsi in modo sano, che ai tempi non sempre era possibile, e soprattutto con quello che che c’era, con quello che offriva la terra, con quello che offrivano gli animali.
Ecco allora che vengono uniti meravigliosamente riso Arborio, fagioli borlotti, cotenne, verze, salamino d’la Duja e vino rosso Nebbiolo, tutti prodotti facilmente conservabili nei mesi freddi e di pronto utilizzo. Ed ecco che nasce la Paniscia novarese. E un grazie speciale a mio papà che ce la prepara ancora come una volta.

Paniscia novarese e Panissa vercellese

L’origine di questa ricetta, tipica delle province in cui il riso è una delle coltivazioni oggi più diffuse, probabilmente risale addirittura al periodo precedente all’introduzione del riso tra le colture locali. Il nome, che ha diverse sfumature dialettali, infatti potrebbe derivare da “panìgo”, una varietà povera del miglio, dal cui si ha anche il termine latino “panicum” che stava per “fatto con il miglio”.
Successivamente all’introduzione del riso, intorno al 1500, che ha miglior rendimento nella coltivazione e anche migliori caratteristiche dal punto di vista nutrizionale, i contadini hanno sostituito gli altri cereali nelle loro diete e quindi è arrivata a noi la ricetta nella versione che si è diffusa nell’epoca più recente.
Come si vedrà dagli ingredienti, l’origine umile di questa ricetta è molto probabile, poichè riguarda l’uso di quei prodotti che si potevano trovare nelle dispense dei poveri contadini della regione nord-piemontese. Si tratta cioè di un piatto “robusto” che ha lo scopo di saziare e al tempo stesso dare l’energia necessaria per affrontare il duro lavoro della terra. Le varianti della ricetta, novarese e vercellese, riguardano infatti l’uso di colture o prodotti tipici di una zona in cui ci si trova (come il salame d’la duja nel novarese, o i teneri di Saluggia nel vercellese) oltre al fatto che nella versione vercellese si usano molte meno verdure.
Bisogna tenere conto che è possibile personalizzare questo piatto a piacere, anche se non possono mancare gli ingredienti fondamentali: riso, fagioli, salsiccia o salame d’la duja. Alcuni aggiungono pancetta o lardo, altri i pomodori pelati o la conserva di pomodoro.

Tempo di realizzazione:

  • 20 min preparazione
  • 45 min cottura del brodo
  • 12 ore di ammollo dei fagioli borlotti

Difficoltà: medio-bassa

Ingredienti:

  • 350 g di riso Arborio
  • 350 g di verza
  • 200 g di fagioli borlotti secchi
  • 2 pezzi di cotenna di maiale
  • 1 samino d’la Duja (conservato nel grasso)
  • 25 g di burro
  • 1 carota
  • 1/2 cipolla media o uno scalogno
  • 2 coste di sedano
  • 2 litri di acqua per il brodo
  • 1 bicchiere di vino rosso Nebbiolo
  • sale e pepe

Procedimento:

  1. Il giorno prima mettete i fagioli secchi in una terrina coperti da acqua tiepida, per circa dodici ore.
  2. Tagliate fini le cotenne di maiale.
  3. Pelate la carota e la cipolla o scalogno e il sedano, lavate e tritate le tre verdure.
  4.  Lavate le foglie di verza e tagliarli a filamenti non troppo sottili.
  5. Scolate bene i fagioli e metteteli in una pentola con la carota e il sedano tritati e le cotenne di maiale e la verza. Aggiungete dell’acqua e un po’ di sale grosso e portate ad ebollizione.
  6. Dopo circa 20 minuti che questo brodo bolle, abbassate il fuoco al minimo e mantenete caldo.
  7. Tagliate a pezzettini il salame d’la duja e mettetelo in una padella capiente con il burro e la cipolla. Fate rosolare a fuoco lento per circa dieci minuti, facendo attenzione a non far bruciare la cipolla e mescolando frequentemente con un cucchiaio di legno.
  8. Quando la cipolla  e il salame sono ben rosolati aggiungete il riso, mescolando vigorosamente per amalgamare bene gli ingredienti. Fatelo insaporire un paio di minuti e poi, sempre mescolando, aggiungete il vino.
  9. Mescolate fino alla completa evaporazione del vino e poi iniziate ad aggiungere con un mestolo il brodo ottenuto con verdure e cotenna. Aggiungete con il brodo anche le verdure e la cotenna stessi, un mestolo alla volta, facendo man mano amalgamare bene mescolando.
  10. Ogni volta che il riso assorbe il brodo e appare un po’ asciutto aggiungere un mestolo di brodo e così via per circa 20 minuti (controllare il tempo di cottura sulla confezione del riso). Assaggiate il riso per ottenere la cottura desiderata.
  11. Una volta che il riso è cotto, aggiungete a piacere pepe e burro per mantecare e mescolare bene. Appena il burro è sciolto spegnere il fuoco e lasciate riposare il riso nella pentola per circa 5 minuti prima di servire coperta da una canovaccio.

Fonti: la mia famiglia, quotidianopiemontese, la Stampa.

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