"Panoramica sulle Filosofie Indiane"
Da Risveglioedizioni
Molto spesso si parla dei chakra o altri fenomeni metafisici descritti dalle filosofie indiane e ci si concentra solo su questi elementi, estrapolandoli dalla corrente filosofica da cui hanno avuto origine, cosa a nostro avviso limitante dato che ignorando il contesto originale si perde la visione d’insieme. L’induismo, dal significato letterale di “legge eterna”, è la religione più antica tra quelle principali e conta circa un miliardo di fedeli. La definizione di religione non è in questo caso totalmente appropriata perché in realtà racchiude in sé tutta una serie di correnti filosofiche eterogenee - che rispettano le reciproche diversità - unite attorno a grandi principi di base; vi sono comprese molte tradizioni spirituali, considerate strade diverse che portano alla stessa meta, in quanto Dio è Uno ed anche se appare in molte forme si tratta della stessa sostanza. La caratteristica che stupisce maggiormente del pensiero filosofico indiano è la sua praticità, infatti tutte le riflessioni sono rivolte alla risoluzione dei problemi che ognuno incontra nella sua vita. Nell’avventura terrena è possibile far esperienza delle forme di dolore più comuni, così la comprensione e la conoscenza dei saggi orientali sono state utilizzate per ottenere l’emancipazione dalla sofferenza, ottenibile grazie al controllo dei desideri, della mente e del non-attaccamento. In Molti culti indiani è infatti sostenuto il concetto del non-attaccamento, basilare per alcune correnti religiose come quella Buddhista, dove ha assunto un ruolo centrale. In questi contesti si crede che la sofferenza proviene dall'attaccarsi a ciò che è mondano e passeggero (infatti ciò che ha una forma è sottoposto al costante mutamento), a quello che non abbiamo o non possiamo avere. Così il non-attaccamento è riconosciuto come mezzo essenziale per conseguire la vera felicità, insieme all’auto-disciplina, altro requisito fondamentale. Per i mistici indiani la praticità di un ideale è la prova della sua veridicità, dato che l’obbiettivo della filosofia è quello di migliore la vita, e più risultati pratici si ottengono, più prossimo alla verità obbiettiva è considerato l’ideale stesso.Testi SacriLe principali filosofie dell'India sono in tutto otto, sei delle quali possono essere definite ortodosse in quanto riconoscono come testi sacri i Veda, e due eterodosse, distaccatosi completamente dalla propria radice Vedica. Le dottrine ortodosse sono state raggruppate sotto il nome d' induismo e risultano appunto accomunate dalla “fede” negli stessi testi sacri, ma differenziate nella loro interpretazione. I Veda sono un’antica raccolta di testi in lingua sanscrita, composti nell’arco di nove secoli, risalenti al periodo tra il 2000 a.C. ed il 1100 a.C. le cui origini vengono attribuite al popolo nomade degli Arii che migrò verso l’India nord-occidentale intorno al 2200 a.C. Questi scritti racchiudono tutta la “Sacra scienza”, non presuppongono alcuna fede in un dio personificato, nel paradiso o nell’inferno, ma piuttosto delineano una via attraverso cui arrivare alla perfezione divina. In questo contesto, nonostante siano descritti migliaia di Dei, viene riconosciuto un unico principio divino supremo rappresentante la fonte nonché l’essenza di tutto e denominato Brahman, diretto ispiratore dei Veda, manifestatosi attraverso tre Divinità archetipiche ognuna incarnante uno dei principali aspetti divini: Brahma è il creatore, Shiva il distruttore e Vishnu il conservatore. I Veda sono suddivisi in quattro parti, le quattro Saṃhitā, di cui la più antica è certamente il Ṛgveda, cui seguono le altre tre: Sāmaveda, Yajurveda, e Atharvaveda, ma gli studiosi di questa letteratura religiosa vi includono anche altri testi come le Brāhmaṇa, commentari alle quattro Saṃhitā composti tra il 1100 a.C. e l'800 a.C.; le Āraṇyaka, testi esoterici riservati agli asceti o comunque recitati al di fuori del contesto popolare, composte tra il 1100 e l'800 a.C.; le Upaniṣad opere di ulteriore approfondimento composte tra l'800 e il 500 a.C.; i Sūtra ed i Vedāṅg. Nelle quattro Saṃhitā non è menzionata alcuna riflessione sulla 'sofferenza' nel mondo, sul ciclo delle rinascite (saṃsāra) e, di conseguenza, sui percorsi di liberazione da esso; piuttosto viene data importanza al godimento (bhukti) della vita terrena. È quindi solo con le prime Upaniṣad che ha luogo la riflessione teologica sul dolore nel mondo e sulla necessità di un percorso di liberazione dalla ruota della nascita e della morte; nonostante queste riflessioni non siano nei testi più antichi hanno comunque assunto un importanza capitale non solo all’interno della corrente induista, bensì nell’intera filosofia orientale. Dalle Upanisad emerge un ulteriore aspetto che riteniamo tra i più importanti dell’induismo: la ricerca della vera natura di ciò che esiste, quell’essenza eterna ed incondizionata che si nasconde dietro ogni cosa manifesta, che viene indentificata come Brahman, fino a quel momento riconosciuto come un unità astratta, e che assume qui il ruolo di origine e summa dell'intero esistente. Allo stesso modo si ha un evoluzione della nozione di karma che assume a questo punto i connotati della legge cosmica di "causa-effetto", una legge metafisica universale che condiziona ogni esistenza, è frutto del desiderio (kāma) ed incatena al saṃsāra (ciclo delle rinascite), rappresentando quindi la giustizia universale sotto forma di un meccanismo per cui qualsiasi cosa buona, cattiva o indifferente è guadagnata e meritata, con azioni svolte consapevolmente o meno. L'effetto di questo atteggiamento è quello di rendere l'uomo stesso direttamente responsabile della sua condizione umana, In quanto con le proprie azioni innesca il meccanismo per cui “raccoglierà ciò che ha seminato”. Anche se l'azione rituale non viene rigettata nelle Upanisad, non è più considerata sufficiente, anzi è subordinata alla ricerca della libertà suprema, l’uscita dal saṃsāra indicata con il termine mokṣa, ottenuta per mezzo della conoscenza dell'unità che si trova oltre la materiale forma e che è possibile raggiungere grazie agli insegnamenti di un maestro spirituale (guru). La necessità di comprendere e sintetizzare quei percorsi verso la liberazione, posti come obbiettivo principale della vita nella letteratura upaniṣadica, porta alla nascita e allo sviluppo delle sei darśana (dal significato letterale di "punto di vista"), descrivibili come le diverse scuole d’ interpretazione dei Veda e considerate aspetti diversi di una sola tradizione filosofica.Autori: Ambra Guerrucci e Federico BelliniTitolo: "La Via delle Filosofie Indiane"Editore: Risveglio EdizioniData pubblicazione: 2015Formato: Libro 14,80x21Pagine: 300Prezzo: n/pInfo: risveglioedizioni@live.com
Potrebbero interessarti anche :