Paolo Poli: uno Sbalorditivo Giovane di 82 Anni

Creato il 03 febbraio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il febbraio 3, 2012 | TEATRO | Autore: Antonino Reina

Deve esserci, riteniamo, un sottile filo rosso, a legare teatro e longevità; un mistero, forse, nascosto dietro al palcoscenico, che permette ai suoi grandi interpreti di regalare emozioni senza tempo. Dopo aver assistito a “Il mare”, in scena al Teatro Novelli di Rimini, il primo pensiero corre, d’istinto, a Paola Borboni, splendida attrice rimasta sulle scene italiane fino all’età di novant’anni. La premessa è d’obbligo per raccontare Paolo Poli, superlativo interprete del libero adattamento teatrale dei racconti di Anna Maria Ortese, proposto dal cartellone romagnolo. Un mattatore 82enne, graffiante, irriverente, in grado ancora di impressionare il pubblico per esuberanza e poliedricità. Su un testo, come detto, tratto dai racconti di una delle migliori (e controverse) autrici del Novecento. Una vera “carrellata” di storie semplici ed umanissime, e proprio per questo tragiche e, al contempo, comiche: la miseria del dopoguerra, i difficili rapporti sentimentali, storie di solitudine ed amori contrastati. Il tutto, narrato sull’onnipresente sfondo di quel mare, comune denominatore di ogni esperienza, e presenza costante nell’opera dell’Ortese. Il mare della Martinica, che la privò, appena ventenne, dell’amato fratello marinaio, spingendola a scrivere poesie “per cercare compagnia”; quello stesso mare che riuscì, a Napoli, a stregarla e regalarle ispirazione: «Una città eccezionale, in cui tutte le cose, il bene e il male, la salute e lo spasimo, la felicità e il dolore erano così saldamente strette, confuse, amalgamate tra loro, che il forestiero ne aveva una impressione stranissima, come di un’orchestra i cui istrumenti, composti di anime umane, non obbedissero più alla bacchetta intelligente del Maestro, ma si esprimessero ciascuno per proprio conto suscitando effetti di meravigliosa confusione».

La stessa, tenera, confusione provata dalla bambina miope alla vista dello squallore della Napoli del dopoguerra, in un racconto, intitolato Un paio di occhiali, già rappresentato al cinema nel 2001. Su questo sfondo, a forti tinte partenopee, prendono vita le sue storie, che coprono il secolo scorso fino agli anni settanta, e che esaltano le capacità camaleontiche del protagonista, ora impegnato in severi e tristi monologhi, ora alle prese con canzoni come Besame Mucho, in una felice alternanza di musiche da operetta, sapientemente curate da Jacqueline Perrotin. Un frenetico ed attuale avanspettacolo, parodia di un’Italia che, forse, non è riuscita a prendersi sul serio nemmeno nei periodi più tragici. Menzione d’obbligo per l’eccellente quartetto di giovani attori che affiancano Paolo Poli: Mauro Barbiero, Francesco Casagrande, Alberto Gamberini e Giovanni Siniscalco, bravissimi ed ironici nei numerosi, sgargianti, travestimenti, ed egregiamente supportati dalla costumista, Santuzza Calì. Ma, soprattutto, straordinarie le scene di Emanuele Luzzati, in grado di riprodurre, anche cromaticamente, gli stati d’animo del racconto. Un mare, è proprio il caso di dirlo, di scroscianti applausi, per uno spettacolo che ha regalato, anche nei saluti finali, momenti di pura ilarità, con i racconti un po’ piccanti del funambolico Poli, che non ha mancato di ricordare alla platea i suoi legami con la Romagna e con Federico Fellini.

I due scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro Novelli di Rimini



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