Paolo Ruffini, principe di una Cenerentola da trovare. Intervista

Creato il 17 gennaio 2015 da Mandolinif @MandoliniF

Paolo Ruffini

Paolo Ruffini“Cercasi Cenerentola”firmato da Saverio Marconi e Stefano D’Orazio

Paolo parlaci qualcosa della vostra Cenerentola
Anzitutto direi che è un musical con un impianto molto tradizionale, per tutta la famiglia, con un re del genere come Manuel Frattini che ha a che fare con questa anomalia rappresentata da me. Nella favola il principe arrivava a un minuto dalla fine, da noi è il protagonista che non si vuol sposare.

Com’è lavorare in un musical della Rancia?
Mi dà soddisfazione. Ci sono grandi autori dietro e mai come in questi tempi di terrorismo più o meno religioso, è un piacere per me realizzare una favola. Più che uno spettacolo è un piccolo evento: c’è un’interazione forte col pubblico, la quarta parete è sempre rotta, del tipo che faccio provare la scarpetta alle signore delle prime file.

È la tua prima esperienza musicale?
No, ho già fatto altri musical negli ultimi anni, anche se non sono né cantante né ballerino. Finora il pubblico reagisce bene a questo tipo di spettacolo e credo che nel 2015 certi stilemi del teatro classico si possono anche interrompere.

In che senso?
Gli abbonati dei teatri hanno una media di 130 anni e vanno ringiovaniti. Quando i ragazzi vengono a teatro scoprono che è in 3D di natura, non è come la TV, quindi sono contenti di sentirsi protagonisti e importanti. La gente deve sapere che quando spende 30-35 euro e sposta la macchina in un martedì sera piovoso, il minimo è dargli in cambio una delle serate più belle della vita. Sono soldi investiti nel benessere e piacevolezza della serata.

La morale di Cercasi Cenerentola?
Che tutti criticano gli altri ma non sono pronti a migliorarsi. Cenerentola insegna che non bisogna smettere di sognare ma migliorasi per farlo. In più c’è la bellezza di tornare alle favole, quelle che chiedevamo sempre alle nostre nonne. Vedendo le brutture del mondo manca proprio la carezza della nonna, che non è un tapparsi gli occhi ma avere una visione del mondo più sorridente.

Francesco Mandolini

Dal Resto del Carlino del 17/01/2015


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