Venerdì scorso, Paolo Rumiz ha presentato a San Vito al Tagliamento il suo ultimo libro: Come cavalli che dormono in piedi (Feltrinelli, 2014). Rumiz, incaricato da la Repubblica della realizzazione di un documentario sulla Grande guerra, è tornato fisicamente sul fronte di quel conflitto (partendo dalla "fine", dal Sacrario di Redipuglia), dormendo a volte nei pressi delle trincee, traendo da questa esperienza la consapevolezza che il contatto reale con i luoghi sia necessario per capire meglio la storia. Come cavalli che dormono in piedi è figlio di quel lavoro, isolando un fatto da molti dimenticato, e cioè i centomila trentini e giuliani che nella prima guerra mondiale combatterono nelle file dell'esercito austro-ungarico. Lo scrittore ha ricordato il periodo della Trieste asburgica, florido dal punto di vista economico e culturalmente vivo, e del suo non automatico destino di unione all'Italia. Il susseguirsi degli eventi storici, che ha visto il passaggio del Friuli all'Italia nel 1866 e di Trieste nel 1918, la presenza, quindi di una frontiera che divideva l'attuale Friuli Venezia Giulia, secondo lo scrittore si perpetua tuttora nelle menti delle persone che abitano il territorio regionale, alla base, ad esempio, della storica rivalità tra Udine e Trieste.
Il furto degli appunti di viaggio raccolti da Rumiz per la produzione del documentario e quindi del libro, ha portato lo scrittore a ricostruire il materiale raccolto attraverso la memoria, procedimento che ha consentito, nelle parole di Rumiz a San Vito, di aggiungere al racconto un ulteriore elemento emozionale.