Da quando sono nato, in Sardegna sono venuti in visita due pontefici: Giovanni Paolo II nel 1985 e nel 2008 papa Benedetto XVI.
Della visita di Giovanni Paolo II ho ricordi sfumati, avevo 10 anni, ma ho fissa nella memoria quell’atmosfera di evento unico e raro, come il passaggio della Cometa di Halley. Dopo qualche anno, una volta cresciuto, ho rivissuto quei giorni guardando filmati e foto e naturalmente grazie ai racconti di chi era più grande di me.
Ricordo anche che, con i miei genitori in piazza, la distanza dal palco dove era stato allestito l’altare per la celebrazione era tale da farci percepire il Papa come un puntino bianco.
Nel 2008 fu tutta un’altra storia.
Ero accreditato come giornalista, grazie a una piccola furbata e alla Reflex che allora portavo sempre al collo, riuscii a piazzarmi nel palchetto riservato ai fotografi dal quale vedevo benissimo da vicino tutto quello che accadeva.
Ricordo quando papa Ratzinger, prima scortato dalle forze dell’ordine poi in processione, raggiunse il palco dove era preparato l’altare e la sede. Mi colpì l’incedere lento di un uomo anziano che mi sembrò piccolo, piccolissimo, non solo per la statura, ma anche per il corpo esile e un po’ avvizzito. Mi chiesi in quel momento come si potesse dipingere un nonnetto così come un severo inquisitore, antipatico e scostante.
Benedetto XVI era visibilmente contento di incontrare tanta gente, sorrideva e aveva gli occhi lucidi.
Ricordo anche un’omelia bellissima e, anche in questo caso, una sensazione di “evento”, di quelle occasioni che capitano poche volte nella vita, fino ad allora per molti era capitato una volta sola, per tanti fedeli cattolici in passato non era mai capitato.
Mi viene alla mente il passo evangelico che narra della donna che da 12 anni aveva perdite di sangue e, spintonando un po’ tra la folla riesci a toccare un lembo del mantello di Gesù. Dice il Vangelo: “Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.”
Vedere il Papa da vicino, salutarlo, magari toccarlo: occasione rara.
Fra meno di un mese verrà a Cagliari Papa Francesco.
Un Pontefice che si fa abbracciare da tutti, anche baciare, che telefona di persona a chi gli invia delle lettere, che da del tu e si fa dare del tu, che fa impazzire la sicurezza per le sue frequenti trasgressioni ai protocolli, che saluta con buongiorno e buonasera la folla giunta ad acclamarlo.
Dico la verità, tutto questo un po’ mi da la senzazione che l’effetto “evento unico” sia molto ridimensionato e forse è giusto così, o forse no, ci devo pensare bene.
Trovo persino un po’ stonato e poco rispettoso nei confronti dello stile che questo Papa sta portando avanti dall’inizio del suo pontificato, che ci si scapicolli per avere un PASS per partecipare a tutti i costi di persona e sono pure sicuro che ci saranno polemiche e bisticci nelle parrocchie perché alcuni PASS permetteranno di stare in settori più “a portata di vista” e altri decisamente meno.
Tutti emuli della donna afflitta da emorragia desiderosa di toccare il lembo del mantello? O forse c’è dietro ancora una piccola mancanza di maturità a vivere questo tipo di “eventi” con spirito di fede comunitario?
Boh, non lo so, ognuno avrà la sua risposta.
Intanto Cagliari si prepara a ricevere papa Francesco con tutti gli onori del caso, non mi meraviglierei se papa Francesco decidesse di andare a pranzo a casa di un fedele incontrato per caso, l’ha fatto anche Gesù con Zaccheo che, naturalmente, non aveva il PASS.