Papa Kiril I.
Eh sì: rischio di diventare papista, nonostante sia un agnostico propendente all’ateismo.
Innanzitutto Papa Francesco mi piace. Ovviamente c’è da conoscerlo bene, e certi entusiasti della prima ora si troveranno delusi quando scopriranno le sue posizioni sul matrimonio gay, sul sacerdozio femminile e sue altre questioni cruciali del cattolicesimo. Forse questi sognatori credevano che dal conclave fosse uscito un capo sindacalista, al posto del monarca assoluta della chiesa cattolica.
In compenso mi fanno decisamente più senso tutti quegli insospettabili analisti storici che, dieci minuti dopo l’elezione del Papa, si sono scoperti grandi esperti del regime di Videla (che probabilmente sentivano nominare per la prima volta in vita loro).
C’è poco da fare: i social network sono le frontiere dei nuovi barbari. Praterie senza padroni che vengono attraversate da selvaggi urlanti e schiamazzanti, capaci di seguire il brigante che incita al saccheggio. Sì, suoi social network ci sono anch’io. Sì, mi piacciono. Come sempre il problema non è nel mezzo, bensì in chi ne fa uso.
Detto ciò, oggi vorrei in realtà parlarvi d’altro. Vale a dire di quei pontefici nati dalla fantasia di romanzieri e sceneggiatori, che spesso e volentieri anticipano gli eventi reali. Partendo da Papa Kiril I.
Questo personaggio nasce da un film quasi sconosciuto, nonostante il cast importante e la storia potente. Il film è L’Uomo venuto dal Kremlino, del 1968. Regia di Michael Anderson, con Anthony Quinn nei panni dell’arcivescovo di Leopoli, Kiril Lakota, diventato indigesto al regime sovietico e internato in un gulag per ben vent’anni. Liberato grazie a un accordo con una delegazione vaticana, Lakota riceve asilo a Roma, dove il Papa lo ordina cardinale.
Alla morte del pontefice ne riceve, con grande sorpresa del mondo intero, la pesante eredità. Lakota prende il nome di Kiril I. Si dimostra un Papa progressista, profondo innovatore di una chiesa rigidamente conservatrice. Il mondo gli chiede però soprattutto un impegno: quello di frenare il dittatore cinese Peng, pronto a muovere guerra contro l’Unione Sovietica per salvare il suo paese da una feroce carestia. Lakota trova una soluzione che è destinata a cambiare per sempre il mondo: spoglia la Chiesa di tutti i suoi beni per aiutare il popolo cinese, scongiurando così la Terza Guerra Mondiale.
Il film anticipa di dieci anni l’avvento di Giovanni Paolo II, il Papa che più di tutti ha contribuito a far finire la guerra fredda. Col senno di poi potremmo dire che Kiril I ha in qualche modo incarnato ciò che forse sarà il pontificato di Papa Francesco.
Papa Celestino VI.
Troppo facile parlare poi di Habemus Papam, film di Nanni Moretti, recentemente citato da qualsiasi quotidiano, blog e talk show. La storia narrata ricorda, per sommi capi, ciò che è successo con la storica abdicazione di Benedetto XVI, anche se in questo caso il pontefice morettiano, il cardinale Melville, rifiuta il papato a conclave appena concluso. I confratelli cardinali sono quindi obbligati a chiedere l’aiuto di un noto psicanalista, per cercare di convincere Melville ad accettare il ruolo impostogli dallo “Spirito Santo”, ossia quello di Papa Celestino VI. Come finisce il fim? Non voglio rovinarvi la sorpresa con sgraditi spoiler, tuttavia nella pagina Wikipedia dedicata ad Habemus Papam trovate la soluzione a questo piccolo enigma.
Caso singolarissimo è quello della Papessa Giovanna, figura narrata sia nel romanzo di Donna Woolfolk Cross che nel film del 2009 di Sönke Wortmann, La Papessa. La storia raccontata si rifà a una nota leggenda medioevale, che parla di una donna, Giovanna, salita al soglio pontificio dall’anno 855 al 859, fingendosi uomo. Il suo nome pontificale è quello di Giovanni VIII, anche se nel film viene nominato solitamente come Giovanni Anglicus. La faccenda è affascinante ma controversa, con pochissime probabilità di riscontri nella verità storia, nonostante ciò che afferma l’autrice del romanzo. E’ comunque una vicenda abbastanza curiosa, tanto da meritare una visione o una lettura.
Papa Giovanni Clemente I.
Ispirato a un altro romanzo, Morte in Vaticano ci regala un altro pontefice immaginario, Papa Giovanni Clemente I, cardinale Adriani. Eletto a sorpresa, predica una chiesa povera (vi ricorda qualcuno?), un ritorno alla carità e alla spiritualità. Lancia così un’enciclica, Rennovatio Ecclesiae, che si annuncia come rivoluzionaria. Purtroppo per lui gli intriganti cardinali più conservatori tramano per fermarlo, al punto da pianificare la più tragica soluzione al papato di Adriani.
Sì, i riferimenti al pontificato di Giovanni Paolo I – Papa Luciani – sono voluti e accusatori.
Nella fantascienza è impossibile non citare il dittico di Dan Simmons, Endymion e The Rise of Endymion, a loro volta seguiti del dittico di Hyperion. In un futuro in cui l’umanità si allargata e diffusa in tutto lo spazio, la chiesa cattolica, data per morente, recupera la sua antica possanza grazie all’utilizzo di un parassita alieno, il crucimorfo, che garantisce l’eterna resurrezione dalla morte ai veri credenti.
Nella saga vediamo succedersi due pontefici: Papa Teilhard (ispirato ovviamente al gesuita Teilhard de Chardin) e Papa Giulio IV, sua reincarnazione. A loro segue il terzo Santo Padre, il più spietato: Papa Urbano XVI, che proclama una crociata galattica in nome del crucimorfo.
Altra figura rimarchevole è il santo padre messicano, Papa Gregorio XVII, immaginato dallo scrittore statunitense Joseph Thornborn, autore di due thriller a sfondo vagamente esoterico, Il Quarto Segreto e L’Ultima Rivelazione, pubblicati in Italia da Piemme. Tra profezie, terorrismo, un punto di vista favorevole al cattolicesimo e alcuni spunti narrativi azzeccati, sono romanzi che vi consiglio di recuperare, se vi capitano sottomano a pochi euro, nelle bancarelle dell’usato.
Papa Giovanni XXIV è il pontefice immaginato e citato nella pessima saga reborn christian Left Behind, del predicatore statunitense Tim LaHaye, un autore da noi poco noto, ma che in patria ha venduto più di Stephen King, soprattutto negli anni bui della presidenza George W. Bush (a sua volta cristiano rinato).
Il Cyberpapa.
Per un vecchio giocatore di ruolo come me è impossibile non citare il Cyberpapa Jean-Malreaux I, personaggio non giocante di gran spicco del GDR Torg. Signore assoluto del Cyberpapato, monarca secolare e digitale di Francia, Spagna e di alcuni altri paesi balcanizzati, Jean-Malreaux ha un potere assoluto e totale. Divino, insomma. Non a caso il suo strumento di governo la rete informatica conosciuta come GodNet, utile soprattutto per simulare miracoli e prodigi a sostegno di Sua Santità. L’unica cosa che gli si può obiettare è il ruolo: più antipapa, che non Papa. Non a caso regna da Avignone.
Nel romanzo Un cantico per Leibowitz, di Walter M. Miller, ottimo affresco postapocalittico scritto nel 1959, non manca la figura del pontefice. La cosa non deve soprendere, visto che il libro è incentrato proprio sul ruolo della Chiesa Cattolica in questo nuovo medioevo post-catastrofista. Anzi, di Papi immaginari ce ne sono alemeno tre, uno per ciascuna parte del romanzo: Papa Leone XX, Papa Leone XXI, Papa Benedetto XXII. Per saperne di più vi rimando alla pagina Wikipedia del romanzo, piuttosto esauriente.
Chiudo questa rassegna citando un romanzo italiano, pubblicato nella collana Urania nell’anno 2000. Parlo di Inferi on Net, di Roberto Genovesi, in cui si ipotizza un futuro prossimo nel quale tutti gli esseri umani sono connessi permanentemente a internet grazie a innesti cerebrali. Il Diavolo, reale e concreto, sta sfruttando queste nuove tecnologie per possedere le anime più vulnerabili. Per questo il Vaticano ha rivoluzionato l’ordine degli esorcisti, trasformandoli in esperti di informatica e di realtà virtuale. Peccato che la chiesa di questo futuro distopico sia ridotta a una ben misera potenza secolare e morale, retta da Papa Beda Giosafat I, primo pontefice africano.
Con questo è tutto, andate in pace.
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