Certe volte, ci si deve adattare. In fila indiana, uno dietro l’altro, senza chiedersi dove si stia andando e perchè, si prosegue il proprio cammino, a ritmi forzati. I giorni passano, le ore lavorative si susseguono apparentemente diverse, ma tutte identiche adesso che so quali fili tirare, quelle di studio (stiamo parlando – ricordo, di pasticceria e, nel breve, di sfoglia e lievitati ,o, meno di frequente, di disegni a matita) capitano intensissime e divertenti, quelle libere alternano momenti vorticosi da liste di cose da fare a attimi di inerzia apatica.
Cinque giorni liberi, sotto Pasqua, come manna dal cielo, tre giorni lavorativi intensi e poi di nuovo un fine settimana tranquillo e di sole, prima di riaggregarmi al pulmino delle papere marcianti. Ho fatto in tempo a vedere La famiglia Belier – una bella risata – e tentare di guardare American Hustle (perchè guardare un film su inciuci statunitensi fine anni settanta quando ce ne sono tantissimi qui e freschi di giornata?) e un altro paio di robe così inutili che me ne sono già dimenticata il titolo. Sono riuscita a camminare un po’, a farmi una bella chiacchierata con un’amica che vedo poco, una con un amico che vedo altrettanto poco, a lavare chilate di roba, a giocare con piantine e semine da orto in terrazzo – quest’anno direttamente in cassetta, al posto dei gerani -, a leggere un paio di libri piacevoli, tra cui Amore, cucina e curry, a scrivere email ad amici che vedo poco – ah, Madrid, come mi manca, adesso – , a pulire qua e là e a recuperare il sonno perduto.
Sono quasi pronta a rimettermi in marcia, dietro le papere indiane. Prima però devo riparare un errore “gravissimo” dell’hd del mio mac. Oppure diventare neo luddista, e ricominciare ad usare carta, penna, calcolatrice ( e ipad).