1994
Hong Kong
Regia: Danny Lee, Herman Yau
Scritto: Law Kam Fai
Cult ben conosciuto fra gli appassionati di cinema orientale, tant'è che viene ricordato fra gli horror/thriller di Hong Kong di maggior rilievo e collocato nell'insieme dell'exploitation e qualche suo sottogenere, ad esempio la shoxploitation. Si proclama basato su un fatto di cronaca davvero accaduto, una delle sue locandine recita: "based, unfortunately, on a real events", ed effettivamente la storia è verosimile, aggiungiamo anche noi purtroppo.
Wong Chi Hang fugge da Hong Kong, dove ha perpetrato un omicidio, per rifugiarsi a Macao, vivendo con la gestione di un ristorantino; ma il lupo perde il pelo, è proprio il caso di dirlo visto che nel passaggio cambia aspetto fisico rasandosi, ma non il vizio.
C'è poco da sottovalutare nel giudicare questo film. Per quanto citato come violento e basta, è realizzato di tutto punto: è anche comico, oseremmo dire con una soffiata slapstick, ma prevedibilmente siamo sempre entro un ambito grottesco, che parte molto marcato all'inizio e va, volutamente, man mano affievolendosi per far posto alla serietà. I personaggi da sorriso tirano fuori lati truci, le vicende da prese sottogamba diventano meritorie di seriosità, fino al climax finale. Ciò spiazza lo spettatore, che si ritrova a dover sgranare gli occhi, provando disagio per la violenza perpetrata, mai sopra le righe, ma cinica, freddissima e schematica, con tanto di ornamentale cliché cinematografico che non sveliamo. Questo fa di The Untold Story, come conosciuto internazionalmente, una pellicola sconsigliata non solo ai deboli di stomaco, recettivi al lato organico, ma anche a coloro di facile turba psichica, perché qui "non si fanno prigionieri", ce n'è per tutti, anziani e bambini compresi, e pure per il protagonista, il premiato miglior attore agli Hong Kong Film Award del 1994, Anthony Wong Chau-Sang. Dopo la visione c'è da avere un diverso rapporto empatico con i tipici ristoranti di Repubblica Popolare Cinese e sue amministrazioni speciali, magari abbandonando il sogno di visitare questi luoghi. Perché è il desiderio di milioni di italiani mangiare in un posto tipico di Macao, nevvero? A proposito: interessante, per i più attenti, l'ambientazione, utile a rendere idea di come poteva essere la vita nel luogo, ancora sotto gestione portoghese. Presenti anche parallelismi fra la regione e Hong Kong, e brevissimamente anche con la Cina continentale, forse voluti, forse una critica all'uno o all'altro, chissà!
Score musicale minimo, molta più importanza ai dialoghi.
In lingua cantonese, ma ben reperibile sottotitolato in italiano, grazie ai soliti benemerti che ci permettono di gustare queste perle.
Ha avuto due seguiti, oggi definiti "reboot", con vicende slegate dall'originale.
Il regista Danny Lee è anche produttore ed interprete della figura dell'ispettore.