Maurizio Iaia, referente della Dietetica di comunità per l’Unità operativa Pediatria e consultorio familiare, è uno dei più entusiasti in materia: “Il bambino non è più un passivo ricevitore di pappe semiliquide prescritte dall’industria alimentare. L’età alla quale è pronto per essere svezzato non dipende da esigenze socio-economiche, come il business del commercio e i bisogni delle mamme che lavorano. Al contrario, il bambino è pronto se riesce a stare seduto, se la testa resta allineata al tronco in modo che il cibo possa transitare in modo regolare, se coordina occhi-mani-bocca, se è capace di masticare e se si eccita davanti ad una tavola imbandita, mostrando interesse per il cibo che c’è sopra".
Intorno ai cinque o sei mesi, l'ex poppante è quindi in grado di mangiare esattamente le stesse cose dei genitori, che volenti o nolenti diventeranno più attenti alla loro alimentazione. Sotto l'anno di età, solo il miele è bandito. Per il resto, via libera a verdure, frutta, carne, pesce, pasta, riso, pane e anche ad un po’ di cioccolata, se capita. Altro che fragole da censurare e uova da rimandare: “Gli studi hanno dimostrato che prima di somministrano i cosiddetti cibi allergenici, meno il bambino svilupperà allergie. E’ l’esatto contrario di quello che è stato detto per decenni”.
Attenzione solo alla forma e alla dimensione dei cibi proposti. Se l’alimento ha bene o male la dimensione del pugno del lattante, se ha una forma allungata in modo che sia facilmente afferrabile, allora va bene. No, quindi, a piselli, pomodorini, noccioline, chicchi d’uva, che essendo tondi potrebbero andare di traverso. Ma se la forma cambia, le loro caratteristiche nutrizionali non daranno problemi. Se dall’acino si tolgono pelle e semi, per fare un esempio, anche l’uva è ideale. E da qui tutto ciò che vi viene in mente: “Bastoncini di formaggio solido, pere e mere a grossi pezzi, strisce di pane tostato, stick di cetrioli crudi, patate al forno tagliate a strisce, fagiolini, pezzetti allungati di pesce al vapore senza spine”.
I pregi? Risparmio economico, autonomia del bambino, condivisione del momento del pasto con la famiglia. E la sana alimentazione - si dà il caso - resterà un'abitudine di tutta la famiglia.