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Paraguay: la morte di Lino Oviedo semina dubbi sulle prossime elezioni

Creato il 11 febbraio 2013 da Eldorado

È scomparso nel silenzio di una notte piovosa nel cuore della campagna del suo Paraguay mentre, ancora una volta, faceva propaganda in vista delle prossime elezioni del 21 aprile. È morto così, nello schianto dell’elicottero in cui viaggiava, Lino Oviedo, discusso e controverso protagonista della vita politica paraguayana degli ultimi trenta anni.
La sua morte, a meno di tre mesi dalle elezioni, risulta alquanto opportuna a quanti lo hanno avuto come avversario e, spesso, come nemico. Oviedo è sempre stato un personaggio scomodo, uno di quelli fatti alla vecchia maniera per intenderci, che calza perfettamente nello stereotipo dell’America latina da celluloide, marcata da colpi di stato, piña colada e balli tropicali.
Nato povero sessantanove anni fa nella località di Juan de Mena, aveva scelto da adolescente la carriera militare, come tanti suoi coetanei e conterranei in cerca di riscatto ed opportunità. Quando riesce ad entrare alla Scuola ufficiali, i suoi superiori lo mandano a studiare in Germania, paese che rappresenterà sempre per lui il parametro con cui misurare l’ideale di civiltà che avrebbe voluto adottare in Paraguay. Militare in una delle più ferree dittature latinoamericane, quella di Strossner, Oviedo trova nell’unica maniera conosciuta come liberarsi del despota paraguayano: con un colpo di Stato. È 3 febbraio 1989 (ironia della sorte, sarà anche un 3 febbraio il giorno della sua morte) quando assieme ad un gruppo di ufficiali depone Alfredo Strossner e consegna il Paraguay alla democrazia. Per lui si apre la gloria militare, grazie anche all’influenza di cui gode all’interno del potente Partido Colorado che lo spinge in pochi anni a ricoprire la più alta carica all’interno delle Forze armate. È un uomo del potere Oviedo, ma anche terribilmente ambizioso ed il 22 aprile 1996 si alza contro il presidente Wasmosy, che lo vuole rilevare dall’incarico: il suo movimento non ha il seguito che si era aspettato e il generale finisce in manette. A partire da questo momento, il Paraguay diventa pericoloso per Oviedo. Wasmosy ed il suo vice-presidente, José María Argaña riescono a mandarlo in carcere per due volte e lui per due volte riesce a farla franca. Si butta in politica, ma nel 1998, ad un mese dalle elezioni il Tribunale militare lo condanna a dieci anni di carcere per insubordinazione. Raúl Cubas, che prende il suo posto, vince le elezioni, ma non dura molto nell’incarico. Cubas fa di tutto per ottenere il rilascio di Oviedo scontrandosi con l’ostinazione di Argaña, che –oltre ad aver ottenuto di nuovo la carica di vicepresidente- rappresenta gli interessi degli ultra-conservatori che l’hanno giurata all’ex generale. La mattina del 23 marzo 1999 un commando uccide Argaña nelle strade di Asunción, scatenando l’ira dei colorados: Cubas, pochi giorni dopo, è costretto a dimettersi.
I sospetti su Oviedo in veste di mandante sono più che leciti. Lui rifiuta le accuse, ma intanto cerca di organizzare un ennesimo golpe che fallisce. Arrestato, riesce infine ad ottenere lo status di rifugiato politico in Brasile. Tornato in Paraguay nel 2004, nei seguenti tre anni si dedica a difendersi nei vari tribunali e nel 2007 si trova con la fedina immacolata e con la possibilità di ritornare a fare politica. Lo fa immediatamente, ma perde le elezioni che porteranno Fernando Lugo alla presidenza, contando però con un influente 22% che farà valere il suo peso nel Congresso.
Con l’impeachment a Lugo e la presidenza pro-tempore di Franco, in Paraguay le nuove elezioni vengono fissate per questo aprile.  Oviedo si getta come sempre nella contesa con il suo partito UNACE (Unión Nacional Ciudadanos Éticos), raccogliendo migliaia di sostenitori e proponendosi come uno dei possibili vincitori. La sua morte improvvisa apre le porte ad una nuova vittoria del Partido Colorado, il cui candidato è questa volta Horacio Cartes, l’imprenditore di turno con velleità politiche (anche lui ha una squadra di calcio, ricorda qualcosa?). Cartes è apparso nei mesi scorsi più volte nei carteggi segreti rivelati da Wikileaks, che lo mettono in relazione con le mafie internazionali e differenti attività illecite. Lui smentisce, ma intanto il Paraguay, appartato per sempre l’esperimento sociale e sodale di Fernando Lugo, tornerà nelle mani dei padroni di sempre.
Articolo apparso in esclusiva sull’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/


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