Le recenti consultazioni elettorali in Paraguay riportano dopo soli quattro anni al potere il “Partido Colorado” con la presidenza di Horacio Cartes eletto con il 45% dei consensi rispetto al principale sfidante del Partito Liberale Efrain Alegresuo (che ne ha ottenuto circa il 37%) e con la maggioranza dei seggi sia alla Camera dei Deputati che al Senato. La tornata elettorale, dunque, riconsegna il potere in mano ai conservatori nazionalisti che avevano governato il Paese senza soluzione di continuità per ben 61 anni (sostenendo per 35 anni la dittatura del generale Alfredo Stroessner) e precisamente fino al 2008, anno in cui alla guida del Paese si imponeva l’inedita amministrazione di centro-sinistra presieduta da Fernando Lugo.
Non c’è ombra di dubbio che questo risultato rappresenti l’epilogo degli eventi dello scorso giugno 2012, allorquando il Senato attivando i suoi peculiari poteri di rimozione del capo dello Stato per un giudizio politico, destituiva il Presidente Lugo con 39 voti favorevoli e quattro contrari. Detta destituzione, meglio nota come “colpo di stato parlamentare”, avveniva in modo frettoloso e sommario sfruttando l’occasione di una tragica sommossa contadina della provincia orientale di Canindeyu contro un proprietario terriero originata dall’annosa questione della redistribuzione della terra e, più in dettaglio, consistente nel fatto che l’85% delle terre (circa 30 milioni di ettari) sono possedute da solo il 2% dell’oligarchia agraria. La tragedia, che è costata la vita a ben 17 persone, ha rappresentato una occasione utile e colta al volo (appena una settimana dopo) dagli avversari di Lugo per estrometterlo dalla Presidenza con l’accusa di aver fomentato “la lotta tra ricchi e poveri”. Anche se Lugo nei suoi quattro anni di governo non aveva mai attaccato direttamente gli interessi delle oligarchie nazionali disattendendo quelle che erano state le promesse fatte al suo elettorato (una su tutte proprio la riforma agraria), tuttavia aveva avuto il pregio di aprire spazi di democrazia all’interno del Paese, infrangendo il sistema partitico che aveva ridotto il Paraguay ad essere una specie di semi-Stato con una vuota democrazia formale resa dalla complicità tra il Partito Colorado e il Partito Liberale1.
Ma cosa che ancor più ha destato preoccupazione tra i fautori della destituzione dell’ex Presidente è stato lo sviluppo di un serio dialogo portato avanti da Lugo nella politica di integrazione latinoamericana, essendo egli figlio politico dell’ondata di governi che ha spinto l’integrazione della regione attraverso MERCOSUR, UNASUR e CELAC. Come è ovvio, questo tipo di integrazione economica viene percepita dagli Stati Uniti come una sorta di insuccesso, o quantomeno di ostacolo, per la realizzazione di quell’obiettivo strategico centrale che, nonostante il loro indebolimento, rimane quello di incorporare i paesi della regione nella loro economia2 annettendo Brasile e Argentina – le due maggiori economie del Sud America – al fine di ampliare il margine di manovra delle aziende statunitensi e di liberalizzare il commercio di beni, servizi e capitali. Obiettivo che, com’è noto, si scontra con le priorità del MERCOSUR, la cui premessa è la preferenza nei suoi mercati delle aziende sudamericane (nazionali o estere) presenti nei territori degli Stati membri, rispetto a quelle che si trovano al di fuori di quest’area, ed in particolar modo di quelle statunitensi3. La nuova, e dopo il “colpo di Stato” assai prevedibile, situazione politica emersa dalle urne potrebbe trasformare il Paraguay – il cui 40% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e in cui dominano le “oligarchie rurali” – in una sorta di cavallo di Troia utile per la destabilizzazione dell’area. In questo senso ne è stata chiara dimostrazione nel corso degli ultimi anni l’atteggiamento mantenuto dai Senatori appartenenti alle formazioni del Partito Colorado e del Partito Liberale (che oggi costituiscono, rispettivamente, maggioranza e opposizione di governo) che, ostili ad una compiuta integrazione sudamericana, hanno ripetutamente posto il veto all’ingresso del Venezuela all’interno del MERCOSUR, reso di fatto possibile solo lo scorso 31 di luglio proprio a seguito della sospensione del Paraguay dall’organizzazione, successiva all’impeachment ai danni di Fernando Lugo.
La vittoria della coalizione di destra in Paraguay pone ulteriori ed importanti questioni, una su tutte quella concernente lo sfruttamento e le alleanze per la gestione delle risorse idriche presenti nel territorio. Il Paraguay è un paese ricco di fiumi, tutti navigabili, è tra i maggiori produttori di generi alimentari, ha un grande potenziale di energia idraulica, e, soprattutto, possiede una parte della falda acquifera Guarani4– meglio nota come “Acuífero Gigante del Mercosur” o “Sistema Acuífero Mercosur” – considerata fino ad oggi il terzo più grande serbatoio sotterraneo di acqua dolce del pianeta. Il Paese, inoltre, condivide con il Brasile la diga di Itaipú e con l’Argentina la diga di Yaciretá. Dunque, se si tiene conto che l’emergenza idrica è stata richiamata a più riprese e in vari ambienti (convegno di Davos nel 2011; stime della Banca Mondiale; Global Trends 2030) e se a ciò si associa la scarsità di terreni fertili che ha scatenato il dilagante fenomeno del land grabbing, ci si rende conto che il Paraguay, e più in generale l’America Latina, proprio per la notevolissima quantità di acqua e di terra disponibile rappresenti una riserva strategica per l’intero pianeta.
Alla luce di ciò, non è improbabile che la “nuova” compagine politica destabilizzi la sicurezza della regione dal momento che è nota la sua disponibilità a collaborare con il governo e le aziende statunitensi. Eventualità ancora meno remota se si pensa che gli USA già cominciano a risentire degli effetti della carenza idrica, in particolare negli Stati del Nuovo Messico, California e Texas5. In definitiva, per le argomentazioni rese, può ritenersi che la politica della “nuova” amministrazione potrebbe indebolire o comunque ridimensionare gli attuali margini di autonomia e di manovra dei paesi della regione sudamericana rappresentando, quindi, una sorta di pistola puntata alle tempie del progetto di integrazione del sub continente, a maggior ragione se si pensa che il Paraguay occupa geograficamente l’area centrale dell’America Latina condividendo, in particolare, la frontiera con Bolivia, Argentina e Brasile (quest’ultimo, in particolare, che mira a divenire una potenza globale non potrà certo permettersi un confine instabile). A ciò si aggiunga l’altra problematica e delicata questione della “Tripla Frontera” dove ormai da anni il Comando Sud degli USA pianifica di porre una presenza maggiore per controllare presunti gruppi terroristici internazionali6.