Paranormal Activity – Trilogy

Creato il 06 gennaio 2012 da Elgraeco @HellGraeco

Stavo per intitolare questo articolo Materia Organica Anfibia³, e sono serio. Ma, dopo aver curiosato nelle specifiche box office/business relative ai tre film di Paranormal Activity, non ho potuto.
Questo tipo qui, a lato, con l’espressione da wannabe figo che la sa lunga, irrimediabilmente soddisfatto del proprio operato risponde al nome di Oren Peli. Costui, aspirante regista, un bel giorno rinviene, per terra nella propria cucina, un flacone di detersivo per piatti, caduto dal mobile lì accanto ma, a suo dire, troppo distante dallo stesso per essere semplicemente scivolato. BAM! Si accende la lampadina di Archimede Pitagorico. Moltiplichiamo questo effetto all’infinito, oggetti che cadono per n film, ci mettiamo due attori pagati due lire ciascuno che devono fingere di sobbalzare, una videocamera e lo vendiamo alla Paramount che, paracula (in assonanza col nome), evita di mostrare simboli nei titoli di testa e coda, ma acquista comunque i diritti. Se il film farà cagare, ci avranno perso poco, se invece avrà successo… In più, dal nulla, si materializza Steven Spielberg che, non sappiamo in che termini, suggerisce un nuovo finale (ne esistono ben tre).
Scatta l’applauso.
I risultati di tale associazione d’idee e menti sono questi: 10 o 15.000 dollari investiti per il primo film, circa 200.000.000 guadagnati, sempre per il primo film.
Gli attori sono stati pagati 500 dollari ciascuno, anche se, adesso, a fronte della ciclopica presa per il culo e del contratto capestro fatto loro firmare, si dice siano in trattative per aumentare la cifra pattuita.
In più, la sconcertante consapevolezza che al pubblico americano del cinema non gliene frega più niente. Basta una telecamera di numero, due attori, una casa che, udite udite, è la casa di Peli, agghindata per l’occasione (e magari le spese di ristrutturazione le ha pure scaricate dalle tasse), e il fantasma che sposta gli oggetti. Oooohh di meraviglia, con le vostre boccucce spalancate, vi vedo.
Se volete diventare ricchi da far schifo, questa è la ricetta.

***

Peli è la mente diabolica dietro tutti e tre i film. Tre film e un solo articolo, questo. Perché altrimenti avrei dovuto scriverne altrettanti tutti uguali, dato che la trama è identica e, dalla prima botta di culo del 2007, s’è deciso di creare questa specie di epopea demoniaca-familiare che vede sempre gli stessi individui o rami della famiglia, alle prese sempre con lo stesso demone che rompe i coglioni e fa sempre le stesse cose per trent’anni. I due seguiti altro non sono infatti che due prequel del film del 2007. Incredibile, ma vero.
Gli attori non sono attori, come viene scritto in sovrimpressione all’inizio, e questo filmato è autentico. Cornice vecchia quanto Boccaccio e la sua villa dove si narravano racconti ai tempi della peste, fatti reali. Basta questo, e il pubblico va in visibilio esattamente come nel 1300. Però, Boccaccio aveva classe e consapevolezza.
Qui Peli ha due attori mediocri, ancorché lei sia carina, e una videocamera. I due vanno a letto, e Peli presumibilmente, se ne sta giù a fare casino, tirare calci, rompere vetri, far cadere mazzi di chiavi.
Sul serio, sono allibito dal fatto che basti questo a diventare self made director, wannabe fighi come nella foto lì sopra. Ma, ehi, è la realtà.

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Katie e Micah, fidanzati, decidono di filmare i fatti strani che accadono nella loro casa da qualche giorno. Voci nella notte, rumori, oggetti che si spostano, rubinetti che si aprono e “rumori di unghie strisciate sulle pareti”. Chiamano anche un sedicente esperto di paranormale, probabilmente una comparsa a cui è stato dato un panino, come paga, il quale dopo aver sentito la faccenda delle unghie è piuttosto sicuro: non è un fantasma, è un demone! E sono cazzi acidi, perché ‘sto demone, ce lo dice Katie, le sta dietro fin da quando aveva otto anni. Uno stalker che le soffia nell’orecchio mentre lei è seminuda a letto.
La negatività, il fatto che i due utilizzano la telecamera per riprendere il demone, o i suoi fenomeni, e l’utilizzo di una tavola ouija che Micah vorrebbe tanto adoperare, avvisa l’esperto, faranno incazzare il demone. E loro che fanno? Tutto quello che è compreso nella lista, più qualche altra cosa carina come chiamare il demone coglione o impotente e buono a nulla.
I fenomeni aumentano notte dopo notte, fino a quando il demone non si porta la bella Katie in soffitta per farci le zozzerie (leggasi possederla). È uno a cui piace il sesso spinto, infatti le mozzica la schiena.
Poi arriva il finale di Spielberg, e giù gli applausi.
E fin qui, devo dire che almeno qualche sobbalzo meccanico, il primo capitolo me l’ha regalato. Niente di che, e soprattutto già dimenticato dopo dieci minuti.
Esperimento fortunatissimo, ‘sto film e stop, finisce la storia. O almeno dovrebbe.

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Ma il fatto è che avere tra le mani la gallina dalle uova d’oro, rende chiunque un wannabe affarista, in più con chance di riuscita vicine al 100%. E allora che si fa? Si imbastisce una ridicola storia familiare, a base di possessioni e manifestazioni che vanno avanti dagli anni 80, si aggiunge il bambino concupito dall’entità maligna, in quanto unico maschio nella genealogia familiare dagli anni 30 del Novecento (e mi dovrebbero anche spiegare come), una cameriera messicana, immigrata irregolare, che scaccia il maligno con rametti di salvia incendiati e olio d’oliva (non m’invento nulla), la solita famigliola ammericana, però moderna, papà risposato con mamma (sorella di Katie), figlia adolescente, bambino piccolo e cane pastore e si fa il seguito. Stavolta non solo telecamera a spalla, ma fisse alle pareti, come il Grande Fratello Spiritico. Il demone è sempre lui, e fa le cose da demone, rumore, apre e chiude le porte, maltratta il cane, e si trascina la mamma in cantina, per assestarle un mozzico tra le cosce. Lussurioso…
In che modo, questo secondo capitolo è un prequel del primo film? Perché, i parenti serpenti di Katie, dopo aver omaggiato REC in cantina, con tanto di telecamere a infrarossi e indemoniata che spunta dal nulla e fa le faccette alla telecamera, tramite il prezioso aiuto della cameriera messicana trasferiscono la maledizione sulla povera Katie, che torna a casa dal suo Micah per dare inizio al primo capitolo. Qui c’è del genio… con ironia.

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Terzo capitolo… come fare a riproporre lo stesso film per la terza volta e non essere sommersi di pernacchie, e in più guadagnarci centinaia di milioni di dollari? Ecco l’idea! Si torna negli anni ottanta e si mostra, in vhs, l’infanzia tormentata dal demone di Katie e della sorella Kristie. Si recupera arredamento anni ottanta, figo a vedersi, una vecchia telecamera a nastro magnetico, con le scritte sgranate in sovrimpressione e si dà quella sfumatura ampollosa e seriosa tipica del periodo… certo come no.
Stessa storia, il demone comincia ad accendere e spegnere le luci, spostare oggetti, camminare nel corridoio, dare noia alla mammina sexy. Però… lo fa addobbato alla maniera eighties, anche se invisibile.
Il demone è un cucciolone capriccioso che prende ordini da Kristie. Le parla tutte le notti e le chiede delle cose. Se lei non esegue, lui spacca tutto.
Ma non finisce qui, perché è proprio la famiglia di Katie che è la culla del male, un po’ come i vecchietti del Dakota Building di Polanski che giocano a evocare il Principe delle Tenebre, ma senza stile. E perché, volevate pure lo stile? Qua quello che conta sono i soldoni. E infatti, come per i capitoli precedenti, anche questo è un successone.
E non è mica finita qua. Perché pare ci sia in cantiere un quarto capitolo. Magari si scoprirà che la famiglia di Katie stava dalle parti di Salem e giocava alle fanciulle possedute. E voglio vedere che scusa si inventeranno adesso per riprendere tutto, magari useranno la Delorean.
Insomma, due palle così, per un totale di non-film di quattro ore e mezza, minuto più, minuto meno. E ora, se ci tenete, spiegatemi il perché delle recensioni ultra entusiastiche che è possibile leggere in rete, specie su IMDb.
Dalla merda nascono i pomodori più succosi. Lo sa ogni buon contadino. Lo sapeva anche Peli, evidentemente. Il ricco e felice Peli.
Ad maiora.

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