Parchi senza frontiere: cooperare per l’ambiente

Creato il 16 settembre 2010 da Progettiambiente

Un autobus GTT al Parco Urbano di Ouagadougou (Burkina Faso)

Nell’immaginario generale i parchi e le riserve naturali sembrano essere tra le realtà maggiormente ancorate al territorio locale, del quale si fanno protettrici e per il quale intraprendono azioni di tutela e promozione. Sebbene tutto ciò sia vero, non è esclusa, per i parchi, la possibilità di intraprendere relazioni con l’esterno e con realtà anche molto lontane.

Un ottimo esempio di questo tipo di azioni è costituito dalle iniziative promosse dalla “Rete dei Parchi Piemontesi e Saheliani” che dal 1997, affiancata da un gruppo di Ong locali, ha intrapreso una serie di progetti di cooperazione decentrata i quali hanno portato allo sviluppo di una serie di relazioni biunivoche tra aree protette piemontesi e saheliane.

Il progetto può essere classificato all’interno delle attività definite di cooperazione ambientale internazionale, auspicate sin dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro e caratterizzate dalla promozione di azioni destinate a conservare e proteggere gli ecosistemi terrestri e marini, nonché a ristabilire la salute e l’integrità degli ambienti degradati, soprattutto nei paesi più a rischio e dotati di minori risorse economiche per intervenire. Nonostante si tratti di un obiettivo primario e condiviso, a parole, da tutti i cosiddetti “grandi della terra”, la cooperazione di tipo ambientale si situa soltanto al 12° posto su 17 settori di intervento individuati dall’OCSE[1] e ordinati in base alla quota di stanziamenti ad essi destinata sotto forma di progetti di cooperazione multilaterale e bilaterale.

È in questo triste quadro che la cooperazione decentrata, ossia quella promossa dagli enti locali, dalle aree protette, dalle università o dalle scuole e che porta allo sviluppo di un rapporto di lungo termine fatto di scambi reciproci tra enti omologhi, può costituire l’alternativa. Alternativa adatta ad affrontare soprattutto problematiche di tipo ambientale e quindi territoriale, poiché portata avanti da attori consapevoli dell’importanza delle reti e delle dinamiche locali, anche all’interno di problematiche globali come può essere la tutela dell’ambiente.

Nel quadro dell’esperienza piemontese ben 8 Parchi Regionali piemontesi sono impegnati istituzionalmente e operativamente con 10 partner a loro omologhi dell’Africa Occidentale e altri 4 sono impegnati in altre aree del mondo. Il progetto di cooperazione decentrata ha avuto fin dall’inizio due obiettivi principali: lo scambio di conoscenze e l’educazione ambientale, accanto ai quali si sono sviluppati via via altri obiettivi legati ai casi specifici delle realtà coinvolte.

Nonostante il successo di questo progetto, dimostrato dalla longevità delle relazioni e dalla numerosità dei progetti finanziati, sono ancora poche le attività di cooperazione promosse dalle Aree Protette italiane. Tuttavia secondo Federparchi, all’interno della quale è stato creato un gruppo di lavoro per la cooperazione internazionale, “cooperare significa andare verso un miglioramento generale delle competenze, agire meglio verso i propri obiettivi istituzionali di tutela dell’ambiente, inteso come bene comune, creare nuove opportunità di sviluppo sostenibile e duraturo, specialmente nei paesi in via di sviluppo, e operare attivamente contro la povertà e a favore della salute. Infine, cooperare serve a sviluppare quella cultura della pace che è divenuta sempre più essenziale. Un parco fa cooperazione internazionale perché tale valore etico è nel suo DNA.”

Autore: Margherita Cisani


[1]