Merito senza dubbio di una pianificazione urbanistica che già a partire dalla seconda metà del seicento aveva dato disposizioni ben precise: l'edificio infatti poteva avere una larghezza massima di cinque finestre, non una di più, e per quanto riguarda l'altezza poteva raggiungere al massimo 48 piedi, misurati dal piano del marciapiede al filo del cornicione. Intorno alla fine del settecento un nuovo editto aumenta l'altezza a 54 piedi (circa diciassette metri e mezzo), che consentono di portare gli edifici da cinque a sei piani. François Mansart poi,
geniale architetto attivo nella prima metà del seicento, si inventa la maniera di ricavare un ulteriore piano (e qualche volta addirittura due) in più, giocando su una maggiore inclinazione del tetto e piazzandoci dentro delle finestre.
Con questa trovata progettuale semplice come l'uovo di Colombo Mansart regala a Parigi una delle caratteristiche che la rendono unica,
e si garantisce una citazione in tutti i testi di architettura che verranno stampati da lì all'eternità. Si dovrebbe meritare anche la riconoscenza imperitura di palazzinari e speculatori edilizi, ma per essergli grati, questi signori dovrebbero averlo per lo meno sentito nominare, e al proposito io la mano sul fuoco non ce la metto.
Un'altra spiegazione della mirabile uniformità delle facciate parigine sta nel fatto che qui più che in ogni altra città si sono costruite case da reddito, e dunque non progettate per un inquilino definito come poteva essere un committente-proprietario, ma per una utenza estremamente mutevole e difficilmente prevedibile.
....Mentre gli edifici privati richiedono un carattere individuale in cui si esprimono in giusta misura la vita e le abitudini di coloro per i quali sono stati espressamente costruiti e per i quali costituiranno una residenza durevole, le case in affitto destinate alle masse (vale a dire una moltitudine di ospiti che cambiano di frequente a seconda delle mutevoli necessità del lavoro, della posizione, della fortuna) abitate dall'alto in basso da inquilini di classi sociali differenti, non sapranno ammettere alcuna marcata originalità nella fisionomia ... ...La casa in affitto è, di tutte le costruzioni, quella che più difficilmente sopporta la fantasia: ciò che reclama prima di tutto è la calma, la saggezza, la riservatezza.... ...Sono dunque problemi prettamente pratici, degni peraltro d'essere studiati, che si pongono all'architetto, piuttosto che questioni d'arte in senso stretto.....
Così César Denis Daly nel suo
L'architettura privata nel XIX secolo, sotto Napoleone III. Nuove case a Parigi e nei dintorni (Parigi, 1864)