In compenso se analizziamo il campo televisivo e pubblicitario il risultato è diametralmente, ed aggiungerei tristemente, opposto, pur di vendere i prodotti il corpo delle donne viene usato nudo o seminudo, le donno sono invariabilmente come icone sessuali o in alternativa perfette madri di famiglia, la loro immagine viene svilita ed usata senza ritegno riducendoli a meri oggetti usati per vendere qualunque tipo di prodotto, sono sempre sexy, avvenenti, invitanti e ammiccano con doppi sensi ad uomini tanto belli e quanto vuoti che raffigurano in pieno il macho italico nella sua più becera trasposizione in formato GF. In compenso i dati incontrovertibili sono che il 53% delle donne in televisione sono senza voce, il 43% è associato a temi come moda, spettacolo, sesso e bellezza e che solo in un miserrimo 2% la loro immagine è legata a temi di impegno sociale e professionalità.
Tutto questo dovrebbe generare riflessione, discussione, rifiuto e financo ribellione, invece, senza volermi certamente lanciare i moralismi che sono la cosa più lontana da me, vedo ogni giorno che dal mondo maschile si tende a prendere il peggio, dopo avere criticato per generazioni gli uomini che si recavano ai bordelli prima e sui viali di circonvallazione poi, dopo avere lanciato peana sdegnati contro il proliferare di riviste per soli uomini e di locali di lap dance degni della downtown di Los Angeles, vediamo come serate di strip maschile vedano il tutto esaurito con liste di attesa, ogni volta che apriamo la pagina di Facebook appaiono foto di ragazzotti palestrati che raccolgono montagne di Mi Piace e commenti entusiastici di dubbio gusto, si vedono gruppi di amiche scambiarsi pubblicamente commenti su “come sei gnocca” o “quanto siamo f….”, se in nome della parità che sta diventando disparità noi uomini cominciassimo ad usare gli stessi termini e modi cosa succederebbe? Fermiamoci un attimo a pensarci, “quanto sei dotato” o un bel “ma quanto siamo c….ti”, nella legittima e personale libertà di espressione non pensiamo forse che la spasmodica ricerca della parità di diritti e modi di vivere non debba necessariamente passare attraverso l’adozione del peggio, ma del meglio, senza scendere ad un imbarbarimento di costumi che non porta sicuramente beneficio alla dignità?