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Parlando ancora di fantascienza, ovvero il fulmine sotto il bicchiere

Creato il 12 novembre 2014 da Massimo Citi
Parlando ancora di fantascienza, ovvero il fulmine sotto il bicchiere
È uscito soltanto ieri un articolo sul sito de Il futuro è tornato, intitolato «La fantascienza italiana è morta». Titolo impegnativo, oltre che allarmante. O forse non troppo allarmante di per sé - in fondo gli appassionati di sf in Italia sono pochi (un numero quasi pari a quello degli autori) - e soprattutto perché gridare alla morte di un genere dato più volte per morto non fa più notizia.  La sf in Italia è nata gracile, anche se non così tanto come si potrebbe supporre (cfr. "I fantasmi di Capuana e i viaggi nel tempo di Salgari" articolo a suo tempo uscito su LN-LibriNuovi), anche se comunque meno vitale e vivace del fantastico in generale, nonostante tutto ben presidiato da nome come Calvino o Buzzati. La sf in quanto tale era un genere poco frequentato da un popolo scarsamente dotato di interessi e di competenza scientifica. Un popolo cresciuto nell'ignoranza (non è un insulto, semplicemente una constatazione), timorato di Dio o, nell'ipotesi migliore, fan del realismo socialista in chiave locale [*], fino all'attuale panorama italico post-tutto in allarmante calo di presenze intellettualmente attive, dove prevale lo sfascio di ogni visione storica e fa scuola la lectio magistralis di Giulio Tremonti («Con la cultura non si mangia»), una dichiarazione paradossale ma che nemmeno il governo in carica si è preoccupato di smentire nei fatti.  Ma sulla situazione della sf italiana ritorneremo presto.  Nel resto del mondo, soprattutto negli USA, come va la sf?  Beh, a giudicare ciò che ne scrive Jonathan Lethem su Minima & Moralia, il blog di Minimum Fax, ha i suoi problemi, vampirizzata dal cinema, confusa nel mare magno di una produzione fantastica contemporanea tanto esorbitante quanto spesso priva di originalità e col rischio di automarginalizzarsi rivendicando una propria purezza originaria [**].
Parlando ancora di fantascienza, ovvero il fulmine sotto il bicchiere
... Ma se ci fermiamo per un attimo a riflettere dobbiamo ammettere che la fantascienza è divenuta un elemento costante della percezione della realtà tanto da comparire in elementi sparsi del linguaggio di ogni giorno («È fantascientifico», «un'illuminazione da fantascienza», «un clima da fantascienza» ecc. ecc.), una fantascienza spesso ridotta a rappresentare una spettacolarizzazione del reale ma che finisce per inglobare qualunque percezione di una realtà inattesa e tecnologicamente impressionante.  Il nostro mondo è divenuto, per molti versi, un mondo da fantascienza, sia per quello che riguarda il clima (con tutte le distopie immaginate e immaginarie che questo si porta dietro), che per la diffusione dei robot - non così evidente a uno sguardo superficiale ma con numeri costantemente in crescita - che per l'uso di biotecnologie e la nascita degli OGM - e qui un po' di sf distopica sarebbe raccomandabile -, la nascita delle stampati 3D o lo sviluppo di missioni spaziali automatizzate.  Un vero e proprio fulmine sotto il bicchiere. Teoricamente ci sarebbe un terreno molto poco sfruttato aperto per noi tutti, autori e scrittori di sf, italiani e stranieri. Senonché l'auri sacra fames finisce per decidere per tutti. Una volta dato per defunto il cinema italiano, (e meriterebbe discutere a lungo su come sia potuto accadere e se, come credo, non vi siano già in azione nuovi gruppi di artisti), rimane soltanto la letteratura, dove le tirature troppo basse finiscono per essere la regola che determina il livello di produzione. Un livello fatalmente basso, dove i nuovi autori rischiano di non vedere mai la luce e dove i maggiori editori ignorano la sf preferendole la famigerata Fantasy paratolkeniana o i vampiri sentimentali alla Meyer. I titoli che escono - pochi e spesso camuffati da thriller - sono appannaggio di editori marginali. Esiste, è vero, una «rivista» di fantascienza, «Urania» ma i vincoli posti dalla paginazione, da una diffusione esclusivamente a mezzo edicola e da un pubblico eccessivamente "tradizionalista"[***], la rendono incapace a fungere da startup di un possibile cambiamento, questo nonostante il premio Urania, dove le regole storiche della testata ostacolano l'affermazione di autori meno convenzionali. 
Parlando ancora di fantascienza, ovvero il fulmine sotto il bicchiere E siamo così ritornati alla sf made in Italy e alla sua presunta morte. Possiamo cominciare col dire che in un paese dove i lettori sono il 40% scarso della popolazione e dove i libri sono un bene rinunciabile per antonomasia non è facile far sopravvivere un genere, oltretutto penalizzato dalla necessità di un minimo di competenza scientifiche per essere apprezzato. Se a questo si aggiunge la conoscenza pressoché nulla degli insegnanti di italiano in tema di sf, un programma di storia della letteratura che all'Università arriva a Pasolini e Gadda ignorando serenamente la narrativa fantastica, la convinzione di sapore crociano che le scienze umane siano il centro esclusivo della formazione e una lunga tradizione di amata incompetenza verso qualsiasi strumento tecnologico, direi che non abbiamo motivo di stupirci per la crisi interminabile della fantascienza. A rendere le cose anche più complicate la problematica competenza scientifica di molti tra gli autori di sf italiani, cresciuti nella convinzione che esistesse una "via italiana alla sf", ovvero un percorso narrativo che potesse esimersi dalle scienze, privilegiando il racconto del profumo dei fiori a una conoscenza anche approssimativa della fisiologia vegetale. 
Il risultato è stato, in non pochi casi, una narrativa povera di stimoli scientifici come di spunti narrativi, ovvero una malinconica esposizione di pittori della domenica. Certo, i buoni autori di sf non sono mancati nemmeno qui in Italia, a cominciare con Lino Aldani, Franco Enna, Inìsero Cremaschi, continuando con Livio Horrah, Vittorio Catani, Vittorio Curtoni per giungere a Francesco Troccoli, Valerio Evangelisti e Claudio Asciuti [****], ma spesso - sia pure con le dovute eccezioni - si tratta di autori di nicchia, non abbastanza noti al di fuori del piccolo mondo della sf nazionale.
Oltre questi nomi e pochi altri ci si imbarca nel mondo dell'autoeditoria e dei piccoli e piccolissimi editori dove presumibilmente si annidano gli autori del futuro, ma che è maledettamente difficile riconoscere. Ed è qui che si avverte decisamente l'insufficienza - in primo luogo economica e in secondo organizzativa - di un'editoria professionalmente attiva e vivace sia nel campo dei libri cartacei che degli e-book.
Ma la fantascienza in Italia è morta?
No, non credo. Ho tre libri - non racconti, romanzi - che dormono dentro questo pc in attesa di essere letti, provenienti da autori meritevoli ma poco noti [A.M.m.P.N.] e mi arrivano con una certa frequenza avvisi di nuovi testi disponibili o in preparazione da parte di autori della stessa categoria di AMPN o anche di autori già comunque pubblicati: «C'è disordine sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente», diceva un presidente cinese che non è educato ricordare.
Ciò che mi preoccupa non è tanto la scomparsa della sf - che è nata insieme al concetto di progresso e di cambiamento, ovvero la nozione di un tempo futuro diverso dal presente e dal passato - quanto la scomparsa della lingua italiana dall'orizzonte della creazione narrativa, sia mainstream che di genere.  Ho paura della scomparsa dei libri, in qualsiasi forma, di un nuovo medioevo che avanza. 
Dell'ignoranza che avanza in questo paese.
Ho paura di Salvini, di Grillo e anche di Renzi. 
Ho paura di chi ritiene i libri un bene secondario. 
E non è una paura da poco. 
Parlando ancora di fantascienza, ovvero il fulmine sotto il bicchiere
[*] Eppure molti tra i più convinti appassionati di sf negli anni '60 e '70 furono iscritti o ex-iscritti al PCI. Evidentemente l'essere fuori linea in campo narrativo non era considerato un grosso impedimento. 
[**] Può essere di qualche consolazione  per i fan appassionati (e grafomani) di sf italiana scoprire che altrove il rapporto con la sf può essere altrettanto esclusivo, ovvero, citando Lethem «Con il suo amore incondizionato per il proprio strato di paccottiglia [la sf]  è tanto sentimentale nei propri confronti quanto una combriccola di vecchi amici o una famiglia».
[***] Teoricamente parlare di "tradizionalismo" in area fantascientifica ha qualcosa di intrinsecamente ridicolo, ma si tratta nel nostro caso di lettori relativamente anziani e legati a una sf non impegnata sia nei temi che nello stile. Autori che preferiscono Alfred Eblin Van Vogt o Isaac Asimov a M. John Harrison o Ted Chiang. 
[****] Per evitare inutili polemiche: gli autori citati sono letteralmente i primi che mi sono venuti in mente. Non volevo escludere volontariamente nessuno.  E una nota come questa può dare un'idea di com'è il clima in certi circoli di appassionati

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