parlando di libertà – La storia di Gregorio

Da Foscasensi @foscasensi

La mamma di Fiammetta ogni giorno spruzzava l’acqua in un vaso di cristallo. Dentro c’era una pianta che non si era mai vista. Aveva le foglie scure e radici simili a vermetti. In cima alle foglie c’erano molte bocche verdi e profumate. Quando una mosca si posava sulle bocche, gnam!, la pianta se la mangiava in un batter d’occhio.

Naturalmente a Fiammetta dispiaceva per le mosche perché anche se sono fastidiose in fondo non fanno male a nessuno. Un giorno, quando la pianta carnivora aveva proprio esagerato, la sgridò. “Vergognati, ghiottona!” disse alla pianta.

La pianta si risentì: “Prima di tutto ho un nome – rispose –. Mi chiamo Gregorio”.
“Gregorio? Cioè saresti un maschietto?”
“Direi di sì, mia cara. Anche noi piante siamo divise in maschietti e femminucce, almeno in una certa parte dei casi. E poi non mi va di essere chiamato ghiottone”.
“Ma se ti ho appena visto mangiare quindici mosche!” ribatté Fiammetta.
“Non posso farci nulla, quando arriva la sera mi prende il languorino”.
“Non puoi mangiare dell’altro?”
“Magari – sospirò Gregorio –. Sai, io vengo da molto lontano, per la precisione dall’isola di Tropicolla. Quando sono arrivato qui, insieme a tanti altri fratelli e sorelle, ero poco più di un vasetto. Della mia vecchia casa non è rimasto quasi nulla: ricordo la giungla e i miei genitori che si facevano delle incredibili scorpacciate di caprotto”.
“Vuoi dire di capra?” lo corresse Fiammetta.
“Non ho detto: capretto, ho detto: caprotto”, rispose Gregorio accigliato. “Non dirmi che non conosci le vocali!”
“Certo che le conosco: a, e, i, o…”
“Bene, bene – la interruppe Gregorio – non occorre che tu le elenchi tutte. Piuttosto, se puoi procurarmi un bel piatto di caprotto ti sarei molto grato”.
“Ma non so proprio di che si tratta!”
“Non lo so nemmeno io, ero troppo giovane quando mi hanno messo in un vaso. So solo che era buonissimo mentre le mosche che ci sono qui sanno di noccioline scadute”.

Fiammetta non trovò una briciola di caprotto in dispensa, nel frigorifero e nemmeno al supermercato. Così accompagnò Gregorio al porto e lo affidò alla prima nave in partenza per l’isola di Tropicolla. Quando il bastimento salpò verso l’oceano Fiammetta salutava Gregorio con la mano e urlava il suo nome a squarciagola.
Dopo due settimane il postino consegnò una cartolina illustrata: c’era un gruppo di piante carnivore in posa come una foto di famiglia e sullo sfondo un mare tropicale azzurro splendente.

C’era scritto:

Cara Fiammetta,
il caprotto è buonissimo ma la libertà è anche meglio.

Tuo amico per sempre,
Gregorio


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