Parlo male degli autori self-publishing

Creato il 16 giugno 2014 da Mcnab75

Come da titolo dell’articolo, oggi mi propongo di parlare male dei miei colleghi.
Sì, sono un autore autoprodotto. Per scelta, non come ripiego. Non me ne frega nulla di pubblicare con editori italiani che danno royalties miserevoli, anche se in passato mi è capitato di farlo.
So che del self-publishing si parla male. Il settore – in continua espansione – genera diffidenza, mugugni ed è ampiamente odiato dalle case editrici tradizionali.
Mille volte mi sono speso per difendere la categoria. Bella forza, direte voi, visto che ne faccio parte. Ok, sì: è vero, ma non si riduce tutto al tornaconto personale. In realtà ho conosciuto tanti validi colleghi autoprodotti e ho scoperto che buona parte di loro sono qualitativamente più validi di altri scrittori pubblicati in maniera canonica. Non a caso collaboro con loro e aspetto ogni nuova uscita con una certa trepidazione.
Ok, ma poi c’è l’altro lato della medaglia.

Che, più o meno, comprende cose di questo tipo:

  • Autori che vendono ebook senza alcuna revisione, infarciti di errori di grammatica basilare. Se qualche refuso è ben tollerabile, un intero racconto infarcito di errori è inaccettabile.
  • Autori che non hanno la minima cura dell’aspetto tecnico dei loro ebook: copertine dozzinali, impaginazione approssimativa, lettering mediocre, comparto grafico indecente.
  • Gruppi Facebook dedicati all’editoria digitale in cui si pratica solo e soltanto lo spam invasivo, senza alcun interesse a sviluppare una discussione più costruttiva. Perché promuoversi è sacrosanto, ma occorre saperlo fare, per Dio!
  • Gruppi Facebook a struttura piramidale, dove si può parlare di ebook solo dopo aver “invitato” altri membri a iscriversi. Un amministratore che agisce così è per esempio un tale omonimo di un noto brand di moda italiana, che punta quindi a far numero, anche se questo numero è sterile, cieco e sordo. Qualcuno gli spieghi che qualità e quantità sono due cose diverse.
  • Autori autoprodotti che si scambiano recensioni a cinque stelline, senza mai essersi letti reciprocamente. Anche a me è capitato di ricevere proposte del genere. “Ciao, ci recensiamo a 5 stelline a vicenda?” Ma che schifo, cazzo.
  • Autori autoprodotti che generano dozzine di account Amazon diversi, regalando a ciascuno dei buoni da 1 o 2 euro, per acquistare più volte il proprio libro, in modo da farlo salire in classifica. Cercate orrende copertine con triangoli disegnati alla cazzo, o autori che vengono “dal cielo”, se volete saperne di più su queste pratiche.
  • Finti editori digitali (di solito si definiscono “associazioni culturali”) che pubblicano LaQualunque, pur di colonizzare le classifiche Amazon. Dai saggi di scrittura di venti pagine al fanta-porno. Poi dicono che il self-publishing è pieno di porcherie…
  • Autori autoprodotti che vogliono i quarti di nobiltà, perciò rifuggono la categoria, fingendosi “autori diretti”, o utilizzando altre ridicole definizioni.

Per caso provate anche voi una certa nausea, come una voglia di vomitare?
Ecco, io la provo quasi quotidianamente.
E quasi comprendo chi storce al naso davanti all’ennesimo ebook autoprodotto. Perché dovrebbero comprarlo? Perché dare una chance a quella che potrebbe essere soltanto l’ennesima porcata? Perché regalare un euro a uno scrittore zoticone, incapace di presentare in modo simpatico e costruttivo il suo libro?

C’è solo una cosa da fare per combattere queste storture del settore, cari lettori: rimanete informati. Cercate notizie sull’autore dell’ebook autoprodotto che siete in dubbio se acquistare o meno. Vedete quali sono i suoi trascorsi, cosa dice la Rete di lui, come e se gestisce un blog.
Da dieci minuti di ricerca su Google si possono capire tante cose. Fatevi un favore (e fatelo anche a noi): date fiducia soltanto a chi la merita.
Non è così difficile separare il grano dal loglio, credetemi. Basta iniziare a farlo.

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Alex Girola – follow me on Twitter


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