La stantia e poco emozionante situazione degli smartphones sta facendo spostare il mondo dei geek verso nuovi dispositivi e pseudonovità. Smartwatches, smartbands, glasses, insomma wearable, o indossabili, oggi sono il centro di attrazione e attenzione della massa hi-tech che d’improvviso si accorgono di dispositivi in via di sviluppo e che in molti casi sono ancora lontani dal vero utilizzo sul campo.
E come tutto quello che catalizza l’attenzione dei saccenti geek, capaci di leggere solo distese di informazioni tecniche, genera ipotetiche teoria e prese di posizioni che non hanno nulla a che vedere con i prodotti e lo scopo per i quali sono stati studiati o possono interessare realmente.
Tutto questo ne ha la concreta manifestazione nella completa disattenzione, o addirittura riluttanza, nei confronti dei dispositivi già sul mercato fino a qualche mese fa ed ora tutti esperti.
Tutti sapevano che sarebbero arrivati i Glasses, ma pochi li comprerebbero a 1500$, mentre in molti nell’ultimo anno hanno speso la stessa cifra in smartphone che non vedono l’ora di rimpiazzare con il nuovo top di gamma.
O anche, gli smartwatches sono sul mercato da qualche anno, ma nessuno li ha considerati. Oggi, invece, si leggono autentiche battaglie tra i sostenitori del Pebble o dello Smartwatch Sony, e le crescenti community di Galaxy Gear, contro i nuovi adepti abbagliati da ipotetici prototipi ancora neanche brevettati.
Altro sintomo di questo crescente interesse è la repentina creazione e rilascio di Android wear, perchè quando c’è puzza di business, arriva Google e tutto diventa di moda.
Spesso però, intorno a questi dispositivi c’è una confusione enorme, a partire dalla differenziazione delle classi di dispositivi, al loro reale impiego nella vita di tutti i giorni.
Per motivi estremamente personali sono sempre stato attento a queste tecnologie. Mi ero proposto come tester per un prodotto italiano “i’m watch”, ho scritto una lettera aperta a google sui Glasses, e ho manifestato prima il mio scetticismo e poi soddisfazione per il Galaxy Gear.
E da bravo early adopter (tradotto letteralmente: deficiente che compra tutte le cose nuove che escono e che tutti ci sputano sopra, per poi poter dire io l’ho usato…) io ho acquistato non subito il Galaxy Gear, e acquisterei i Glasses se me ne fosse data la possibilità, ed ho avuto tempo ed esperienza per poter capire cosa vorrò in futuro e come distinguere i vari wearable quando saranno disponibili.
Per prima cosa, però, facciamo una differenza sostanziale: esistono wearable interattivi e wearable da notifica. I primi interagiscono con lo smartphone, diventando delle vere e proprie estensioni dei telefoni e che permettono un utilizzo mirato. I secondi sono solo terminali che ti permettono di lasciare il telefono in tasca.
Ad esempio i Glasses per come sono concepiti e stanno evolvendo hanno delle implicazioni pratiche e interazione con chi li indossa, sfruttando lo smartphone. Penso a tanti utilizzi che di giorno in giorno arricchiscono l’esperienze di uso di questi pseudo occhiali che possono avere implicazioni veramente consistenti nella vita di molti di noi.
Comunque questo prodotto non riuscirà mai ad essere di massa, ma avere un impatto importantissimo. Guardate questo video:
Riguardo invece agli smartband, nascono puramente per il fitness, con Nike capostipite, e seguita da praticamente tutte le aziende. In realtà sono dei “cattura informazioni” che inviano dati alle app sullo smartphone e ti notificano che hai delle notifiche. L’unico che è uscito un po’ dalla massa è il Gear Fit che avendo uno schermo con ottima visibilità sta diventando il desiderio di tutti i tecno-sportivi. Io onestamente non saprei cosa farmene…
Diverso è il discorso invece smartwatches.
Qui c’è una enorme confusione e guardandoli con la discriminante prima enunciata si può veramente diversificarli e capire se possono essere utili nella nostra vita.
Tra gli smartwatches ci sono quelli che forniscono anche tante belle notifiche e informazioni, ma che potreste leggere tranquillamente sul vostro cellulare e quelli che vi permettono realmente di interagire.
Ad esempio per me, e per il mio utilizzo, dispositivi come il Pebble, non mi danno niente che compensa il fastidio di portare uno smartwatch.
Diverso è il Gear, che mi permette di telefonare, utilizzare applicazioni, rispondere ai messaggi, chiamare e rifiutare telefonate, oltre alla possibilità, per molti futile, di fare foto al volo di cose e momenti fugaci.
Il dispositivo in questione era un “prototipo in produzione”, ad essere onesti, e alcune funzioni andavano migliorate o incrementate o meglio sfruttate. Richieste soddisfatte dai nuovi Gear 2 e Gear 2 Neo, come la integrazione della fotocamera nella cassa, o la eliminazione nel modello Neo per chi preferisce spendere meno e fa volentieri a meno di questa funzione, la presenza di una tastiera studiata per schermi così piccoli e lo sviluppo di applicazioni molto interessanti come Turnbyturn, che trasformano il Gear in un navigatore, che sto testando e che tra un po’ recensirò.
Ma quello che lo differenzia particolarmente è la possibilità di telefonare, la funzione che sfrutto di più in assoluto, evitando auricolari o altro e permettendomi di telefonare ed usare il pc, prendere appunti evitando di prendere posture scomode.
I nuovi ipotetici smartwatch, e wearable, in genere per me avranno un impatto sulle nostre vite marginale o concreto a seconda che vengano concepiti per interagire con le persone o essere dei semplicissimi lettori di notifiche.
In attesa di capire se questo interesse avrà un effetto soufflé e che a breve si sgonfierà riportando i weareble al livello di nicchia tecnologica dedicata a chi realmente li usa o ne trarrà giovamento (come ad esempio ipovedenti, ipoudenti, business men, medici…) o se avrà lunga vita come si augurano alcuni analisti.
Io nel frattempo aspetto di mettere le mani sul nuovo Gear 2 e che i Glasses diventino di pubblico dominio…