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Parole di giorni un po' meno lontani - Tullio De Mauro

Creato il 26 marzo 2012 da Bruno Corino @CorinoBruno

Parole di giorni un po' meno lontani - Tullio De Mauro
Tullio De Mauro ha insegnato nelle università italiane per cinquanta anni. Nel corso di questi dieci lustri ha formato non solo frotte di docenti universitari, ma anche insegnanti di licei, scuole medie ed elementari. Ognuno di questi “allievi”, credo, potrebbe raccontare un aneddoto, un episodio, citare un ricordo significativo, in quanto, per chi ha seguito le sue lezioni universitarie, quell’insegnamento ha lasciato nella sua formazione un solco profondo. Ed è tale la traccia, perché quell’insegnamento, come scriverebbe Max Weber, è Beruf, ossia “vocazione” che è allo stesso “passione”. Una passione e una vocazione che hanno origine in “giorni lontani” o in “giorni un po’ meno lontani”.

Lontano dalle aule universitarie, lontano dall’insegnamento quotidiano che ha accompagnato la sua esistenza, De Mauro, scrivendo Parole di giorni un po’ meno lontani e, prima ancora Parole di giorni lontani, è come se avesse avvertito il bisogno non solo di rievocare dove, quando e in che modo è emersa a poco a poco, nella sua coscienza, la passione (e la vocazione) per l’insegnamento, ma soprattutto la necessità di continuare a insegnare, a insegnare non più attraverso la lezione viva e diretta del suo magistero universitario, ma attraverso libri, i suoi, anzitutto, ma anche quelli che hanno segnato la sua formazione.

Con Parole di giorni un po’ meno lontani De Mauro racconta il secondo decennio della sua vita (dal 1942 al 1952) così come con Parole di giorni lontani aveva narrato il suo primo decennio, l’infanzia. In entrambi i casi, lo fa con il suo piglio da linguista, rievocando il modo in cui per la prima volta una parola o una locuzione si è affacciata alle porte del suo universo linguistico e lessicale. Nella seconda fase questo “universo” viene scoperto soprattutto attraverso la lettura dei suoi libri preferiti, David Copperfield e il Don Chisciotte della Mancia: «Leggevo e conoscevo parole strane come gualchiera e persone nuove, si aprivano orizzonti sconosciuti, penetravo in mondi ed epoche distanti, il contadiname dell’altopiano, le corti, la grande nobiltà, ma anche la piccola nobiltà decaduta del Seicento spagnolo, la borghesia inglese dell’Ottocento».

E così, a parti rovesciate, De Mauro si vede nelle vesti di studente, di scuola media e poi liceale. Per questo posso dire che Parole di giorni un po’ meno lontani può essere letto come un vero e proprio “romanzo di formazione”, un genere letterario caduto in disuso ormai, in un’epoca in cui la “formazione” intellettuale conosce altri percorsi, altri luoghi. Non temo di fare un paragone improprio se scrivo che il modello più prossimo a cui accostare il libro di De Mauro sia proprio La giovinezza di Francesco De Sanctis. Come in quelle pagine, anche nel libro di De Mauro emergel’altissima funzione attribuita alla scuola, «che dee esser la vita», se vuole attualizzare le potenzialità insite in ciascun giovane. Come De Sanctis, De Mauro ha scavato nel suo repertorio di ricordi per tirar fuori esperienze esemplari. L’operazione poteva risolversi nella rievocazione nostalgica di uno studioso e maestro, che, divenuto un’autorità indiscussa nel panorama culturale internazionale, rivolge lo sguardo indietro con rimpianto. Leggendo, pagina dopo pagina, ho avvertito come l’autore abbia voluto e saputo con accuratezza, con acutezza evitare la trappola del ricordo nostalgico fine a se stesso.

Le esperienze narrate sono sì esperienze che hanno fatto parte del suo passato lontano, ma leggendole nella loro cristallina scrittura, nel loro stile piano e leggero, si sono trasformate in momenti presenti e vicini a noi, sono cioè diventate, quelle esperienze, specchi della nostra esistenza, nei quali ognuno può vedervi riflessi i propri errori, le proprie ingenuità, le proprie speranze, le proprie ansie, ma soprattutto i propri amori per la vita e per le cose belle di questo piccolo mondo.


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