Partecipazione e fiducia

Creato il 25 novembre 2013 da Oichebelcastello

Tempo fa vidi in televisione il sociologo Prof. De Masi, ha la cattedra di Sociologia del Lavoro dell’Università “La Sapienza” di Roma, discuteva del problema progressivo disinteresse delle attività scolastiche dei figli.
Fino alle scuole primarie tutto procede abbastanza bene, i genitori partecipano alle riunioni, anche se non molto numerosi, poi alle medie inferiori un po’ meno, alle superiori la presenze dei genitori sono rare.
De Masi spiegava che nel tentativo di conoscere i genitori degli studenti universitari aveva scritto loro una lettera invitandoli a visitare l’università. Solo due genitori risposero, incuriositi l’avevano contattato, ma a quanto ricordo sarebbe stato meglio se non l’avessero fatto.

Per farla breve il Prof. De Masi avvertiva questo doloroso problema, ma non vedeva soluzioni a breve termine.
In questa sede cerco di analizzare le ragioni di questa diminuzione di partecipazione in una colonna portante della società come la scuola e anche forse un certa diminuzione di considerazione della stessa. Non voglio tentare di attribuire gli eventuali errori a nessuno, ma una lettura dei dati, dei comportamenti finora assunti, un compito non facile, se mi addentro in un tema tanto spinoso è il tentativo di aumentare la partecipazione sia in termini di quantità che di qualità verso le nostre scuole.

L’istruzione e l’educazione dei nostri figli si prende molto tempo della loro vita, pensiamo per una attimo alla prima “consegna” del figlio nelle cure di educatori che per anni trascorreranno molto tempo con i nostri figli, è un lavoro importantissimo, che nelle case signorili di un tempo era affidato a precettori. La fiducia deve stare alla base di un tale rapporto.
Se andiamo molto indietro con gli anni la scolarizzazione di massa non era ben vista, la cultura ha sempre rappresentato il potere, e solo pochi ne erano i detentori.
La Legge Casati del 1859 entra in vigore nel 1860 in un periodo dove si rendeva necessario introdurre l’obbligo di frequenza e i primi due anni del primo biennio furono resi obbligatori e gratuiti, infatti secondo i dati Istat nel 1861 l’analfabetismo maschile era del 74% e quello femminile del 84%, con punte 95% nell’Italia meridionale.

La scuola dell’obbligo italiana risale alla Riforma Gentile (1923) e tra non molti anni compirà un secolo, sono variati di recente il numero degli anni di obbligatorietà , i contenuti sono variati.
Della scuola di un tempo possiamo ricordare con una punta di ironia i fagioli che messi in terra aumentavano il dolore già forte a stare in ginocchio davanti alla cattedra o le bastonate sulle dita, ma non possiamo dimenticare l’autorità degli insegnanti, il rispetto loro dovuto in quanto persone istruite.
La contestazione del ’68 contribuì ad abbassare la qualità della scuola e anche la considerazione da parte degli italiani.
A quasi 50 anni da quei giorni di lotte, sono andato a rileggerne le motivazioni degli studenti universitari.
Siamo in un periodo della scolarizzazione di massa.
Le influenze sui giovani arrivano da comunità hippy, buddismo, induismo, consumi di droghe leggere, fuga dalla società industrializzata.
Ne conseguì un rifiuto di ogni tipo di autoritarismo società, famiglia, scuola.
I giovani si erano resi conto che c’era un potere molto forte nella scuola, ad es. i baroni nell’università.
I baroni esistono ancora oggi, ho letto la recensione di un libro “un paese di Baroni” ne cito alcune righe :
- Paolo Bertinetti, preside della facoltà di lingue e letteratura a Torino afferma di «non aver mai conosciuto nessuno che sia diventato professore solo in base ai propri meriti». Stefano Podestà, ex ministro dell’Università nel 1996 ha dichiarato: «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria». Mentre, dati alla mano, Carlucci e Castaldo scrivono che «i rettori hanno famiglia in 25 delle 59 università statali italiane. Quasi il 50% (il 42,3 per l’esattezza) ha nella medesima università un parente stretto, quasi sempre un altro docente». Più chiara ancora la ricostruzione di un dialogo tra docenti nella deposizione rilasciata all’autorità giudiziaria da Massimo Del Vecchio, professore di matematica a Bari – «Se non vengo io, tu non sarai nominato preside» – «Che cosa vuoi in cambio?» – «Due miei parenti falli entrare…». Carlo Sabba, uno dei professori che si è ribellato al sistema dei concorsi truccati, conclude amaramente: «Se non si spezza questa catena, i giovani saranno a immagine e somiglianza di chi li ha arruolati, e tutto rimarrà uguale».
Non ci dobbiamo stupire se le nostre università nelle graduatorie mondiali fanno una pessima figura.
Ora riporto alcuni esempi modelli educativi esteri.
Pensiamo per un attimo al Giappone e al loro imperatore. Si! Non ricordate? Loro hanno ancora l’imperatore ! Ebbene i Giapponesi usano l’inchino come forma di saluto, è un importante gesto di rispetto, tutti hanno l’obbligo di inchino verso l’imperatore, tutti eccetto una categoria , gli insegnanti.
Gli insegnanti in Giappone hanno tanta stima da parte della popolazione, e questo da molto tempo, se si analizzano i comportamenti di certe popolazioni rimaniamo stupiti di quanto siano profonde le origini di certi comportamenti (mi riferisco alla cultura millenaria, la loro storia etc.)
Ho scorso alcuni blog di insegnanti di vari paesi del mondo e in certe nazioni come gli Stati Uniti c’è perfino qualche insegnante che si “vergogna” di svolgere il suo lavoro.
Noi italiani siamo bravissimi nel gioco dello “scaricabarile” , quali potrebbero essere le motivazioni di un un minore controllo, partecipazione e fiducia nella pubblica istruzione ?
I genitori post-68 dovevano esercitare queste attività nei tempi e nei modi previsti, farsi vedere più di quanto invece non hanno fatto.
Non è una scusa affermare di non avere le competenze necessarie.
Non è una scusa la mancanza di tempo da dedicare alla scuola, poteva esserlo quando i lavoratori erano impegnati 10 ore al giorno e anche il sabato, ma ora….
Non è una scusa la delega totale dei figli alla scuola, molti genitori attribuiscono la gestione totale dei figli alle organizzazioni scolastiche.
Se poi si pensa che il tempo trascorso a conoscere le persone delegate all’educazione dei nostri figli, visitare i luoghi dove trascorrono parte della loro vita, sia tempo perso e magari alcuni genitori preferiscano passarlo in un supermercato o alla partita, allora il problema è grave.
Ricordo benissimo il calo della partecipazione progressivo, in certe classi non c’erano nemmeno i genitori per effettuare le votazioni annuali.
Il personale della scuola come si deve sentire con questa carenza di partecipazione?
In mancanza di interesse da parte dei genitori può darsi che insegnanti irresponsabili si sentano autorizzati a non svolgere in modo attento e responsabile il loro lavoro.
Gli irresponsabili ci sono in ogni settore, anche la scuola ha subito l’ingresso di “furbi” atterrati nel pianeta scolastico per lo stipendio sicuro completamente privi del senso di “missione educativa”.
Attenzione! … Se poi sorge qualche problema, allora la partecipazione arriva, e arriva anche troppo, e la scuola non può chiedere ai genitori : – ma prima dove eravate ? -

Il Prof. De Masi sul Corriere in questo mese di Ottobre commenta :
- Qualche tempo fa ho ascoltato un ministro che, per giustificare la mancanza di posti di lavoro, aizzava una folla di giovani contro i vecchi, responsabili, a suo dire, di avere scialacquato le risorse proprie e dei propri figli. Credo di non avere mai assistito, nella mia vita, a un peccato più grave di quello commesso impunemente da questo ministro privo di pìetas, che diabolicamente contrapponeva le generazioni invece di ricomporle in una collettività armonica.
In una società disorientata, dove si è smarrito il discrimine tra bene e male, bello e brutto, vivo e morto, locale e globale, nomade e stanziale, scienza e fede, solo la saggezza della vecchiaia può ripristinare questa armonia.-
Il consiglio di De Masi è il consiglio del saggio e mi unisco a lui più vecchio e più saggio di me e considero che la cosa migliore è mettere da parte ogni rancore.

La fiducia deve ritornare alla base dei nostri atteggiamenti nei confronti della scuola, in fondo è quello che abbiamo, non possiamo averne un’altra, dobbiamo dare fiducia alla scuola, agli insegnanti, e questi si sentiranno investiti della responsabilità necessaria per affrontare il gravoso compito dell’educazione delle nuove generazioni.
Qui nel nostro paese le scuole stanno soffrendo per alcuni problemi di bullismo, credo che come ogni problema che ci si presenta nel corso della nostra vita, la prima cosa è prendere atto che c’è un problema. In molti casi la vittima del bullo subisce e basta. Gli amici di chi subisce se non vuol farlo lui, devono parlarne agli insegnanti.
Ci sono siti specializzati che danno consigli all’individuo come ad es.
http://www.educazione-emotiva.it/bullismo-soluzioni.htm , ma “fare rete” è l’attività che devono esplicare le forze in gioco (psicologi, Asl o altro), i bulli se isolati smetteranno di manifestare la loro nefasta attività peraltro inutile e la scuola potrà dedicarsi di nuovo a formare in modo egregio anche nel nostro paese le future menti di domani.

Vorrei poi affrontare lo spinoso tema della retribuzione degli insegnanti.
E’ un luogo comune “guadagnano un sacco di soldi e lavorano pochissimo ! ”
Vorrei spezzare una lancia a favore degli insegnanti, potete leggere un link con i confronti delle retribuzioni con gli altri paese europei
http://ecolelerbadelvicino.wordpress.com/2013/02/12/i-presunti-privilegi-degli-insegnanti-italiani/

Da poco piu’ di 4.000 euro l’anno della Bulgaria a 104.000 euro l’anno del Lussemburgo e con sistemi di tassazione diversi c’è di tutto, ma chiaramente ogni retribuzione va rapportata al costo della vita locale.
Troppi argomenti vengono trattati sotto un profilo economico, si parla troppo di denaro e poco di futuro, non ci sto a parlare degli stipendi degli insegnanti senza parlare del futuro dei nostri figli.
Il denaro è importante, ma il futuro della nostra società lo è di più, i detentori della somministrazione dell’educazione sono loro, possiamo chiedere che si cambino le regole per un’istruzione diversa, abbiamo modelli parziali da importare da tutto il mondo.
Vogliamo vedere qualche altro modello estero ?
Eccone uno .. la Cina da un breve racconto di un sinologo italiano dopo decine di anni trascorsi in Cina :
- Mi spiegava la mia alunna che le elementari in Cina prevedono lezioni mattina e pomeriggio tutti i giorni dal lunedì al sabato, con anche due rientri serali dopocena e in alcuni casi pure la domenica mattina. I bambini cinesi fanno tutto a scuola, studiano e fanno i compiti. Dal momento che studiano tanto dovrebbero però avere pure una buona conoscenza della lingua straniera, che in genere è l’inglese, cosa che invece non è. L’inglese a livello elementare è insegnato poco e con scarso successo, così come avviene da noi, perché non ritenuto prioritario.-
Aggiungo che questo avviene per 11 mesi l’anno, ah ! , nel mese di vacanze lavorano.

La società sta cambiando troppo in fretta, mentre tutto si è digitalizzato, nelle aule le lavagne con i gessi rappresentano un modello di scuola forse non più adatto ai ragazzi di oggi.
Tanto è stato fatto dagli anni 50 , ripenso al modello pedagogico della scuola di Barbiana, voler respingere il modello di scuola tradizionale, definita “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, in quanto non si impegnava a recuperare e aiutare i ragazzi in difficoltà, mentre valorizzava quelli che già avevano un retroterra familiare positivo.
Occorre ripensare alla fruizione della scuola nel suo insieme, ma questa volta non da “dentro” e non dai poteri forti dell’economia.
In più parti del mondo si sta chiedendo alla scuola di cancellare le materie umanistiche, letterarie a favore di quelle tecniche, scientifiche ritenute più “utili” alla società.
La scuola non deve rappresentare profitto nell’immediato, è l’anello di congiunzione con le radici della nostra storia, della lingua, abbiamo bisogno di ricordare e tenere di conto di tutto questo.
Ci sono anche paesi che soffrono molto nel settore educativo, nell’Afghanistan le insegnanti donne vengono uccise in quanto portatrici di cultura e conoscenza. Dal punto di vista scolastico non sono nemmeno alla Riforma Gentile rispetto a noi, ma ogni paese ha la sua storia e ogni intervento dall’esterno può essere negativo e fatale per un eventuale cambiamento.
Riporto parte di un intervista ad Habiba Sarabi intervistata da Euronews :
“È molto difficile lavorare come politico, soprattutto perché sono il primo e unico governatore donna. Ma il vero problema è che devo stare attenta a ogni passo che faccio altrimenti tutti punteranno il dito contro di me”.
Euronews: “Una delle sue priorità è l’istruzione delle bambine. Quando i taleban erano al potere era proibita, oltre gli otto anni, e le bambine non erano nemmeno in grado di scrivere i loro nomi, solo poche ci riuscivano. Qual è la situazione adesso nella sua provincia e nel resto dell’Afghanistan?”
Habiba Sarabi:
“Oggi l’istruzione delle bambine sta crescendo. Il 38% del totale degli studenti, il 38% sul totale dell’intero Paese, sono bambine, ma nella mia provincia si sale al 44%. Una cifra che è un po’ al di sopra del livello medio di istruzione nel Paese”.
Quest’ultimo riferimento serve a dare conforto, quindi :
- quando pensate di stare male , ricordate sempre che c’è qualcuno che sta peggio ! -