A fine stagione 1963-1964 un’anteprima del “Vantone” alla Pergola di Firenze faceva letteralmente crollare il teatro, dal ridere. Una “serata di teatro” quale si favoleggia negli annali, che lasciò gli stessi attori accasciati sul proscenio dalle risate, incapaci di finire le battute. Attori navigati della Compagnia dei Quattro, Valeria Moriconi e Glauco Mauri – con Emanuele Luzzati, scenografo, e il regista Franco Enriquez.Ma è vero che lui stesso non apprezzo i Quattro, che pure gli avevano commissionato la versione e la portarono al successo, perché Moriconi e Mauri erano marchigiani e quindi non borgatari romani. E dunque non c’è rimedio?Grande filologo sarebbe stato, di potenza, disinvolto, disincantato. E favolista al modo di Boccaccio, Chaucer e le Mille e una notte, o degli amati sconvenienti borgatari. Ne fece una parentesi, e fu poeta sentimentale – il poeta è incinto di se stesso. Sembrava si divertisse, nelle marane coi pischelli e le periferie, ma è in posa, sempre allo specChio. Si vede dalla foto in giacca e cravatta sul campo di calcio, il tackle perfetto secondo i canoni del “Calcio illustrato”, coi ragazzini sporchi nella fanga. Mentre nel fotoservizio per “l’Espresso” è in maglietta e calzoncini d’ordinanza, calzettoni, parastinchi, scarpini lucidi coi tacchetti bianchi, i capelli ordinati, imbrillantinati – il Muccinelli de noantri, la repubblica delle lettere si vuole romanesca, il Mariolino Corso perfetto. Imbalsamato nell’impegno politico, che è l’unica cosa che non sapeva e non sentiva, e lo rendeva nervoso.Grande tragedia Pasolini avrebbe potuto farne, di quello che è e non è, con i mezzi che aveva. O commedia: è Aristofane, l’“Eautontimorùmenos”, è più forse di Plauto, il “Miles gloriosus”. Traduttore di Eschilo superbo, la sua “Orestiade” è un’altra. E di Edipo grande filologo, oltre che pittore, non c’è altra Grecia.di Giuseppe Leuzzi. Vittima del pasolinismo in queste celebrazioni dei quarant’anni dalla morte. Che lo fa grigio, e quasi stinto. Per i tanti libri, e ora qualche film, che ne romanzano (falsano) la morte. Da ultimo con la ripresa del “Vantone”, il “Miles gloriosus” di Plauto. Che non è Plauto, e nemmeno probabilmente Pasolini – uno lo spera. Una farsa trasformata in commedia di costumi, arcigna.