Per questa Pasqua ci immergiamo nella natura, con un film di Sean Penn di qualche anno fa: Into the wild.
Inizia un pò in sordina con la classica festa di fine corso dei college americani e il lancio del tocco: Chris, 21 anni, appena laureato, decide, all’insaputa della famiglia, di girare da solo gli Stati Uniti con uno zaino in spalla, senza soldi e con i suoi libri preferiti, per sfuggire agli stereotipi del mondo in cui vive che i suoi genitori rappresentano alla perfezione. Da qui la storia diventa un enorme coinvolgente puzzle che piano piano si compone nella mente, negli occhi, nel cuore e nello stomaco, come se fossero le pagine di un blocco notes su cui si sono annotati nel corso del tempo degli appunti: i vari episodi del viaggio, le lettere che scrive, i racconti della sorella, i personaggi che incontra, assemblati poi magistralmente da uno Sean Penn che si è superato sia nella sceneggiatura che nella regia.
Nella mente perché… Chiunque ha fin dalla nascita un istinto alla libertà , che col crescere diventa un vero e proprio bisogno e talvolta sinonimo di felicità e ne andiamo alla ricerca isolandoci dal resto del mondo. Negli occhi perché… I paesaggi del Nevada del Colorado e dell’Alaska tra gli altri con i loro invadenti colori ti accecano improvvisamente lasciandoti a bocca aperta per farti solo dopo riprendere fiato e poter continuare la storia. Nel cuore perché… I personaggi che incontra durante il viaggio scandiscono la storia come se fossero tappe della vita: l’infanzia con la coppia di hippie che lo accoglie come un figlio, l’adolescenza con la ragazzina di Slab City che si invaghisce di lui, la maturità con il trebbiatore del South Dakota che gli insegna a lavorare la terra e la maturità con l’anziano signore che gli regala gli ultimi consigli per affrontare l’ultima parte del suo viaggio. Nello stomaco perché… La parte più dura del viaggio si svolge nella natura selvaggia in pieno inverno e da solo dove si trasforma in un altro cambiandosi addirittura il nome in Alex Supertramp rinnegando tutto ciò che è stato ed è. L’unico retaggio con il vecchio mondo è per l’appunto un vecchio autobus abbandonato che gli offre rifugio, il Magic Bus. Alimenta il suo corpo procurandosi il cibo con la caccia e il suo spirito leggendo i suoi libri, soprattutto ‘Il richiamo della foresta ‘ di Jack London e talvolta addirittura ‘Il dottor Zivago’ di Pasternak, ma spesso scrive lettere, incide frasi, nominando di tanto in tanto Thoreau e Tolstoj e spesso quel che scrive invade la scena e diventa musica.
Improvvisamente quando pensi di aver raccolto tutti i pezzi ecco che il puzzle viene spazzato via da una folata di pioggia e di vento… perché scopri che hai appena visto il racconto di una storia vera e lo scopri solo alla fine… A quel punto allora ti documenti perché sei incredula e allora scopri anche che la storia è già stata raccontata nel romanzo di Jon Krakauer ‘Nelle terre estreme’ che Sean Penn scova per caso in una libreria, legge e cerca di portare sul grande schermo, ma senza ottenere il permesso della famiglia. Per 10 anni mantiene i contatti con la sorella di Chris e nel frattempo si documenta, parla con le persone che lo hanno incontrato e ripercorre i luoghi dove è stato. Si dice fossero stati fatti nomi importanti per i vari interpreti, ma secondo me uno degli elementi vincenti del film è proprio la mancanza di volti straordinariamente noti, anche se forse gli sarebbe valso qualche premio in più.
Notevole infatti l’impegno del giovane attore protagonista sia da un punto di vista fisico ( ha perso fino a 20 Kg) che psicologico (ha scalato cime innevate e disceso rapide in kayak senza l’aiuto di stuntman). Penn si avvale di nomi illustri invece per la fotografia e la scenografia proprio perché, anche se la maggior parte delle scene sono girate all’aperto, mai come in questo film era importante trovare i luoghi adatti e saperli valorizzare. Lo stesso vale per la musica composta dal leader dei Perl Jam anche se in una veste a lui non consona ma il risultato è a mio avviso eccezionale (‘Guaranteed’).
Caro Chris, non lo potevi certo sapere, nessuno dei tuoi autori preferiti aveva veramente sperimentato quello che scriveva, ma sfuggendo a quelle regole che ti stavano così strette hai scelto di cercare la felicità in un luogo diverso, a te completamente sconosciuto che all’inizio ti ha dato tanto, ci hai convissuto e, quando è diventato ostile, sei riuscito a dominarlo, poi però ti ha sopraffatto con le sue di regole. Solo alla fine hai capito … Happiness is only real when shared.
Allora per questa Pasqua troviamoci tutti insieme e condividiamo un bel pranzo, o semplicemente uno spuntino.. anche un po' particolare, come questo:
- Le uova di quaglia, da usare come stuzzichini per aperitivo o antipasto da gustare con mini tartine e salsa di rafano oppure uova di faraona da servire nella classica confezione di cartone. Per trasportarle avvolgetele nella carta di giornale e disponetele in un cestino di vimini. Lasciatevi ispirare dalle foto qui sotto, tratte dalla rivista Creare.
Per la colazione invece le classiche uova alla coque, con sale aromatico.
Ho preso 2 cucchiai di sale grosso, 1 cucchiaino di semi di coriandolo, 1 di pepe e mezzo di finocchio e li ho tritati. Ho immerso le uova in acqua in ebollizione per 2-3 minuti e nel frattempo ho tagliato a bastoncini delle fette di pane in cassetta e le ho fatte dorare nel burro in un padellino antiaderente. Puoi servire le uova a la cocque scoperchiate con dentro il bastoncino di pane e accompagnarle con il sale aromatico (foto grande).
L’ultimo suggerimento: il guscio svuotato lo puoi utilizzare facendo con un ago due fori laterali e passarci uno spago che farà da manico, metterci un po’ d’acqua e qualche fiorellino di primavera e siccome in questo periodo il salice è ancora spoglio prendine un ramo e appendici le uova.
Buona Pasqua a tutti!!