Pasqua, poesia di Giovanni Pascoli

Creato il 11 aprile 2014 da Alessiamocci

“Pasqua”

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano
campagne sotto il mietitor rimorte:
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.

Egli si assise all’ombra d’una meta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta .

Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.

Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste .

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi;
Il figlio – Giuda bisbigliò veloce -
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra’ piedi:

Barabba ha nome il padre suo, che in Croce morirà. Ma il Profeta, alzando gli occhi, “No” mormorò con l’ombra nella voce; e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

Giovanni Agostino Placido Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912) è stato un poeta eaccademico italiano e una figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento.

Per pochi scrittori come per Pascoli le vicende della prima giovinezza furono determinanti nello sviluppo creativo della maturità: sembra quasi impossibile comprendere il vero significato di gran parte – sicuramente la più importante – della sua produzione poetica, se si ignorano i dolorosi e tormentosi presupposti biografici e psicologici che egli stesso riorganizzò per tutta la vita, in modo ossessivo, come sistema semantico di base del proprio mondo.


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