Passa le corse, diceva. E basta, poi tornava fuori e s'appoggiava alla ringhiera.
Noi ci si girava voce coi vicini e ci s'assiepava sul ciglio della strada che ancora c'eran le moto coi clacson e gli addetti a sbracciarsi per fermare le macchine in controsenso.
Non ci sedevamo sul paracarro ma era come se.
Poi però di corse ne son passate sempre meno o forse non ci abbiamo più fatto caso, o è dipeso dal fatto che il nonno Gigi non c'era più, non so, e comunque se n'è andata anche la poesia.
Son tutti drogati si sente dire e, per quanto bene ne vuoi pensare, le nefandezze che vengono fuori sono sempre più evidenti. Restano dei ricordi guasi antichi incastonati in una parvenza di fatica vera, di fatica onesta, anche se magari era solo un problema di scienza non ancora al passo con il doping del tempo.
Ma questa settimana passa le corse a Firenze e, che te ne freghi o no qualcosa del ciclismo, l'affare finisce che ti tocca, almeno per le ripercussioni sul traffico.
In attesa del grande picco sportivo di domenica prossima, oggi la città era messa alla prova dalle prime gare in giorno feriale, con chiusura di strade, sensi invertiti, semafori temporanei e cartelli di deviazioni coatte ad ogni incrocio.
E quindi tutti ci siamo attrezzati, ancora tristemente memori della nevicata di due anni fa che paralizzò la città, con viaggi più o meno intelligenti, per affrontare l'inferno.
L'utilizzo dei mezzi privati è stato ottimizzato, gli autobus stipati, i treni urbani addirittura riscoperti e le ciclabili - cristo le ciclabili! - strapiene che pareva di stare ad Amsterdam.
E durante la giornata? Un silenzio irreale, un piccolo e insperato paradiso. Vie libere da auto, un formicolìo di pedoni e di paraciclisti dappertutto. Si guardano in giro, scrutano le strade transennate pronti a diffondere viralmente la voce: Passa le corse.
Oh Renzi, altro che brontolare, a noi i mondiali di ciclismo tu ce li devi organizzare tutto l'anno a diritto.