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Passeranno di mano a breve in Sudafrica le miniere di Kimberley

Creato il 24 maggio 2015 da Marianna06

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Questione “di pochi mesi” e poi un controverso simbolo del Sudafrica passerà probabilmente di mano. La compagnia diamantifera De Beers, infatti ha annunciato che spera di concludere a breve la vendita delle sue miniere di Kimberley, aperte da più di un secolo.

Gli impianti nella località del Capo settentrionale, ha annunciato l’azienda “non rientrano più nel piano strategico” e verranno ceduti nell’ambito di una riduzione della produzione di pietre preziose. Quest’ultima era già stata annunciata dalla Anglo American, multinazionale che controlla il colosso dei diamanti, il mese scorso, in risposta al calo dei prezzi sui mercati internazionali.

Non imminente, ma in ogni caso vicina, è anche la fine della produttività degli impianti: De Beers ha infatti reo noto che la “vita potenziale” della miniera potrà estendersi – con gli investimenti opportuni da parte dei nuovi proprietari – fino al 2030.

L’importanza di Kimberley e delle sue miniere, per il Sudafrica, è economica (sia pur in maniera ridotta rispetto al passato) ma anche simbolica e storica. Il più famoso di questi impianti, il cosiddetto Big Hole, fu attivo dal 1871 al 1914. Nell’area, dopo la scoperta dei diamanti nel 1867, ebbe origine anche la fortuna del magnate e uomo politico Cecil Rhodes, figura chiave dell’imperialismo britannico e della storia sudafricana, oltre che fondatore della stessa De Beers.

La lunga storia parallela di questi due nomi – la città e la compagnia – fondamentali per la storia sudafricana, tuttavia, per la maggioranza nera del paese evoca soprattutto ricordi dolorosi. Sono legati, in particolare alle condizioni di lavorio e di vita della manodopera impiegata nell’estrazione dei diamanti.

Costretti a vivere in ‘campi chiusi’ separati dal centro abitato, i minatori neri erano sottoposti a condizioni estreme. Il caldo intollerabile delle miniere e il freddo delle baracche, tra l’altro, favorivano il diffondersi di malattie: il tasso di mortalità tra i lavoratori, nel 1888, raggiunse la quota di 1 persona su 10.

      a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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