Certe volte penso a quello che è stato.
A quello che è successo.
A quello che abbiamo lasciato accadere.
Così.
Inutilmente, senza una ragione.
Eppure lo abbiamo fatto.
Non vorrei ricordare.
Nè dovrei se è per questo.
Ma lo faccio.
I ricordi stanno lì, in agguato.
Al buio.
Nascosti.
Mi aspettano, mi lusingano, mi seducono.
Silenziosi mi guardano.
Mi convincono sussurrando.
Poi, quando mi rapiscono, esplodono come una piaga in suppurazione e mi si rovesciano addosso infettandomi del loro liquido denso e caldo, squisito e consolante veleno al quale è impossibile resistere.
Vorrei distruggerli con un martello, dilaniarli con una mannaia, sbriciolarli, sminuzzarli renderli inservibili ed innocui, ma sono fatti di materia infame ed evanescente loro, scappano, si dileguano, si nascondono bene e poi mi piombano addosso nei momenti più impensabili, quando rido, quando sono felice, quando sembra che finalmente siano alle spalle.
No.
Non è mai così.
Perché sono crudeli i ricordi.
Malvagi.
Li ritrovo sapientemente celati tra le pagine di un libro che ferisce gli occhi, a volte contaminano le parole di una canzone che non voglio più ascoltare e se mi tappo le orecchie in cerca del silenzio, li sento continuare ad urlare nella mia testa.
Si conficcano lì. Una scheggia nel cervello, un dolore sordo e incessante che rode da dentro.
E che consuma tutto il resto.
I ricordi peggiori sono quelli bellissimi.
Perché mi rammentano quello che avrebbe dovuto essere, se.
Se.
Una parola che non vuol dire niente.
Come sempre.
Come mai.
Sono appiccicosi i ricordi. Vischiosi come sangue.
Li trovi ovunque, si trasmettono come un virus feroce, si agganciano alla tua gioia inquinandola per sempre. Macchiandola di rimpianto, lordandola di rimorso.
Rendendola inservibile.
E quando ti hanno incatenata alla loro becera illusione, non se ne vanno.
Più.
Tu, per esempio.
Mi ricordo di te, mi ricordo tutto.
Non avevi il diritto di trattarmi così. Non dovevi lasciarmi sola quel giorno. Non avresti dovuto abbandonarmi. Non dopo tutto quello che ci eravamo detti, scambiati, promessi.
Tu non sai perché lo hai fatto, anche se continui a raccontartela.
Non ne hai idea.
Il tempo passava lentamente sai? Lo calcolavo contando i miei sbagli. I miei fallimenti. Le mie sconfitte. I miei rimpiazzi. Ognuno di questi mi batteva dentro un colpo sordo.
Una lama nel cuore che lacera quando entra. E quando esce, strappa.
E adesso che ci sei, adesso che potrei, adesso che lo bramo, non riesco a dimenticare.
Non ce la faccio.
Ricordo.
Tutto.
T.
(Questo pezzo è dedicato ad una persona che ha la memoria come quella di un pesce rosso. E che farà una smorfia quando leggerà queste parole. Perché sa che sono vere)