Patagonia, una terra dal nome sbagliato / Parte 2

Da Molipier @pier78

Il Cerro Almirante ci aspetta all’ingresso del Parco delle Torri del Paine in Patagonia. La giornata è buona, ma meglio non farsi illusioni. Incontro due italiani completamente in balia degli eventi, da tre ore aspettano un bus che non arriva. Strattonati dal vento, semi-riparati da un ombrello stracciato.

La signora presa dallo sconforto si sfoga: “Ma noi siamo in vacanza!!!” Mi sento in colpa e rispondo: “Questa non e’ una vacanza, è un ‘viaggio’, è un’altra cosa.” Mi sembra rassicurata e si calma. Li ho intravisti due giorni dopo a Puerto Natales, attraverso i vetri del ristorante, sembravano sereni, forse avevano realizzato la Patagonia.

Viaggiare non è turismo, ci vuole spirito randagio, esplorativo. Curiosità, spirito di adattamento, umiltà.  Sei “Nessuno”.

Non arrivi con la camera d’albergo prenotata, la cerchi, speri che la doccia sia calda, altrimenti pazienza. Se viaggi così ti accorgi che il bello non è la meta ma il percorso, la meta è casa tua, i tuoi cari che aspettano. Il viaggiatore è Ulisse .

Le ansie del turista sono il programma, gli orari, l’hotel 3 stelle è un’onta se nel pacchetto c’era scritto 4, tutto deve essere perfetto, non si rende conto che così facendo è merce trasportata, prigioniera, costretta in cattività, inconsapevole che sbarra dopo sbarra costruisce la propria cella.

Il successo è determinato dalla completa riuscita del programma, pianificato nei minimi particolari. L’imprevisto non e’ un’opportunità, è una tragedia. La vacanza diventa una prestazione. E la prestazione stressa.

Le Torri del Paine, montagne patagoniche, leggendarie per l’alpinismo italiano. Il presbitero italiano Alberto Maria De Agostini di Pollone – Biella – giunto in queste terre lontane nel 1910 come missionario esploratore cartografo e fotografo definì queste montagne “baluardi imbattibili”.

Campanili di granito, indifferenti a Fuerzavientos, loro sì gli tengono testa, non si piegano, non si consumano, forse nessun’altra roccia potrebbe resistere. Lì non ci sono contratti da scrivere: tu sei il Vento, io la Montagna, punto. Ora tutta la straordinaria documentazione è conservata presso il Museo Nazionale della Montagna “Duca D’Abruzzi di Torino.

Il Perito Moreno e’ il terminale glaciale dello Hielo Sur Continental profondo 350 km. Immaginatevi di trovarvi davanti all’ingresso di Piazza Duomo a Milano, 100 metri di larghezza circa? Ecco il fronte finale del Perito Moreno sono 2 kilometri, solo per avere il senso delle proporzioni.

Una Cattedrale di ghiaccio la cui facciata vi si para davanti e dove ti accorgi che due occhi non sono sufficienti per guardarlo. Lo stile è Gotico con piloni, navate, obelischi, colonne, bifore, un labirinto inestricabile, un’Opera Colossale dove l’”Architetto” ha dato il meglio di sè.

Di fronte a questo scenario si ammutolisce, ipnotizzati dalla  grandiosità, volgendo lo sguardo sul lago appena increspato si vedono navi-iceberg galleggiare silenziose. All’improvviso uno scricchiolio, poi  sempre più forte, il fragore di un condominio di ghiaccio che staccandosi si tuffa in acqua squarciando la quiete del lago, creando un rigurgito e un’onda pericolosa e travolgente.

La Patagonia ti entra nelle ossa, nel sangue circola incessante nel tuo cuore nel tuo corpo, d’improvviso ti ritrovi Patagonizzato, come una mutazione genetica che non ti abbandona più.

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Patagonia, una terra dal nome sbagliato / Parte 1

“Aspetto sempre il momento migliore per arrampicare il mio sogno”


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