Ma questo tralignamento personale, peraltro immaginabile dietro le narrazioni enfatiche, da poetino del politichese, nasconde un tradimento molto più essenziale di ciò per cui diceva di battersi: ha sostanzialmente benedetto la compravendita di bambini ancorché la trattativa commerciale si svolga prima del concepimento, e in secondo, ma vitale luogo, ha fatto opera di testimonianza personale del nuovo concetto di diritti acquistabili e non più conquistabili. La paternità e la maternità sono una possibilità e un desiderio, ma in che senso si possono definire un diritto se non in un mondo nel quale questi sono in vendita nelle boutique dei ricchi o degli abbienti? Ed è quasi ovvio che in un’era in cui il diritto al lavoro, alla casa e alla salute sono diventati una bestemmia i diritti di mercato finiranno a lungo andare per non conoscere confini e condurci per mano a cose finora impensabili.
D’altronde l’idea alla Bateson di mettere dei limiti o dei freni alla ricerca scientifica non è concretamente praticabile oltre ad essere politicamente sospetta, perché trasferisce ingenuamente sull’attività di ricerca prospettive che hanno senso e applicazione solo in un progetto generale di trasformazione sociale che vada in direzione diametralmente contraria a quella del mercato. Una società in cui i diritti oltre ad essere quelli socialmente rilevanti sono anche quelli per tutti , non quelli a disposizione delle “macchine individualmente desideranti” in cui ci hanno trasformato. A disorientare non è il fatto che sia nato un bambino costituzionalmente orfano di madre e tutte le notissime e immaginabili fesserie gridate del milieu catto reazionario che peraltro è amabile prosseneta del mercatismo , ma l’arroganza classista nell’accedere alla compravendita di uteri, ovuli e feti che di per sé giustifica le logiche di mercato in ogni loro forma. Una buona ragione per fare solo il padre a tempo pieno.