Commedia "militaresca" con Pippo Franco e Laura Troschel, il cui titolo si ispira al tormentone di Giorgio Bracardi ivi recitante nel ruolo di uno psichiatra militare paranoico.
Difficile aggiungere qualche cosa di nuovo su "Patroclooo". O si ama o si odia. Prendere o lasciare. Oppure prendere e lasciare. Oggetto strano, il film di Laurenti, leggero, leggerissimo, scritto da Francesco Milizia (sceneggiatore che le commedie italiane le ha scritte probabilmente anche sui muri, vista la prolificità disarmante) come viatico per la comicità di Pippo Franco, sulle cui spalle poggia tutta l'impalcatura del film, inframezzata dagli interventi di un Bracardi isterico che sbuca fuori financo dalla tazza del cesso. Strano personaggio pure il sopracitato attore, ma non solo, monologhista surreale, musicista e autore di canzoni (come del resto lo fu il fratello Franco) sodale di Arbore e Boncompagni in "Alto Gradimento", la celeberrima trasmissione radiofonica dove, tra gli altri, interpretava Achille, invocante il misterioso Patroclo, che non é che abbia avuto grandissima fortuna cinematografica, pur avendo partecipato a diversi film, con particolare predilezione per le pellicole barzellettare sulle forze dell'ordine, "I Carabbinieri" (1981) di Francesco Massaro, "I Carabbimatti" (1981) di Giuliano Carmineo e "Vigili e Vigilesse" (1982) di Franco Prosperi.
Film leggero, si diceva in apertura, assolutamente non volgare e privo del coté erotico che solitamente si accompagna(va) alla commedia italiana settantesca, pochissimi centimetri di pelle femminile sono esposti durante il metraggio, tra i minimi storici rispetto al genere, orbitante intorno alla figura dinoccolata di Pippo Franco, qui nel ruolo del ladruncolo Bruno Camillone che, cambiata l'identità per poter recuperare dei gioielli a Lisbona, sarà costretto suo malgrado a prestare servizio militare a causa del nome de plume utilizzato per il colpo, Salvatore Bruschetta, renitente alla leva e a rischio di corte marziale. Comicità più slapstick che pecoreccia, con il protagonista sempre schiaffeggiato, minacciato e gabbato da commilitoni e superiori, in cerca di una via di fuga dalla caserma da una parte, ma dall'altra irresistibilmente attratto dalle grazie della bella Tamara (Laura Troschel) che tenterà in ogni modo di sedurre e che poi sposerà pure, già ingravidata dal precedente fidanzato. Grande il regolamento di conti finale alla stazione tra il povero Camillone e i parenti di Tamara, in primis il padre, il grande Fortunato Arena, folle parodia western con raffica di schiaffoni al posto dei proiettili. Regia corretta del buon Laurenti, che fu assistente di Steno dopo l'abbandono di Fulci per lavorare alla "Settimana Incom" con Domenico Paolella, autore di una legione di commedie italiche, anche con i grandissimi Franco&Ciccio, poi con"Insegnanti", "Liceali" e "Infermiere" varie, che ha fatto e farà di meglio, vedi "La Vedova inconsolabile ringrazia quanti la consolarono" (1973) e, soprattutto il suo capolavoro "Il Vizio di Famiglia"(1975) con la Fenech, Montagnani, Gigi Ballista, Juliette Mayniel, Gastone Pescucci e Orchidea De Santis.
Pellicola innocua, godibile se si apprezza il genere e il contesto in cui é stata realizzata, senza parlare di capolavoro o di rivalutazione a priori, apprezzabile proprio per il suo status demente e fortemente basato sulle gag visive, i colpi in testa che riceve Pippo, non si contano, "Patroclooo..." é tutto qua, novanta minuti di intrattenimento stralunato con il romanissimo protagonista, soldato un poco vigliacco ma con il cuore tenero come da copione, a fare da mattatore tra caratteristi sicuramente molto amati dai catecumeni del bis come Pupo De Luca (Sergente Nardi), Luca Sportelli (l'ufficiale in cucina, inimitabile), Piero Vida, il già citato Fortunato Arena e pure Lucianona Turina, nel ruolo della proprietaria della trattoria innamorata di Camillone e da questi colpita senza pietà con un cero davanti al santuario di pietra. Poca carnassa, invece, per gli amanti delle attrici settantesche, qui comunque degnamente rappresentate da Laura Troschel (Costanza Spada) nata a Varese nel 1944, carriera di tutto rispetto, spesso al fianco di Pippo Franco ai tempi suo marito, vedi "Ciao Marziano" (1980) di Pingitore, avvistata pure nel misconosciuto western "Quel maledetto giorno della resa dei conti" di Gigi Mangini, attribuito a Sergio Garrone, e Christa Linder, splendida tedeschina che fu insignita dell'attenzione di Playboy e che nel mare magnum delle attrici operanti nell'italico bis si distinse particolarmente in ambito decamerotico, tra le altre cose ovviamente, con titoli come "I Racconti di Viterbury - Le più allegre storie del Trecento" (1973) di Mario Caiano as Edoardo Re o il coevo "Fra Tazio da Velletri" di Romano Scandariato con Remo Capitani/Ray O'Connor.
Per i completisti della commedia "militaresca", tra "Marmittoni", "Buttiglioni", "Sturmtruppen" o "Kakkientruppen" vari, lontana dalla vena surreale del ciclo "La Soldatessa" di Nando Cicero, il miglior autore del genere per chi scrive, la pellicola é consigliata soprattutto agli estimatori di Pippo Franco, comunque bravo e professionale, attore dalla carriera non trascurabile che la leggenda vuole sia stato ucciso da un contadino nei primi anni ottanta e poi sostituito da un sosia, come McCartney. Insondabile mistero del cinema italico o, più probabilmente delirio totale. Per i fanatici del C.S.C. sono accreditati Carla Mancini e Luigi Antonio Guerra. Produce la Dania di Luciano Martino. Musiche del Maestro Alessandro Alessandroni.
Belushi
Robydick:
Frameshow da oscar per i corti, accompagnato da indimenticabile componimento dello stesso Pippo Franco, "Amore intellettuale".