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Paul Verlaine e Arthur Rimbaud: un sonetto a due voci da “Femmes e Hombres”

Da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Quasi sempre, almeno fino all’Ottocento, ogni volta che uno scrittore o un poeta descrive la bellezza del corpo femminile, lo fa senza mai svelarlo. Se i capei d’oro, le trecce morbide, i tremuli sguardi, le occhiate ridenti e fuggitive e le fronti caste ed altere ce lo rappresentano nella forma più dettagliata, basta scendere agli affannosi petti e tutto comincia a confondersi.

Varcato quel confine, ci appare come un’antica mappa dai contorni indefiniti, una terra inesplorata di cui appena si vagheggia l’esistenza: “ Hic sunt leones” o, per meglio dire, dato l’argomento di cui trattiamo:  “Hic sunt lenones”.

Naturalmente non mancano le eccezioni: tutti avete letto gli epigrammi licenziosi di Marziale e le rime giocose di Pietro Aretino e di Tommaso Stigliani. Oltre a questi e ad altri esempi, non molti peraltro, che possiamo ascrivere tra le espressioni dell’arte maggiore, tutto il resto è pornografia, un’arte minore e non sempre spregevole sulla quale non ci soffermiamo, poiché esula dall’argomento che ci interessa.

Solo nella seconda metà dell’Ottocento Paul Verlaine e Arthur Rimbaud decisero, finalmente, di esplorare quelle terre sconosciute per svelarne i misteri. E lo fecero nel momento più opportuno, poiché il romanticume dei poetastri contemporanei aveva raggiunto tali vette di ipocrisia da far intisichire la povera Musa. I loro versi si abbatterono con impeto alluvionale su quel fetido acquitrino, debellando i pestiferi insetti che l’abitavano. Ma alcuni, ahimè, sopravvissero e i loro epigoni continuano a infestare le infime plaghe della versificazione.

Cuor e amor fanno ancora rima non solo nelle canzonette, ma anche nei miserabili conati letterari di tanti ingenui giovanotti di belle speranze e di tanti disperati ottuagenari che pubblicano versi a loro spese o, troppo spesso, trovano qualche editore con tendenze criminali disposto a sobbarcarsi all’impresa.

 SONNET DU TROU DU CUL

(Parodia di un volume di Albert Mérat, intitolato L’Idole, dove sono descritte tutte le bellezze di una donna.)

Paul Verlaine fecit

Obscur et froncé comme un oeillet violet
Il respire, humblement tapi parmi la mousse
Humide encor d’amour qui suit la pente douce
Des fesses blanches jusqu’au bord de son ourlet.

Des filaments pareils à des larmes de lait
Ont pleuré, sous l’autan cruel qui les repousse,
A travers de petits cailloux de marne rousse,
Pour s’en aller où la pente les appelait.

Arthur Rimbaud invenit

Ma bouche s’accouple souvent à sa ventouse .
Mon âme, du coït matériel jalouse,
En fit son larmier fauve et son nid de sanglots.

C’est l’olive pâmée, et la flûte caline
C’est le tube où descend la céleste praline
Chanaan féminin dans les moiteurs éclos .

Traduzione di Sergio Zoppi

Oscuro e increspato come un garofano viola/respira, umilmente acquattato tra il muschio,/umido ancora d’amore che segue il dolce pendio/delle natiche bianche sino al limite dell’orlo./ Filamenti simili a lacrime di latte/hanno pianto, sotto l’austro crudele che li respinge/attraverso pietruzze di marna rossiccia,/per andarsene là dove il pendio li chiamava. /S’accoppia spesso la mia bocca alla sua ventosa./La mia anima, del coito materiale gelosa,/ne faccia il lacrimatoio fulvo e il nido dei singhiozzi./E’ l’oliva svanita e il flauto grazioso/è il tubo ove discende la celeste pralina/Chanaan femminile nel madore dischiuso.

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Federico Bernardini

Illustrazioni: Paul Verlaine, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Paul_Verlaine_2.jpg

Arthur Rimbaud, fonte  http://it.wikipedia.org/wiki/File:Arthur_Rimbaud.jpg

 


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