Paulette

Creato il 26 giugno 2013 da Misterjamesford
Regia: Jerome EnricoOrigine: FranciaAnno: 2012Durata: 87'
La trama (con parole mie): Paulette è una vecchia signora che vive alla periferia di Parigi, inacidita dalla vita e dalle vicissitudini che l'hanno portata a vendere il ristorante in cui ha lavorato fin da ragazza accanto al marito e passare il tempo a rifiutare quasi ogni contatto con l'esterno diffidando degli immigrati, dei vicini e perfino della figlia, sposata con un commissario di polizia di origini africane che le ha dato un nipote che Paulette si rammarica non sia bianco.Ritrovatasi alle strette con la pensione troppo bassa e venuta per caso in contatto con il boss del quartiere, la donna finisce per reinvertarsi dapprima spacciatrice di hashish e dunque pasticcera di torte "speciali": di colpo, aiutata dalle sue più care amiche, il suo "giro" si allargherà tanto da impressionare - e preoccupare - perfino il boss del suo boss.

I nostri cugini transalpini da me tanto detestati, occorre ammetterlo, vivono un momento di grazia per quanto riguarda la settima arte che dura ormai da due stagioni piene, praticamente una situazione agli antipodi rispetto a quella in cui versa il Nostro Paese, sprofondato in un oblìo cinematografico capace di destare quasi più preoccupazione di quello politico o sociale.
Tra i molti grandi prodotti distribuiti, però, capita anche che perfino loro facciano qualche passo falso, seppur decisamente meno grave di quelli che siamo in grado di mettere in piedi noi della Terra dei cachi, quando ci mettiamo di buona lena: uno di questi è senza dubbio Paulette, commedia nera carina giusto per intrattenere un'ora e mezza scarsa ma assolutamente lontana non solo dai migliori standard del genere - e rispetto allo stile "geriatrico", decisamente meglio hanno fatto Irina Palm, Svegliati Ned e L'erba di Grace -, ma anche dalle proposte francesi cui ci siamo fin troppo ben abituati di recente.
Certo, gli spunti non mancano, le battute divertenti ed irriverenti ci stanno tutte, gli elementi dell'integrazione e del razzismo sono giocati bene, Bernadette Lafont - acidissima protagonista - e la sua spalla Carmen Maura - vecchia conoscenza dei fan di Pedro Almodovar - funzionano benissimo, eppure tutto viaggia su binari fin troppo facili, e all'interessante riflessione sull'arte di arrangiarsi nei tempi della crisi - ma in questo senso non ci sono paragoni con opere monumentali nello stile di Breaking bad - si contrappone un'aura fin troppo consolatoria da fiaba finto alternativa, che priva la protagonista con il suo gruppetto di irriducibili compagne - mitica Alzheimer! - di quella scintilla in grado di tracciare un confine tra la proposta d'autore da "Sundance style" europeo e la pellicola buona giusto per dare l'illusione di aver assistito alla proiezione di un film diverso dal solito ad un pubblico per nulla abituato al genere.
Da un lato mi dispiace anche, essere così duro con un titolo che mi ha comunque soddisfatto, con tutti i suoi limiti, e che è stato cornice di un pomeriggio "father&son" passato con il Fordino a farmi compagnia in assenza di Julez - stranezze della cassa integrazione -, ma nonostante ci abbia provato, in bilico tra il ricordo della famigerata serata post tortino magico ad Amsterdam di qualche anno fa e l'idea che ormai l'approccio di Quasi amici abbia lasciato il segno nella settima arte transalpina, o almeno nella sua componente più irriverente, non sono riuscito a voler bene ad un film che non ha davvero nulla che lo differenzi da molte altre proposte di medio livello che, seppur senza colpe, finiscono per essere dimenticate prima che il pubblico stesso possa accorgersi di essersele perse per strada.
Un peccato di certo, perchè senza dubbio l'idea che un anziano possa reinventarsi spacciatore per fronteggiare la crisi è interessante almeno quanto il fatto che la nuova professione possa finalmente ed una volta per tutti abbattere i muri tra le frontiere - niente male il rapporto tra Paulette ed i giovani del vicinato -, anche perchè sono certo che non è stata solo una vecchia vedova della periferia parigina a pensare ad una carriera di questo tipo per fronteggiare il disagio economico, eppure sono mancate, al lavoro di Enrico, la cattiveria e le scintille necessarie per compiere il passo che separa un filmetto da pomeriggio in relax da un titolo destinato a diventare un piccolo cult.
MrFord
"No hay chinas, no hay chinas hoy.
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