Domenica scorsa ero al mercato di Casteggio, con Daisy. Un'impresa.
La ragazza ha ancora qualche difficoltà a capire come si usa il guinzaglio, e quindi dobbiamo continuamente correggere la sua rotta per evitare che faccia cadere qualcuno (noi, tipicamente). Ci sta, fa tutto parte della famosa educazione su cui dobbiamo puntare.
Incrociamo (a non meno di 2 metri) una famiglia: padre, madre e figlia più o meno coetanea di Amelia. Visibilmente terrorizzata da Daisy, la bambina si ritrae stringendosi alla madre.
Ora, io non so cosa pensino quei genitori della fobia della figlia. Magari ne sono preoccupatissimi ma non riescono a venirne fuori, magari gli sembra una cosa accettabile. Non lo so.
E sinceramente penso anche che in una bambina ci stia una paura così: io ero terrorizzata dalle cimici, che non hanno dentoni.
Quello che non capisco sono le persone che questo genere di paura se lo portano nell'età adulta.
Voglio dire: da bambina e da adolescente, avevo un fottio di paure. Gli insetti, specialmente quelli che pungono, mi hanno sempre terrorizzata. Ma anche le cimici, le rane, i serpenti e chissà quante altre povere bestie a cui non fregava un bel nulla della mia esistenza.
Ma le paure sono fatte apposta per superarle. Io le ho superate, per la maggior parte.
Intendiamoci: non penso che mi terrò mai in casa un pitone e prendere in mano una cimice mi richiede uno sforzo di volontà. Ma si tratta di disgusto, non di quella paura irrazionale che ti fa scappare al primo ronzio.
Mi chiedo perché invece tanta gente se le coccoli così volentieri, le sue paure. Io penso che, a parte rare eccezioni (e di solito si tratta di persone che perlomeno hanno lottato), si tratti di comodi paraventi.
Certo, non paraventi evidenti come un "non posso andare a buttare l'umido, sono terrorizzata dai composter" oppure "non posso stirare le lenzuola, ho una fobia verso il ferro da stiro".
Ma qualcosa del genere.
Lavorare sulle tue paure significa allontanarsi dalla comfort zone. Significa chiedersi perché hai paura di questo o di quello, ammettere le tue debolezze. Significa anche mettersi in ascolto dell'altro, anche se si tratta di un'insignificante bestia. Perché, quando l'altro diventa comprensibile e prevedibile come noi, smette di fare paura.
Ecco, per carità, forse a volte mi farebbe bene che la gente avesse più paura del mio cane: al momento fare 100 metri è un percorso a ostacoli. Tutti la vogliono toccare, tutti mi chiedono. Se mi fermo in un angolo, Daisy diventa un polo di attrazione.
Però davvero: se avete paura di qualcosa al punto di non potervi nemmeno avvicinare, lavorateci sopra. Diventerete persone migliori e ne sarete contenti.
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