A dirlo è il titolare di un bar del centro stanco di vedere come lui e i suoi colleghi che gestiscono gli altri locali, vengano accusati di essere motivo di disturbo, di sporcizia e di “movida”. Si sfoga e racconta ma chiede di restare anonimo.
Se la vera movida non c’è a Pavia, c’è però un reale problema di natura sociale e culturale.
La dimostrazione arriva anche stasera dalle iniziative che poco hanno a che fare con la cultura del bere ma più con quella dello sballo da alcool.
A partire da stasera infatti in un locale nei pressi del fiume (non indichiamo il nome per evitare pubblicità), sono partite le serate “Wine not” che si ripeteranno ogni mercoledì. Un open bar che dà quindi accesso illimitato a bere vino per soli 10 euro.
In pratica con questa cifra si può bere da un bicchiere a tutti quelli successivi che lo stomaco regge.
Per chi non lo sapesse, il chupito è un bicchierino – che viene definito in italiano “cicchetto”, in inglese “shott” e in spagnolo “chupito” appunto – piccolo e pesante che contiene circa 0,30cl di superalcolico come rum o vodka. “Se ne ricavano fino a 20 bicchierini da una bottiglia di vodka ad esempio – ci spiega ancora il nostro barista – e vengono venduti negli open bar ad 1 euro. Si capisce che è facile coinvolgere i ragazzi che fanno i bulli bevendo e addio a tutta quell’educazione al bere che noi, come gestori di locali, facciamo. Loro si ammazzano di alcol e arrivano a sera avanzata ubriachi e vanno avanti così senza limite tutta la notte. Poi si presentano già pieni come un otre da noi magari alle 3 per prendere altri superalcolici. Non c’è da stupirsi se poi in giro c’è sporcizia lasciata da loro e se c’è casino di notte sempre fatto da loro. Poi però la gente se la prende con noi baristi del centro perché restiamo aperti a vendere superalcolici. Non capiscono che noi non c’entriamo. Anzi siamo danneggiati”.
“Il problema grosso a Pavia è il dover lottare con un modo di lavorare sempre puntato al ribasso sia per qualità che per servizio – specifica il barista – a discapito di tutto il commercio oltre che di quella cultura del bere bene e stando attenti a non perdere il senso della misura e del bere moderatamente”.
E sulla cultura dell’open bar, che potremmo considerare in realtà una “contro-cultura” esprime i propri dubbi il segretario di Azione Democratica Daniela Vittori.
Daniela Vittori segretario AD
“Serate in cui dalle, alle per pochi euro puoi bere quanto vuoi. Le mie considerazioni sono di due ordini diversi. Il primo, quello che più mi sconforta, è morale. Come si può pensare di mettere a disposizione alcol illimitato per giovani e ragazzini, con il solo scopo di fare cassa? Immaginiamo innanzitutto la qualità di ciò che viene dato da bere per riuscire, appunto, a fare cassa con prezzi stracciati. Se alcolici e superalcolici già fanno male, figuriamoci quelli a bassissimo costo. Comportamento immorale e scellerato. Si spingono adolescenti e giovani a distruggersi cervello, fegato e stomaco, a rischiare il coma etilico, trasformandoli in pericoli oggettivi per se stessi e per gli altri, perché finita la festa, se svoltasi in locali fuori mano, la maggior parte si metterà al volante. Comportamento immorale e criminale. Si passa spudoratamente il messaggio che uscire (divertirsi) è sinonimo di sfascio alcolico totale senza freni. Comportamento immorale e a-culturale”.“Io mi domando – prosegue la Vittori - come possa essere possibile che questi "eventi", queste scelte, ampiamente pubblicizzate sui social e con flyer da parte di alcuni ristoratori, passino nel più totale silenzio da parte di chi dovrebbe avere come finalità la tutela dei giovani, il buon andamento e il miglioramento delle condizioni di vita di questa città?
L'altra considerazione è di carattere socio/economico. I "dopo serata" di questi "eventi" spessissimo finiscono in centro città perché il "beviti tutto ciò che vuoi" ha una durata temporale, terminata la quale l'interesse stesso per il locale spesso si esaurisce, non avendo altro da offrire.