E così sembra lontano quel 14 maggio 2012 giorno in cui la Procura della Repubblica di Pavia dando disposizione al Corpo Forestale, stabiliva il sequestro dell’area ex Chatillon, una superficie di circa 60mila metri quadri sui quali resistono ancora i resti di uno stabilimento che lavorava lo zolfo per la produzione dell’industria chimico-tessile nazionale, non solo per la Snia Viscosa. Una procedura nella produzione che determinava un inquinamento pesante a seguito dell'uso di zolfo, bromo, carbonio e idrocarburi.
Un cocktail di sostanze tossiche che ha inquinato per anni i terreni dello stabilimento e delle aree limitrofe, inclusa la roggia che scorreva nella zona, area che doveva quindi essere sottoposta a bonifica prima di procedere con la costruzione di un’area destinata ad abitazioni e uffici.
COSA ERA LA CHATILLON?Risale al 1917 la fondazione della Soie de Chatillon, “Seta di Chatillone” che aveva un primo stabilimento nell’omonimo comune valdostano, nei pressi delle centrali idroelettriche, scelta strategica per quell’epoca. Si produceva viscosa (poi rayon) e il successo portò subito ad una crescita dell’azienda che aprì in Piemonte, Ivrea e Vercelli, dove diede lavoro a migliaia di operai, principalmente femminile nel periodo di produzione di filati.In fase di sviluppo industriale, la Chatillon a Pavia, esattamente a Motta San Diamo, acquisì la S.A.Carlo De Sigis ovvero uno stabilimento per la produzione del solfuro di carbonio. Questa sostanza era indispensabile alla produzione del rayon, la cosiddetta “seta artificiale” e, con il procedimento viscosa, il rayon si ricavava dalla reazione della cellulosa con il solfuro di carbonio. Da ciò l’importanza dell’acquisizione e dello sviluppo della fabbrica pavese che infatti venne inserita fra le controllate della Chatillon. Dopo essere passata di mano in mano, nel 1926 alla Banca Commerciale Italiana, nel 1929 alla Sofindit, nel 1934 all’IRI, nel 1942 viene ceduta ad un consorzio di industriali lanieri assumendo il nome di Chatillon-Società Anonima Italiana Fibre Tessili Artificiali Spa ampliando, nel dopoguerra, la produzione delle fibre sintetiche e in particolare un tipo di nylon, il nylon6.Lo sviluppo e il peso nell’economia italiana della Chatillon fu una continua crescita tanto che il suo presidente Furio Cicogna (in foto) divenne presidente di Confindustria dal 1961 al 1966, anno in cui la Chatillon confluì nel gruppo Montedison a seguito della fusione fra la Montecatini e la Edison, di cui deteneva il controllo quando dopo che nel 1955 era entrata nella sua orbita e assorbendo poi l’Acsa di Porto Marghera. Nel 1972 la Chatillon incorporerà altre due aziende la Rhodiatoce e la Polymer cambiando nome in Montefibre che riuniva, sotto l’egida della Montedison, il gruppo delle aziende produttrici delle fibre chimiche. Nel 1981 dopo una riorganizzazione delle attività di Montefibre, la Chatillon andò a definire una società monoprodotto che gestiva con un capitale di 2 miliardi di lire e 1200 dipendenti, la produzione della viscosa e dell’acetato di cellulosa a Chatillone e a Vercelli. Le perdite subite in borsa però portarono alla crisi dell’azienda e nel 1985 venne definitivamente liquidata dalla Montefibre.
A queste informazioni se ne aggiungono di successive in data 30 giugno 2014 relative ad un documento sulla “Situazione delle aree oggetto di bonifiche e indagini ambientali” redatto dall’Ufficio tecnico del Comune, nel quale si aggiunge che il “progetto di Messa In Sicurezza delle Acque di Falda era stato presentato e approvato” così come il Piano della Caratterizzazione e nelle note si aggiungeva che era “in svolgimento una campagna di monitoraggio delle acque di falda”.
Una domanda che, almeno per quanto riguarda la bonifica, andrebbe rivolta attualmente a quegli stessi firmatari dell’interpellanza, ora seduti in maggioranza e che forse possono trovare una risposta nelle documentazioni del Comune, e non solo.
E a quella interpellanza, si aggiunge nel gennaio 2012 un’altra dichiarazione dell’allora assessore provinciale Alberto Lasagna, rilasciata sempre al quotidiano locale: “Lasciamo lavorare la magistratura. Per quanto riguarda la Provincia il ruolo è di massima collaborazione e trasparenza soprattutto perché ci interessa capire cosa è accaduto e tutelare la salute pubblica. Se ci sono responsabilità è giusto che emergano”.
Ebbene il problema, dopo tutto questo calvario, a gennaio 2016 è tutt’altro che risolto.
Per questo motivo, il gruppo politico di Azione Democratica ha deciso di mettere l’accento sulla complessa questione ambientale pavese e, dopo aver richiamato l’attenzione sulla vicenda del Gravellone, prosegue ora con il porre l'accento sul caso della ex Chatillon.
“Abbiamo appena fatto una richiesta di accesso agli atti a Regione e al Comune di Pavia in merito a questa vicenda – comunica Fabrizio Protti presidente di AD -. Sono 64.000 metri di area con una forte contaminazione da zolfo e altri materiali pericolosissimi, posta sotto sequestro e poi lasciata al degrado più totale. Un contenzioso tra attuale proprietario e curatela del vecchio proprietario non può comunque esimere il Comune dal procedere con la bonifica per poi fare rivalsa sui fondi di Stato o sequestrando il terreno come previsto dalle normative. Il sito é pericoloso – conclude Protti - e procrastinare gli interventi é un atteggiamento quanto meno illogico se non addirittura rischioso. L'intervento deve essere fatto senza se e senza ma e deve essere fatto subito”.
Miriam Agili