PAVIA. E’ stata inviata all’AIPO di Pavia e di Parma e
alla Prefettura di Pavia una lettera di “diffida all’utilizzo della strada
arginale del Siccomario “ e la richiesta di “vietare immediatamente al Comune di Pavia la
circolazione sull’opera arginale”, situazione che si è creata a seguito
della decisione della giunta comunale di istituire un senso unico di marcia in
via Milazzo.
La lettera di oltre 20 pagine e accompagnata da molti allegati, è stata firmata
dal presidente di Azione Democratica Fabrizio Protti e dai consiglieri comunali
di opposizione Nicola Niutta (NCD), Melania Lanave (FI), Matteo Mognaschi (LN)
e Rodolfo Faldini (Civica Pavia con Cattaneo) ed è stata inviata pochi minuti
fa ad AIPO e Prefettura di Pavia.
“Questo è un grande messaggio per come va inteso il concetto di “buona politica”
da parte di tutti coloro che vogliono per la città una buona politica” ha
commentato il presidente di AD Fabrizio Protti nel comunicare la notizia.
La buona politica che intende Protti parte ancora una
volta dall’analisi dei testi e dei documenti che dimostrano alcuni punti
critici e contraddizioni.
Anzitutto la strada del Siccomario è una strada “di seconda categoria” ovvero
come la definisce AIPO una “pista di servizio” non una strada; va quindi utilizzata
per il transito dei mezzi di servizio nei casi di necessità. Questa “pista di
servizio” invece viene utilizzata normalmente come strada a doppio senso di
marcia ovvero come fosse una strada maestra. E con il senso unico in via
Milazzo, la percorrenza su questa “pista di servizio” è stata incrementata. Questo è il primo punto critico sollevato dagli scriventi.
Altro punto dolente della situazione rilevata dall’analisi
dei documenti è l’assenza negli uffici del Comune di Pavia di alcune
certificazioni del collaudo per l’uso della “pista di servizio” come “strada”. L’unico documento che ha il Comune è il testo
della concessione regionale del luglio 2007 e gli allegati al disciplinare AIPO
dell’agosto 2007 che però non indicano l’agibilità della strada per il doppio
senso di circolazione ma solo il diritto di concessione come “pista di servizio”
ed il rispetto dell’opera arginale come indicato dal Testo Unico del 1904.
“Nessuno
ha trasformato l’argine in strada” ha confermato un tecnico del Comune nell’ampia documentazione raccolta ed inviata al Prefetto, anche se esistono
eccezioni e casi particolari per cui questa può essere impiegata ma in quel
caso ci si deve attenere all’applicazione del Codice della Strada e ad
interventi che non devono compromettere il bene demaniale.
Terzo elemento critico: non c’è alcun riferimento al
Codice della Strada e al Decreto ministeriale delle infrastrutture e dei
trasporti per le prescrizioni relative alle strade inerenti alla "classificazione delle strade".
Ed è evidente la ragione: per una “pista di servizio” non occorre applicare le indicazioni
previste dal codice della strada e dai decreti ministeriali a patto però che venga
usata per questo scopo e non trasformata in una strada normale.
Volerne
trasformare l’uso in strada maestra, addirittura con doppio senso di marcia, non
è possibile, anzi appare evidente una violazione del Codice e dei Decreti
Ministeriali. Quindi la concessione regionale vale solo per quanto riguarda lo
sfruttamento economico del colmo dell’argine ed ha validità di 9 anni scadendo a
luglio 2016. Ma nulla più di questo
“Accertata la responsabilità del sindaco pro tempore nel
garantire la percorribilità come strada a doppio senso di circolazione su un’opera
arginale – si legge ancora nel documento – il Comune ha l’obbligo di effettuare
le manutenzioni della strada e dell’opera arginale ma non può modificare in
nessun modo la sagoma dell’opera arginale, non può erigere barriere che siano esse
contenitive e che possano rendere difficoltoso il traffico dei natanti in caso
di emergenza e in ogni caso per responsabilità prefettizia qualsiasi violazione
porta alla chiusura immediata della strada”.
Per capirci: mettere il guard rail è impossibile su una “pista
di servizio” perché ostacolerebbe il transito di mezzi anfibi in caso di piena ma
è obbligatorio su una strada che dista dal piano terra oltre 1 metro.
La strada
dell’argine dista dal piano terra oltre 2 metri e quindi dovrebbe avere per
legge, il guard rail.
Da qui la contraddizione creata dalla scelta del Comune: o si tratta
la via dell’argine per come è davvero, una pista di servizio senza guard rail
ma anche senza il traffico che si sta avendo dal momento in cui si è stabilito
il senso unico, o la si tratta come una strada a doppio senso mettendo i guard rail ma violando così
il Testo Unico.
Ma c’è un ultimo punto critico: le barriere ridurrebbero
ulteriormente la larghezza della carreggiata che per il codice della strada, in zona extra urbana deve arrivare a 3,50 metri per corsia per un totale di 7 metri di
larghezza totale mentre la strada dell’argine misura a malapena 5 metri nei
punti più ampi.
Insomma comunque la si guardi, la situazione creata sulla
via del’argine dalla scelta del Comune di fare un senso unico in via Milazzo, sconfina nell’illegalità da parte del Comune.
Ed il tentativo vano
e tardivo del Comune di inviare a Regione Lombardia una lettera per
chiedere il posizionamento delle barriere protettive sull’opera arginale è stato
anche effettuato in modo scorretto perché è stata inviata solo una lettera con
allegata una piantina e indicazioni segnate a pennarello mentre una richiesta
del genere deve per legge essere redatta da un ingegnere strutturista allegando
una cartina con capitolato dettagliato.
di MiriamPaola Agili