PAVIA. La testimonianza di Vittore Bocchetta l'ultimo internato con Olivelli e i disegni della Memoria.

Creato il 25 gennaio 2016 da Agipapress
PAVIA. Come celebrazione della Giornata della Memoria e per offrire uno spunto di ulteriore riflessione anche in relazione alle teorie negazioniste cui si dà credito nonostante l'evidenza delle testimonianze, dei fatti e dei segni ancora evidenti sul corpo dei testimoni, riceviamo dal professor Emanuele Gallotti e pubblichiamo volentieri la testimonianza del professor Vittore Bocchetta, l’ultimo rimasto in vita dei deportati con Teresio Olivelli, personaggio ricordato dallo stesso Gallotti alla cerimonia di inaugurazione della mostra dedicata alla figura e al ricordo di Teresio Olivelli al Broletto (QUI l'articolo), Olivelli che è stato dichiarato "Venerabile" e di cui è in corso il processo di canonizzazione.Ringraziamo il professor Gallotti della condivisione di questa documentazione. E ringraziamo il professor Bocchetta per aver concesso la pubblicazione di questi disegni che documento questa tragica realtà storica.
“Ancora una volta mi si chiede di tornare alla memoria di Teresio Olivelli. Tento quindi di riaprirla per rintracciare segni e tracce logorate dall’andare della mia lunghissima esistenza. Quanto mi resta a mente non è molto di più di quello che finora di Olivelli ho testimoniato:  Flossenbuerg: siamo selezionati in tre gruppi marchiati con i numeri 1 – 2 – 3 sul nostro petto nudo. Il mio destino è Hersbruck.
Ci raccolgono davanti a uno dei famigerati vagoni bestiame. Un ufficiale delle SS ci conta e controlla i nostri numeri cuciti sulla nostra casacca zebrata.  Ad un certo punto costui comincia a latrarci nuovi ordini incomprensibili. Capisco solo Achtung e dolmestcher (Attenzione! E interprete). Ci sta presentando Teresio Olivelli come nostro futuro traduttore. E' la prima volta che conosco, dal basso all’alto, Teresio Olivelli, questo giovane dagli occhi enormi. Lo perderò di vista per diverse settimane. Lo rivedrò solo quando diventerà Block schreiber del block 14, la baracca che contiene il transport arrivato da Bolzano. Questa baracca “conteneva” circa 450 “numeri” di diversa origine. Il nuovo capo baracca è dunque Olivelli il quale (qui sta l’assurdità) non è l’atteso solito kapo feroce e spietato. Posso dire che viene ad essere per tutti una sorpresa inaudita, una speranza cieca che conquista tutti e ciascuno. Lo schreiber Olivelli è contraddizione assoluta del kapo programmato per l’eliminazione dei nemici, degli Ebrei e di tutti gli antipatici al Terzo Reich Quindi Olivelli diventa naturalmente oggetto disperato di suppliche, di favori e di speranze. I miei contatti personali con lui sono pochi e occasionali ma lui sa già che vengo dal block è di Bolzano (la baracca degli isolati pericolosi), è lui stesso ad accennarmene nei primi nostri scambi. Poi viene la sua amicizia con il doktor, kapo del revier (infermeria). Qui trova come e dove recuperare gli strumenti possibili per la sua ostinata e costante opera di salvataggio e di misericordia. Lo vidi solo molto più tardi agli inizi del ’45”. E il professor Bocchetta aggiunge anche un ricordo di cui parla nel suo libro “Quinquennio infame”:
“Faccio per tornare al revier quando sento chiamare il mio nome: è una povera figura macilenta, scheletrica con due grandi occhi immensamente buoni, è Olivelli- Olivelli?! Sei tu?! Non sapevo più niente di te.Che cosa è successo? Ti credevo imboscato coi capi! Olivelli? Come stai Olivelli? Cosa fai?” "Lo vedi da te!Scavo inutilmente in questo maledetto fango inutile” "Olivelli, amico! Come sei ridotto! Ed io che ti facevo imboscato in qualche ufficio assieme ai verdi del lager!” “No, no, dovresti saperlo… io non sono stato creato per la ragione di essere di questo posto ma anche tu non mi sembri una bellezza!” Arriva il suo kapo urlando a scaricargli una terribile gommata sulla schiena. “Ciao Olivelli…” “Addio…Bocchetta!” Neanche Olivelli, amato da tutti e che, per il suo tedesco, è il più dotato… neanche Olivelli sembra farcela! Solo chi cessa di essere uomo può restare in questa bolgia maledetta”.