PC Magazine #124 - Rubrica

Creato il 06 luglio 2013 da Intrattenimento

Un viaggio tra indie, hardware, MMO e il nuovo mappamondo dello sviluppo mondiale

Come sta cambiando il mappamondo dello sviluppo? Nell'ultimo decennio il dato macro evidente è stato la crescita dei team occidentali, che oramai soddisfano gran parte delle esigenze dei mercati europei e di quello americano, e la contemporanea decrescita o chiusura del panorama giapponese, che a parte alcuni grandi nomi o importanti eccezioni non riesce piu ad esprimersi come locomotiva dell'innovazione tecnologica quando si parla di software videoludico. Contemporaneamente, da un po' di tempo stanno crescendo piccole realtà dislocate in aree geografiche fino all'altro ieri impensabili: paesi in forte crescita come la Nigeria, la Turchia e il Brasile ma anche luoghi meno legati al medium videoludico, spesso impegnati a combattere ben altri problemi come la Corea del Nord, la Bielorussia e l'Iran. EDGE ha dedicato un interessante articolo a questa enorme diversità che, spesso proprio grazie alla semplicità di pubblicazione su PC, ha reso possibile la nascita di società strutturate e di successo come Wargaming.net ma anche solo piccoli centri dove publisher occidentali dislocano parte del loro lavoro. Insomma se volete sapere in quale dittatura è stato sviluppato il recente Men in Black per iPhone, fate un salto sulla pagina che ospita l'articolo. Ben fatto anche lo speciale di Polygon sullo sviluppo in Kenya, sempre per restare in tema. A proposito di evoluzione, è innegabile che anche i costumi dei giocatori stanno rapidamente cambiando: YouTube la fa sempre più da padrone e la fruizione di video, oramai resa immediata anche da dispositivi come smartphone e tablet, riveste un ruolo di crescente importanza per la formazione dell'opinione degli utenti. Google ha pubblicato un documento in cui analizza proprio questa tendenza, già oggi ritenuta uno dei maggiori sbocchi per la diffusione del medium.
di Umberto Moioli

COMPONENTECARATTERISTICHEPREZZO

ProcessoreIntel Core i7 4770K € 340.00

Scheda MadreASUS Z87-DELUXE € 280.00

Scheda Video Nvidia GTX 780 x 2 € 1200.00

RAM CORSAIR Vengeance 16GB 1600MHz € 70.00

Alimentatore Seasonic Platinum - SS-1000XP f3 € 230.00

Hard DiskSeagate Barracuda 2 TB + Samsung 840 256GB € 300.00

Lettore-Masterizzatore Ottico ASUS BC 12B1ST € 60.00

CaseCooler Master Cosmos II € 300.00

CONFIGURAZIONE COMPUTER NINJA € 2780.00

Nel marasma delle uscite che si rincorrono su Steam è facile perdersi qualche grande gioco meno conosciuto, o spendere soldi in autentiche cacche. Anche per questo ci siamo qui noi. Se avete 4,99 euro da investire vi consigliamo di spenderli in Bleed. Uscito a febbraio per PC, dopo avere entusiasmato i possessori di Xbox, questo gioco d'azione frenetico, fluido e straripante di idee arriva ora su Steam. E potrebbe benissimo allietare il vostro fine settimana. Fateci un pensiero. Altrimenti qui di seguito c'è una bella lista di giochi in arrivo da tenere d'occhio, molti dei quali hanno già sguinzagliato una demo sulla rete. Infine non perdetevi il browser game della settimana, una sfida al pensiero creativo per coltivare una mente ascetica e illuminata.
Klei spiazza tutti e, dopo gli ottimi Don't Starve, Mark of the Ninja e Shank, annuncia uno strategico a turni di ambientazione spionistica. Si chiama Incognita, ha livelli generati proceduralmente e ruota intorno alla raccolta di informazioni. Purtroppo non si sa molto altro, ma già verso la fine dell'estate potremo accedere alla versione alfa di Incognita e fornire suggerimenti in corso d'opera per migliorare il gioco, una pratica sempre più diffusa nell'industria indipendente.
Comincia su Steam Greelight la campagna di The Horror at MS Aurora, un gioco horror sviluppato dagli svedesi di 12 O'Clock Studios, ambientato in mare e con la presenza di una qualche mostruosità tentacolare. L'obiettivo degli autori è sviluppare un gioco lungo quanto un comune film horror, con molte sequenze animate interattive durante le quali dobbiamo prendere decisioni e compiere azioni in tempo reale che determineranno lo svolgimento della narrazione. Se state già pensando a The Walking Dead siete sulla strada giusta, perché è tra le fonti di ispirazione degli sviluppatori. In ogni caso dobbiamo pazientare fino alla fine dell'anno per vedere il gioco completo, perciò mettiamoci il cuore in pace e aspettiamo nuovi lumi su questo interessante progetto che potrebbe aprire la strada a una specie di corti (rispetto alla durata media di un videogioco) con i quali sostituire il classico film del sabato sera.
Quando una figlia uccide la dea madre, quando ci chiedono di prendere posizione in una guerra infinita che imperversa da 40 anni e quando un'azione in 3D fluida, spettacolare e ricca di contenuti si profila all'orizzonte, noi alziamo il pollice verde senza esitazione. Un voto in più si aggiunge quindi alla pagina di Steam per caldeggiare la pubblicazione di Valdis Story Abyssal City. Dagli autori di Legend of Fae sta infatti per arrivare sui nostri monitor un gioco che riesce a distillare il sapore dei vecchi videogiochi di azione bidimensionali e a fermentarlo in un gioco moderno e ultra rifinito. Guardate il video e diteci se gli effetti sonori non fanno risuonare anche nelle vostre orecchie l'eco della nostalgia. Il gioco dovrebbe essere sostenuto da una narrazione ampia, sufficiente a stimolare l'avanzata oltre al semplice piacere di ingaggiare combattimenti con i tanti nemici diversi che affollano lo schermo, tra i quali boss imponenti e pericolosi. Se volete un assaggio di Valdis Story Abyssal City non aspettate il verdetto di Steam, scaricare la demo e lanciatevi subito nell'avventura.
Ra-ta-ta-ta! Swoooosh! Pugiwu! Boom!... Non siamo regrediti alla sbavante età infantile, è solo l'effetto di Strike Vector, un gioco competitivo online che ci mette alla guida di un velivolo da guerra futuristico con l'obiettivo di abbattere gli avversari controllati da altri giocatori. Accelerazioni, virate, acrobazie adrenaliniche e una pioggia di piombo: sono questi gli ingredienti del gioco, che offrirà sette livelli molto diversi tra loro e innumerevoli combinazioni per fare del proprio mezzo un esemplare unico da battaglia, studiato su misura per il nostro stile di combattimento.
Una folgorazione di genio torna a elettrizzare gli studenti della Vancouver Film School e li spinge a sviluppare Bullet Ride. In questo folle gioco ci troviamo a cavallo di un proiettile, che dovremo indirizzare fino a uccidere il bersaglio designato, di solito un individuo malvagio che sta per commettere un crimine. Per compiere il nostro sporco dovere sarà necessario calibrare accelerazione e scatto, e servirsi di superfici che facciano rimbalzare il proiettile fino a quando non ci troviamo nella prospettiva giusta per eliminare il bersaglio. Nella sostanza Bullet Ride è un gioco di corsa in 3D ma le varianti ambientali, il contesto e l'idea di fondo sono tali da meritargli una menzione d'onore in questa rubrica. Scaricatelo subito senza paura; è gratis, supporta il joypad e non chiede grossi sforzi al vostro PC.
Se fino ad oggi avete sempre ignorato il browser game della settimana va bene lo stesso, ma, almeno per questa volta, dategli una possibilità. 3LIND GAME è un puzzle dal sapore mistico che ci chiede di rompere le convenzioni in ogni livello per trovare la soluzione. Non si tratta di ingannare il giocatore, al contrario: se saremo capaci di attingere alla nostra creatività e mettere in dubbio le regole, vedremo la soluzione schiudersi come una rivelazione. Ringraziamo Sergey Gerasimenko per la sua ispirazione e per questo gioco affascinante.
Indie della settimana
La storia di 99 Spirits è intricata e fa venire un po' il mal di testa. Partiamo perciò dalla fine del prologo quando, nei panni della spadaccina Hanabusa, dobbiamo metterci in viaggio per riparare una spada esoterica forgiata, pare, dai nostri genitori, e recapitataci da una volpe bianca. Lungo il cammino tortuoso che ci attende dobbiamo fare luce anche sul mistero che avvolge la scomparsa di nostro padre e sui sanguinosi eventi accaduti dieci anni prima, quando un traditore sconosciuto, aiutato da alcuni tsukumogami, ha ucciso nostra madre. Ve l'avevamo detto che era complicato. Ora però sapete perché Hanabusa ha un conto in sospeso con gli tsukumogami, spiriti minori che si trovano dentro oggetti quotidiani, come le teiere. Anche se 99 Spirits potrebbe sembrare una storia interattiva, in realtà è un gioco di ruolo con mappe strategiche per gli spostamenti a turni. Oltre alle caratteristiche tipiche del genere, ovvero villaggi da visitare, lunghi spostamenti avventurosi, personaggi non giocanti, statistiche e progressione del personaggio, 99 Spirits vanta un sistema di combattimento ispirato e appassionante. Nel corso delle nostre peregrinazioni dobbiamo sfoderare la spada e affrontare gli tsukumogami che ci sbarrano la strada, ed è qui infatti che viene il bello. Parare, attaccare e contrattaccare con il giusto tempismo non è sufficiente, perché gli spiriti non si possono prendere a bastonate come i manifestanti in una piazza. Bisogna prima conoscere il loro nome: solo così possiamo sconfiggerli o catturarli. Per farlo dobbiamo parare e difendere correttamente fino a riempire i vari indicatori delle cinque gemme incastonate nella spada. Ogni gemma ci fornisce indizi utili per scoprire il nome dello spirito che stiamo combattendo. Una volta che lo avremo rivelato, per lui saranno dolori. La maggior parte degli spiriti ha nomi di uso comune, come comuni sono gli oggetti che possiedono, ma talvolta è necessario uno sforzo in più. In questi casi può essere utile trovare pagine di un diario simile a un bestiario che contiene il nome di alcuni spiriti. Vi avvisiamo che il gioco è tradotto in inglese, perciò valutate se avete dimestichezza o meno con la lingua. Il bello, una volta catturato uno spirito, è che lo possiamo addestrare e tenere al nostro servizio. Fino a cinque tsukumogami possono diventare nostri fedeli alleati. Al di là dei combattimenti interessanti la storia ricorre troppo spesso però agli stereotipi del genere e i giocatori più smaliziati anticiperanno con facilità i colpi di scena. Solo la presenza della spada tiene vivo l'interesse, perché mano a mano che la storia progredisce e Hanabusa acquista nuova esperienza la sua arma diventa più potente. Tra alti e bassi comunque 99 Spirits riesce a tenere vivo l'interesse per la vicenda, grazie soprattutto ai suoi combattimenti frenetici, resi ancora più avvincenti dalla fretta di svelare il nome dello spirito che stiamo affrontando. Se siete patiti di anime e cultura giapponese probabilmente questo gioco vi appassionerà molto. In ogni caso è disponibile una demo perciò, patiti o meno, provarla prima di procedere all'acquisto potrebbe essere un'idea saggia.
di Andrea Rubbini

World of Warcraft
Questa settimana, Blizzard si è trovata di nuovo al centro di una grossa polemica che ha richiesto un intervento ufficiale quando la sacra arte millenaria del data mining ha rivelato la presenza di una strana stringa nel codice della patch 5.4, attualmente in fase di test sui Public Test Realm. La cosa più strana di questo "buff" non è tanto l'effetto (aumenta del 100% i punti esperienza guadagnati tramite missioni e uccisioni) ma la dicitura che la ricollegherebbe a un famigerato "in game store", uno di quei negozietti virtuali utilizzati da praticamente tutti i MMO free-to-play per vendere ai giocatori potenziamenti e gadget attraverso le microtransazioni. Apriti cielo: tra gente che ci ha già visto il definitivo passaggio di World of Warcraft al modello gratuito e giocatori hardcore che hanno inarcato un sopracciglio alle possibilità che comporterebbe un'aggiunta del genere, i devs sono stati costretti a mettere un punto fermo alla questione prima che raggiungesse livelli biblici. Ebbene, sì, qualcosa si sta muovendo in quel senso: l'ha confermato il community manager Zarhym, spiegando che "Blizzard sta esplorando questa possibilità", cosa che in gergo tecnico significa che prima o poi arriverà. Zarhym ha anche sottolineato che la cosa si starebbe valutando "per alcuni paesi", e questo farebbe pensare al territorio asiatico, dove si è concentrata il maggior calo di sottoscrizioni degli ultimi anni. Dal punto di vista di un veterano di World of Warcraft, quella di uno store virtuale è un'aggiunta che fa, sì, storcere il naso, ma non stupisce, specie oggi che ce n'è uno in praticamente ogni MMO. Senza contare che tramite gli oggetti acquistabili sullo store, come cavalcature e mascotte, e rivendibili nell'asta del gioco, si è già fatto un esperimento del genere. Bisogna aspettare e vedere cosa, effettivamente, venderà lo store: prima di cominciare a parlare di "pay-to-win", tanto vale contare fino a dieci e scoprire se questo nuovo progetto si concretizzerà davvero e, sopratutto, come e dove.
Guild Wars 2
C'è stata un po' di polemica anche per quel che concerne il MMO di ArenaNet, che all'improvviso potrebbe non vedere più un'espansione in tempi brevi. Ma come, ma allora ci stavano lavorando oppure no? La voce di corridoio girava da talmente tanto tempo che ormai ci stavamo credendo un po' tutti, ma il lead designer Mike Zadorojny ha ammesso che il progetto non rientra nei loro piani a breve termine. A quanto pare, l'attenzione di ArenaNet è ora tutta rivolta al nuovo piano di aggiornamenti quindicinali, iniziato ormai da un mesetto e ormai ufficiale. È una filosofia interessante e piuttosto innovativa per il panorama, che Zadorojny paragona ai format televisivi: il team rilascia nuovi contenuti episodici a un ritmo più sostenuto, e i giocatori sono incentivati a collegarsi di settimana in settimana per scoprire cosa sta succedendo nel loro mondo virtuale. Per questo motivo, ArenaNet non sente la necessità di un'espansione vera e propria, né di permettere l'acquisto tramite Gem Store di armi o equipaggiamenti potenti. D'altra parte, i giocatori si stanno tutti chiedendo cosa ne sarà delle regioni inaccessibili della mappa ate dato che dal lancio ne sono state aggiunte già parecchie, seppur temporanee. A proposito di aggiornamenti, il prossimo si chiama Bazaar of the Four Winds, e anche in questo caso ci troviamo di fronte a un mix di contenuti temporanei e permanenti. Si tratta di una patch molto interessante: c'è una nuova zona chiamata Labyrinthine Cliffs con relativi mini giochi (una scavenger hunt e la gara di corsa Sanctum Sprint) che si dovrà esplorare utilizzando delle abilità di movimento speciali; c'è anche una nuova mappa PvP, chiamata Skyhammer, in cui i giocatori devono conquistare delle aree sfruttando delle apposite pedane a propulsione e una specie di mega cannone letale; ci sono vari oggetti estetici su cui mettere le mani e nuovi materiali e ricette per il crafting; sopratutto, c'è un interessantissimo revamp del sistema di Achievement, che adesso premia il giocatore con potenziamenti permanenti e oggetti estetici ogni volta che accumula una certa quantità di punti. È retroattivo, quindi i vecchi giocatori faranno bene a collegarsi per scoprire quanti scrigni speciali potranno aprire in un colpo solo.
Final Fantasy XIV
Inizia quello che sembrerebbe proprio essere il test conclusivo della terza fase di Beta per il Reame Rinato di Square Enix: i server sono aperti da ieri, venerdì 5 luglio, e chiuderanno... be', non si tratterebbe di un solo weekend, quindi, ma di più giorni, forse una settimana: l'obiettivo principale di questo nuovo test è sicuramente lo svisceramento del Duty Finder, un'interfaccia a lungo attesa che Naoki Yoshida ha presentato personalmente nella sua ultima Live Letter. Per farla breve, il Duty Finder è una copia sfacciatissima di qualunque sistema di "dungeon finder", "group finder" o come preferite chiamarlo visto in tanti MMO e introdotto per primo da World of Warcraft alcuni anni fa. L'interfaccia sostanzialmente permette di scegliere un contenuto, il ruolo che si vuole svolgere e mettersi in coda per partecipare all'attività prescelta insieme a un gruppo composto casualmente. Yoshida ha però perfezionato a modo suo la feature, che ci è apparsa incredibilmente snella e completa: permette di scegliere la lingua prediletta e cerca i giocatori tra tutti i server, per esempio, oppure ci consente di scegliere se vogliamo iniziare un dungeon dal principio o se ci va bene ritrovarci direttamente al boss finale. Insieme al video del Duty Finder, lo staff ha proposto anche un nuovo "tour" di Eorzea; si tratta di una carrellata di panorami e sequenze di esplorazione all'interno di zone vecchie e nuove. Durante il suo ultimo intervento, Yoshida ci è sembrato bello carico ed estremamente fiducioso: ha annunciato con piacere che, complice anche la versione PlayStation 3, le iscrizioni alla Beta hanno superato il milione. Square Enix sta rischiando tantissimo con il rilancio di Final Fantasy XIV ma, finora, sembrerebbe che la fiducia nel suo nuovo direttore sia stata ripagata.
di Christian La Via Colli

The Devil Inside
Quando il mondo dei videogiochi era meno inscatolato e le singole produzioni non facevano rischiare il fallimento immediato in caso di insuccesso, non era difficile imbattersi in titoli di secondo piano che spiccavano per qualche caratteristica amena rispetto ai trend di mercato. The Devil Inside rientra perfettamente nel novero dei prodotti di nicchia che tentavano di farsi strada introducendo temi ed elementi di gameplay originali. Il titolo di Cryo Interactive nasceva dalla volontà di inseguire il successo dei survival horror classici, quelli alla Alone in the Dark e, soprattutto, alla Resident Evil, mescolandoli con l'azione in terza persona, ottima per superare i limiti del sistema di controllo del genere come si era allora definito. Il risultato non fu eccezionale dal punto di vista tecnico e il gioco uscì sul mercato parecchio fallato e con diversi problemi in termini di gameplay. Vi starete quindi chiedendo come mai riparlarne oggi. In realtà capita spesso che titoli considerati mediocri, o anche realizzati mediocremente in molti loro aspetti, nascondano qualcosa di più di quello che sembra. Spesso non riescono a brillare per meri motivi produttivi.
The Devil Inside prendeva il là dal Grande Fratello (inteso nella sua accezione culturalmente più ampia), inserendo l'horror nel contesto di un reality show. Ne erano protagonisti Dave e Deva, il primo un normale essere umano abile nell'uso delle armi da fuoco, la seconda il suo alter ego demone capace di lanciare magie e di assorbire gli spiriti dei nemici morti per ricaricarsi. In alcune fasi era possibile passare dall'uno all'altro per risolvere enigmi o affrontare combattimenti altrimenti impegnativi. Fin qui non ci sarebbe niente di strano, se non fosse che le loro azioni erano dettate dalle esigenze sceniche dello show che dava il titolo al gioco e che ogni fase era commentata da un presentatore televisivo attento solo allo spettacolo. In puro stile The Running Man, insomma. Per dire, Rockstar riprenderà un'idea simile in Manhunt, uscito diversi anni più tardi. Molti, ignari dell'esistenza di The Devil Inside lo considerarono anche un titolo dal tema originale (al limite era estremamente più violento, ma sono dettagli). Quello che rendeva The Devil Inside interessante era la riflessione sulla società dello spettacolo che faceva da sfondo all'azione. Il gameplay c'era ed era preponderante rispetto alle sequenze passive, ma anche all'interno delle fasi giocate erano stati aggiunti degli elementi che aiutavano a tenere il tema costantemente al centro della scena (ad esempio gli interventi continui del terrificante presentatore). In questo, nonostante i limiti tecnici, il titolo di Cryo Interactive, software house che faceva grande attenzione al contenuto dei suoi prodotti, spiccava sulla concorrenza e sicuramente meritava di ritagliarsi una sua nicchia di popolarità affianco ai più blasonati giochi horror giapponesi. Purtroppo, essendo uscito solo per PC e non essendo stato pubblicizzato moltissimo era in un certo senso fuori dal mercato di massa, all'epoca giài in mano alle console (stiamo parlando di anni ricchissimi per PlayStation One, ma anche il Nintendo 64 non viveva male), dove si concentravano gli investimenti e l'interesse di stampa e videogiocatori.
di Simone Tagliaferri

Un ultimo saluto al padre della madre di tutte le demo
Un tributo a Douglas Engelbart, scomparso il 2 luglio scorso all'età di 88 anni, è un atto dovuto in questa rubrica che vive di computer e di componenti informatiche. La figura, o meglio l'uomo, di cui stiamo parlando è, infatti, nientemeno che l'inventore del mouse, quel piccolo strumento che ha fatto da rampa di lancio per i personal computer in un magico e brutale frangente che ha visto Microsoft e Apple, capitanate da due mastini di razza, prendere il largo e imporsi come simboli dell'informatica moderna. Paradossalmente, la carica rivoluzionaria del mouse non deriva da un potente balzo tecnologico, ma risiede nella sua somiglianza, in termini di meccaniche di utilizzo, con una semplice penna, uno strumento che, combinato con una superficie perfettamente piatta, riesce ad esprimere al meglio la precisione di cui è capace la nostra mano. Ed è proprio la familiarità del gesto che ha permesso al dispositivo di sfondare in poco tempo, trasformando i freddi calcolatori in collaboratori elettronici utilizzabili da chiunque. E anche oggi, nonostante l'emergere di tecnologie per l'interazione a dir poco avveniristiche, il mouse rimane lo strumento fondamentale con cui interagire con un computer, dotato di una precisione e di una rapidità nella risposta che ancora non appartengono al mondo dei sensori. Certo, con i dispositivi che leggono direttamente il movimento degli occhi si aprono nuove possibilità e il touch ha dei vantaggi innegabili, soprattutto in termini di immediatezza. Ma per quanto un fucile dotato di sensore possa aumentare l'immersività di un FPS, nel mondo del gioco agonistico sembra che il mouse sia destinato a dominare ancora per diverso tempo, proprio per l'estrema precisione che consente di raggiungere. Ci sarà indubbiamente un giorno in cui il dispositivo di puntamento verrà soppiantato ma la creazione di Engelbart resterà sempre quel punto di svolta che tra l'altro ha ispirato direttamente anche interfacce di puntamento come quella del Wiimote. D'altronde tutto sta nel semplice calcolo della posizione di un oggetto virtuale lungo due assi, concetto semplice ma che ha cambiato l'interazione con i computer grazie un'interfaccia uomo-macchina studiata per essere un prolungamento della mano umana. Non a caso la compagnia fondata da Engelbart si chiamava Augmentation Research Center e non si è limitata a studiare l'interfaccia meccanica, formulando anche svariati possibili utilizzi e riuscendo a immaginare, o forse a plasmare, il web moderno. Tutto è cominciato il 19 dicembre del 1968, data in cui Engelbart ha presentato il mouse e, assieme allo strumento, ha presentato la sua visione del futuro. Durante la presentazione, infatti, lo scienziato ha mostrato anche link ipertestuali e pagine caratterizzate da testi combinati con elementi grafici. Una struttura che avete davanti agli occhi proprio in questo momento a riprova della carica avveniristica di quella storica presentazione che, tra le varie sorprese, ha visto Engelbart connettersi in video conferenza con un collega lontano 30 miglia. Un vero e proprio salto nel futuro con la dimostrazione, effettuata qualcosa come 45 anni fa, di possibilità che sono diventate di dominio comune solo negli ultimi 15-18 anni. Di presentazioni di quella portata non se n'è più viste, almeno in ambito informatico e l'evento, non a caso, è stato chiamato La Madre di Tutte le Demo, per la capacità che ha avuto di anticipare buona parte del nostro presente. Da quella visione sono nati molti prototipi della tecnologia moderna sviluppati sia all'interno che all'esterno della compagnia di Englebart. Per esempio, il Dynabook di Alan Kay, altro membro dell'Augmentation Research Center, può essere considerato il prototipo dei tablet frenato solo dall'essere troppo avanzato per le possibilità tecnologiche dell'epoca. Paradossalmente, in barba alle proprie velleità pratiche, lo stesso Kay è colui che ha vestito i panni di quell'ape che ha trasportato il polline per la fioritura di Apple e Microsoft. Stanco dell'inabilità del team di Englebart di dare un seguito pratico e commerciale al proprio talento, lo scienziato si spostò negli uffici di Xerox, quella Xerox da cui Jobs prese il mouse trasformando l'Apple Lisa nel primo vero personal computer della storia.
"The best way to predict the future is to invent it." - Alan Kay
di Mattia Armani


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