Pecore nere del lavoro: statali e pensionati senza futuro?

Creato il 20 gennaio 2016 da Propostalavoro @propostalavoro

C'era una volta un mondo del lavoro in cui pensionati e lavoratori statali non erano privilegiati ma comuni mortali come noi. Nel mercato del lavoro, anche loro lottavano per diritti e tutele sognando un futuro più sostenibile.

E alla fine quei diritti li ottennero, firmando però un tacito patto: sarebbero stati i margini della forza lavoro (donne, nuovi arrivati, giovani) a portare il peso di tutte le inefficienze di un sistema dove la (bassissima) produttività non andava di pari passo alla (non così bassa) retribuzione.

Ed ecco allora fare la loro comparsa co.co.co., co.co.pro., stagisti, partite IVA, madri licenziate, eterni precari, parasubordinati, disoccupati…un esercito rivoluzionario che chiedeva i diritti (e la testa) dei privilegiati.

Battaglia vinta a livello mediatico, ma sostanzialmente pareggiata a livello legale. La storia è questa: la nuova economia di frontiera, fatta di sharing economy, startup, freelance professionisti digitali, è fragile, ma resiste e si espande tra gli applausi di ogni mezzo di informazione; i senior mantengono le tutele del posto fisso a vita ma anche sono costretti a sopportare l'infamia di aver zavorrato il sistema paese, che, dimenticato il posto fisso, può sognare al massimo le tutele crescenti.

C'è un nuovo equilibrio, insomma, ma se pensiamo che sia anche solo lontanamente sostenibile, ci sbagliamo di grosso. È vero, i nullafacenti della Pubblica Amministrazione non sono un'invenzione della stampa – vedi il «Caso Sanremo»; ed è vero che i pensionati (memorabile l'inchiesta di cui parlavamo in occasione della Festa dei Nonni) possono vivere e spendere all'estero i soldi che a fatica accumuliamo per loro.

Ma "pesi", "zavorre", "parassiti", sono termini ingiusti. Al di là di scandali e disfunzioni – da correggere comunque – lavoratori ipergarantiti e pensionati sono comunque risorse.

Ha fatto discutere negli ultimi giorni la proposta di licenziare in tronco i "fannulloni" della PA colti in flagrante. Al TG5, il premier Renzi promette il pugno di ferro contro gli assenteisti seriali e scansafatiche. Licenziamento in 48 ore e punibilità per il dirigente che non procede. Ma c'è chi dice no: per la CGIL si apre la porta a comportamenti abusivi, mentre altri ricordano che disposizioni così severe non sono necessarie. In effetti esistono già regole per mandare a casa chi non lavora, la Legge Brunetta del 2008, ma sembra che il deterrente non sia abbastanza.

Come integrare, allora, questi "senatori" nella nuova dirompente (#disruptive) economia di frontiera? Ecco tre spunti per alimentare il dibattito sul tema.

1. Una nuova Pubblica Amministrazione motivata ed efficiente. La vecchia PA ha spesso "parcheggiato" impiegati pubblici e (con vergogna per tutto il sistema) insegnanti in posti di lavoro demotivanti e spesso improduttivi. Ha funzionato in altre parole come un cattivo ammortizzatore sociale, frustrando i lavoratori seriamente impegnati a dare al paese servizi ed istruzione all'avanguardia. La tendenza deve essere invertita. Un segnale c'è già ed è «La Buona Scuola», se sarà correttamente attuata, ma servirà di più. Per dare eccellenti servizi al paese il dipendente pubblico deve essere motivato da guadagni all'altezza del difficile compito che gli viene chiesto, dove sono i suoi risultati e le sue performance a fare la differenza. Sarà un lavoratore smart, uno smart worker, grazie alle nuove tecnologie, e in smart working sarà incentivato e retribuito come un vero professionista.

2. Pensionato non vuol dire inattivo. È vero che ci saranno più pensionati che studenti? Forse no, ma di certo abbiamo sempre più anziani e sempre meno giovani. Crediamo che il pensionato non sia un treno a fine corsa, ma una persona che, se vuole, può ancora mettere le sue energie a disposizione della comunità. Volontariato, associazioni e cooperative sono strade che offrono a neopensionati la possibilità di rimanere in pista e di conciliare il meritato riposo con l'invecchiamento attivo.

3. Staffetta generazionale? Quella vera si chiama mentoring. La staffetta generazionale è stata una pia illusione degli ultimi anni. La «illusione che i giovani possano trovare lavoro solo a scapito dei lavoratori più anziani» – parole di Michele Tiraboschi. È in sostanza uno schema che "espelle" il lavoratore senior dal mercato per far entrare un giovane. Ma le competenze tra giovani ed anziani sono complementari, non incompatibili. La Fondazione Adapt ha lanciato il progetto Mentee proprio forte di questa convinzione: quella che il vero passaggio generazionale non sia né un ponte né una staffetta, ma un volontario impegno da parte di chi è arrivato in alto a farsi maestro, ascoltare e trasmettere competenze verso chi si affaccia al mondo del lavoro. Perché non far sposare questa filosofia anche a dirigenti pubblici, quiescenti e non?

Mai più percore nere, insomma, ma eccellenze di cui il paese potrà andare orgoglioso.

Simone Caroli